LA
FIORENTINA
PRIMAVERILE
PRIMA ESPOSIZIONE NAZIO-
NALE DELL'OPERA E DEL
LAVORO D'ARTE NEL PA-
LAZZO DELLE ESPOSIZIONI
AL PARCO DI S. GALLO
CATALOGO
FIRENZE
1 922
.ài^^Z-
^^B
^
FROM THE COLLECTION
OF
JOSHUA C. TAYLOR
DIRECTOR
NATIONAL MUSEUM
OF AMERICAN ART
1970 - 1981
i
KKt^
i^St^O^B
m
5 ^r
^'^''SOCIETA' DELLE BELLE ARTI DI FIRENZE
LA
FIORENTINA PRIMAVERILE
PRIMA ESPOSIZIONE NAZIONALE
DELL' OPERA E DEL L;AVORO
D'ARTE NEL PALAZZO DEL
PARCO DI SAN GALLO A FIRENZE
CATALOGO
DELLE OPERE ESPOSTE CON
CENNI BIOGRAFICI E CRITICI E
112 RIPRODUZIONI IN FOTOTIPIA
0H i^^ti lìuà4^
' C; FEB <? 1963 i
FIRENZE
8 APRILE - 31 LUGLIO 1921
Per acquisti di opere rivolgersi alla Segreteria.
" // compratore dovrà pagare metà della somma convenuta
allatto dell'acquisto e l'altra metà alla chiusura della
mostra „ (Regolamento generale).
Vietate a norma di legge qualsiasi
riproduzione o contraffazione del
presente Catalogo.
Stampato a cura della Casa Editrice
d' Arte Valori Plastici - Roma.
PATRONI ONORARI
DELLA
" ESPOSIZIONE FIORENTINA PRIMAVERILE
PRINCIPE DON ANDREA CORSINI
BARONESSA GIULIANA RICASOLI
CONTE GIULIO CORSI SALVIATI GUICCIARDINI
R. W. SPRANGER
GERARDO KRAFT
MARIO MASETTI FEDI
CIRCOLO BORGHESI
CONSIGLIO DIRETTIVO
DELLA SOCIETÀ DELLE BELLE ARTI
Presidente
SEM BENELLI
V. Presidente
CONTE PIER CAPPONI
Segretario artistico
ARCH. RODOLFO SABATINI
Consiglieri
GENEROSO CATERINI, tesoriere
PASQUALE SGANDURRA, provveditore
CORRADO CAPEZZUOLI
GALILEO CHINI
ATTILIO FAGIOLI
ROBERTO PIO GATTESCHI
CONTE GIUSEPPE DELLA GHERARDESCA
LUIGI GIGLI
LUDOVICO TOMMASI
MARCHESE ROBERTO VENTURI GINORI.
COMMISSIONE CHE INVITÒ LE OPERE
SEM BENELLI
CONTE PIERO CAPPONI RODOLFO SABATINI
COMMISSIONE CHE SCELSE LE OPERE
DEGLI ARTISTI FIORENTINI I QUALI
FECERO RICHIESTA DI VISITA ALLO STUDIO
SEM BENELLI
ARTURO DAZZl NICOLAS DE CORSI
MEMBRI DELLA GIURIA DI ACCETTAZIONE
LIBERO ANDREOTTI ARTURO DAZZI
RAFFAELLO BRIZZI NICOLAS DE CORSI
EZIO CECCARELLI GIUSEPPE GRAZIOSI
ALFREDO MULLER RODOLFO SABATINI
LODOVICO TOMMASI SIRIO TOFANARI
COMMISSIONE D'ORDINAMENTO
GALILEO CHINI
ATTILIO FAGIOLI LODOVICO TOMMASI
IL SEGRETARIO DELL' ESPOSIZIONE
LUIGI BONELLI
VI
Manifesto di SEM BENELLI per il giorno dell'Inaugurazione
Italiani, Toscani, Fiorentini,
L'otto di aprile un nuovo Tempio deWArie, dell* Arte
che è nata e che vive con noi, per testimoniare di noi nel
futuro, un nuovo tempio, finito di costruire dopo la guerra,
per Vimpulso della mia tenacità, per l'amore dei volen-
terosi che si unirono a me e per aiuto magnifico del Co-
mune e della Camera del Commercio, sarà inaugurato
nel Parco di S. Gallo. E sia lode a chi lo iniziò.
Sarà grande impresa di fede, di lavoro, di armonia :
certo sarà il più bel segno, nelVarte italiana, dalla guerra
in poi.
E la sorte ha voluto che con alcuni miei cooperatori,
io potessi per primo raccorgliervi dentro quanto di più
espressivo può offrire, oggi, alla nozione ed al mondo, l'arte
italiana nella Pittura, nella Scultura, nell'Ornamento,
Se avrò ben fatto, non avrò aperta solamente una
Esposizione, opera di tutti i giorni, ma avrò indicata, da
questa Firenze, la più luminosa strada della nostra gloria,
del nostro lavoro e della nostra sorte, perché, da questa
Rassegna del Bello, da questa raccolta di opere concepite
e compiute da uomini eletti e maestri e da giovani an-
siosi, bramosi di nuove ricerche, anelanti allo scopo su-
premo, opere composte col più disinteressato amore, con
esemplare virtù quasi ignorata, con dedizione pienissima,
col sacrificio sacro alimentato soltanto dalla febbre della
creazione, verrà luce, ammonimento, insegnamento, nu-
trimento al lavoro di tutti.
Ed allora forse, non solamente nelle Arti Maggiori^
noi vedremo, in questa Firenze, Madre della Bellezza,
Creatrice della Grazia, risvegliarsi il Genio dormiente;
VII
ma anche nelle Arli Minori^ che ci fecero^ un tempo^ nel
laooro dei popoli, i primi del mondo, poi che la nostra
gente è nata per dare al mondo Armonia e Bellezza.
E se nessun governo scopri mai la vera missione del-
ritalia nel lavoro e, se si ordirono molti intrighi di ban-
che e di politicanti per costringere il popolo nostro a lavori
mastodontici, a mestieri che chiamerei di ghisa, togliendolo
ai campi, alle botteghe, agli studi, per poi abbandonarlo,
gregge scompaiato e desolato; voi mi avete sentito più volte
ripetere che V Italia ha due possenti inesauribili miniere
di quelle materie prime che taitl fallaci argomenti det-
tero agli ingannatori : e queste sono il genio dei nostri
maestri d'ogni arte e la mano e V intelligenza dei nostri
artefici ed artigiani.
Per questo, l'iniziare in Firenze una serie di rasse-
gne delle arti figurative parve a me un impresa di- mi-
rabile italianità e non esitai a sacrificarmi in un lavoro
nuovo, penoso, diverso, difficile, che tutta volle la mia
diligenza e la mia tenacità e V abbandono quasi intero
della mia poesia perchè io diventassi ancora una volta
animatore, costruttore, operaio del più grande tempio
della nostra grandezza.
Fo voti dunque che questa sia la prima serie di
Esposizioni ammonitrici e feconde, italiane sempre più,
e che altri ripeterà, continuerà, migliorerà. Sia questo
Vinizio della Rinascita.
E valga il nostro ardore ad alimentare la fiamma
novella che sarà luce al nostro Genio Risorto, e che illu-
minerà la gara degli uomini liberi, onesti, bramosi di
procedere, senza pastoie e senza catene^ nella via del bello
e del bene.
SEM BENELLI
Firenze, aprile 1922.
viu
IL PALAZZO
Firenze, capitale dell'Arte, mancava completamente di un locale
adatto per le Esposizioni Artistiche. Per iniziativa della Società delle
Belle Arti e di altri enti artistici ed economici, il Comune di Firenze
affidò, alcuni anni or sono, al Comm. Ing. Vittorio Tognetti e al-
l'Architetto Prof. Dante Fantappiè, lo studio del progetto per un
edificio destinato alle Mostre d'Arte, sullo schema tecnico elaborato
da un'apposita Commissione.
Fu la Giunta presieduta dal compianto Orazio Bacci che decise
'inizio dei lavori, stabilendo di eseguire, intanto, la sola parte di
edificio destinata esclusivamente alle Mostre d'Arte, mentre l'ala
laterale, ove gli autori avevano progettato un vasto salone da Con-
certi con gallerie annesse, poteva essere costrutta in miglior tempo.
Alla spesa il Comune fece fronte specialmente con un mutuo con-
cesso a interesse di favore dalla benemerita Cassa di Risparmio.
Sopraggiunta la guerra furono sospesi i lavori, e date le condi-
zioni finanziare della città, non si sarebbe più parlato di condurre
a termine l'opera se il nuovo Consiglio della Società delle Belle
Arti, presieduto da Sem Benelli, non avesse riconosciuto che il suo
primo dovere consisteva nel trovare i mezzi per finire il Palazzo.
Benelli e i suoi collaboratori si misero con grande impegno alla
risoluzione del difficile problema e trovarono nella presente Ammi-
strazìone Comunale, nel Sindaco Garbasso, e nell'Assessore anziano
Del Beccaro, il più vivo, appassionato ed efficace aiuto.
Ancora una volta la Camera di Commercio, presieduta dal Mar-
chese Giorgio Niccolini, dette il buon esempio e stanziò duecento-
mila lire per il nobilissimo scopo.
L'edificio, di carattere semplice e severo, ha l'asse in corrispon-
denza dell'Arco di trionfo granducale e dell' antica Porta di San
(lallo. Esso, oltre il vestibolo, contiene, nel piano superiore, due
grandi saloni centrali e sette sale laterali, oltre gli uffici e gli altri
locali di servizio; il piano inferiore, illuminato, secondo i sistemi
moderni, a luce artificiale, ha i vani corrispondenti. Sul portico e
sul vestibolo si eleva un ammezzato da adibirsi, anch'esso, ad uso
di uffici.
Il Parco è stato riassestato e abbellito d'aiuole a cura dell'Asses-
sessorato dei Giardini retto dal Conte Lionello De Nobili.
IX
INDICE
Patroni onorari Pag. v
Consiglio Direttivo della Società delle Belle Arti . . » v
Commissioni e Giuria > m
Manifesto di Sem Benelli per Y Inaugurazione. . . * vii-viii
Il Palazzo » IX
Elenco degli espositori per ordine alfabetico, con note
biografiche e critiche e con T indicazione delle opere
esposte . . . . ^ » 1-243
Appendice » 243
112 illustrazioni.
NOTA BENE: - Le opere di ciascun artista sono esposte in
gruppo con l'indicazione del nome dell'Autore.
In alcune sale è esposta la" lista delle opere che vi sono con-
tenute.
Al presente volume è unito un fascicolo contenente il Catalogo
della Mostra del Lavoro d' arte.
ELENCO DEGLI ESPOSITORI
PER ORDINE ALFABETICO,
CON NOTE BIOGRAFICHE E
CRITICHE E CON L' INDICAZIONE
DELLE OPERE ESPOSTE
Stab. Tipogr. Riccardo Garroni - Roma - Piazza Mign inelli, 23.
Fausto AGNELLI
E' nato da famiglia patrizia a Lugano nel Cantone Ti-
cino.
Egli è della giovane avanguardia di quel piccolo ma si-
gnificativo nucleo di artisti Ticinesi che oltre le Alpi, nei
Cantoni della Confederazione Elvetica, affermano la loro ita-
lianità.
Artista d'eccezione, di signorile sensibilità, l'opera sua
vivacemente discussa, s'impose alla più notevole critica
Svizzera e L' « Art Gazzette » di Londra gli dedicò un en-
tusiastico studio critico.
Espose alle Internazionali di Monaco e di Lipsia, alle
ultime Nazionali Svizzere e ripetutamente in mostre perso-
nali.
Le opere sue sono sparse n^lle principali città della
Confederazione, a Monaco, a Parigi ed a Londra.
In Italia S. E. il marchese Paolucci de' Calboli possiede
una collezione dì « fantasie macabre » e di « visioni e poe-
metti carnevaleschi », e Toepliz de Grand Ry « Lo specchio
Macabro ».
Esponendo alla presente Fiorentina Primaverile, Fausto
Agnelli inizia la sua partecipazione alle mostre Italiane.
1. Le Maschere.
Nello ALESSANDRINI
È nato a Empoli nel 1885 ; studiò all'Accademia di Belle
Arti di Firenze. Attualmente è professore di disegno alla
Scuola Tecnica di Empoli.
1. Germoglio (olio).
1
Giuseppe AMISANI
Giuseppe Amisani è nato a Mede Lomellina nell'anno
1881. Egli non vanta nessuna precocità. Venne a Milano
quattordicenne e si mise a frequentare l'Accademia con as-
siduità, senza ricevere troppi insegnamenti dai maestri, che
finirono poi per trascurarlo, e d'alti a parte senza far gran
conto di quel che gli venivano insegnando. Esordì giovanis-
simo, a 19 anni, con il quadro Cleopatra lussuriosa, che a
quei tempi costituì una ribellione alla pittura tradizionale
imperante. Il dipinto destò l'ira dei vecchi ed ebbe in com-
penso successo fra i giovani. L'artista attraversò, dopo una
lunga crisi, ritirandosi al suo paese e rimanendovi per cinque
anni in inspiegabile inerzia. Ritornò a Milano per presentare
al concorso Mylius dell'anno 1910 il suo 'Ottore, magnifico
dipinto, solido vibrante e ricchissimo di pittura, il quale
suscitò discussioni e biasimi, ma però anche l'ammirazione
di artisti di alto valore, fra i quali Emilio Gola. L'Amisani
incoraggiato riprese a lavorare di gran lena senza interrom-
persi più. Il successo gli venne presto col ritratto di Lyda
Borelli che conseguì il premio Fumagalli dell'anno 1912.
Dopo, attraverso numerosissima serie di ritratti^ egli acquistò
fama sicura, distinguendosi sovrattutto per la sua acuta in-
tuizione della femminilità moderna.
Egli è un pittore d'istinto: egli ha il dono. Questa sua
dote fondamentale di pittore immedìalo lo ha sempre tenuto
lontano da teorie e da deviazioni intellettualistiche. Egli è
rimasto quello che era : un artista che deve dipingere quello
che vede pur sapendo cogliere la realtà e tradurla pronta-
mente secondo la sua interna visione La sua pittura larga
succosa e -sgranata modella e definisce tutto a piani ed a
macchie: è di un realismo sciolto e immediato che s'innesta,
in fondo, con più solidità, sul vecchio tronco dell'impres-
sionismo lombardo che va da Cremona a Gola.
Accanto al ritrattista, più conosciuto, vi è poi l'Amisani
intimo che dipinge scene all'aperto, gruppi famigliari, studi
di paese, nature morte e segnatamente certi ultimi nudi
femminili, creati nei migliori momenti di libertà e d'emo-
zione, dove il suo dipingere, liberandosi da taluni difetti
giovanili, acquista ampiezza e fusione, e dove la sua sen-
sualità, che talvolta era, prima, perfino un pò morbosa e
traboccante, scorre più serena e più matura. E qui l'artista
non si tormenta e non si sforza; ma canta s'abbandona : e
la sua libertà sboccia e fiorisce con pienezza gioconda e
sensuale.
Dipinti a olio.
1. Ritratto di signora. 6. Nuda.
2. Figura muliebre. 7. Fiori.
3. Autoritratto. 8. Fiori,
^. Bimba al sole. 9. Sestri Levante.
5. Nuda al sole. 10. Rocca di Papa.
Libero ANDREOTTI
E' uno dei pochi artisti che in mezzo alla piatta volga-
rità e alla facile millanteria della scultura contemporanea
lasceranno una impronta di serena e nobile bellezza.
L'Andreotti, nato nel 1877 a Poscia da una famiglia di
artigiani campagnoli, appartiene a quella gente lucchese che
è fra le più agili e duttili, intellettualmente, della Toscana
ed ha la virtù sopra a tutte più propria al successo : la
tenacia.
E tenacia ne è occorsa molta all'Andreotti per conqui-
stare prima l'espressione definitiva della propria arte, eppoi
per imporre questa espressione al riconoscimento del no-
stro pubblico e di certa nostra. . . critica, assuefatti alle
forme della retorica più sbracata o del più pedestre rea-
lismo. Mi ricorderò sempre l'accoglienza ostile, e la stizza
con cui qualcuno accolse le prime opere che, di ritorno
3
da Parigi, l'artista esponeva a Firenze nel 1914 L'Andreotti
sorrideva, allora, non so se più amareggiato o divertito.
Perchè l'Andreotti ha sempre sorriso, per istìda e per
ironia, in faccia alle avversità degli uomini e a quelle della
sorte. Anche contro quest'ultime ha dovuto lottare non poco!
Nella sua prima giovinezza ha fatto il fabbro, il tornitore
meccanico, poi, obbedendo ad un bisogno istintivo di ele-
vazione intellettuale, si preparò per divenire maestro ele-
mentare^ ma « al momento dell'esame — scrive l'Ojetti che
all'Andreotti ha dedicato recentemente un incisivo « profilo »
su « Dedalo » — la paura aveva potuto più deirambizione ».
Comunque, una volontà oscura, indefinibile di evadere dalla
condizione umile nella quale il destino lo aveva fatto na-
scere, lo sospingeva, lo confortava a prendere il largo della
vita, le vie del mondo. . . .
« Se n'era venuto a Lucca — narra l'Ojetti — dove aveva
conosciuto Alfredo Caselli, il droghiere poeta e l'amico
fidato di Pascoli, e Vito Fiaschi di Sarzana, avvocato an-
ch'egli e poeta. Questi buoni lo avevano incoraggiato insie:ì;e
alle lettere e all'arte, e la conclusione era stata che, sapendo
ormai a mente tutte le Myrìcae e volendo almeno vivere
vicino alla carta stampata, Andreotti aveva accettato un
posto nella libreria Sandron nientemeno che a Palermo, ai
Quattro Canti, e vi era rimasto due anni disegnando nelle
ore libere le caricature del giornale « La Battaglia » di
Alessandro Tasca di Cutò e mandando di nascosto qualche
sonetto al Pascoli che gli restituiva il dono mandandogli
anch'egli i suoi versi manoscritti e inediti: tesori che il
giovane ramingo si custodiva sul cuore ».
Ma la Toscana col sorriso mite della sua arte e della
sua natura gli cennava da lontano di ritornare a lei. E
nel 1899 viene a Firenze. Qui conosce Adolfo De Carolis,
Enrico Sacchetti, Sem Benelli, Oscar Chiglia, Galileo Chini
tutti, allora, valorosi e giocondi combattenti in prima linea
contro la miseria, per l'arte. E, fra il bozzetto per la co-
perlina, la illustrazione o il manifesto, fra l'amore per Do-
natello e la bocciatura all'esame della Scuola libera del
Nudo, all'Accademia, Andreotti s' incammina definitivamente
pel suo necessario sentiero: quello dell'arte — della scul-
tura. Periodo atroce di lotte, cotesto, ma che pure valse ad
affinare e temprare lo spirito dell'artista.
Nel 1905 espone a Venezia. Le sue cose piacciono ad
Alberto Grubicy, il negoziante d'arte milanese, che le porta
e le espone a Parigi. E a Parigi va allora anche l'Andreotti,
Nell'accogliente porto di tutta la intelligenza del mondo,
il talento dell'Andreotti viene riconosciuto e, come si dice,
valorizzato, e colà esso dà i primi frutti della sua maturità.
Sarà provvidenziale, tuttavia, che una diecina d'anni
dopo, alla vigilia della nostra guerra, l'Andreotti ritorni in
Italia e a Firenze; perchè qui — dov'egli ormai ha preso
stabile dimora — la sua arte ritroverà il proprio ambiente
naturale e l'atmosfera più confacevole al suo sviluppo de-
finitivo.
L'arte dell'Andreotti è come quei figlioli d'emigrati che
cresciuti all'estero, pur fra le influenze delle abitudini e
delle apparenze esotiche, serbano spiriti e istinli italiani,
e non perdono mai d'occhio il bel campanile del proprio
paese.
In^^Francia — dove fino ad ieri (èra cosmopolita) si ela-
borarono le forme, se non l'anima dell'arte moderna di
tutto il mondo — dopo la disgregazione impressionista che,
recidendo ogni nesso storico, aveva confinato l'arte nel re-
gime della pura sensibilità e della scussa veduta oculare —
la scultura in due riprese si' cimentò a riconquistare i suoi
originali caratteri plastici-decorativi. In un primo tem}>o,
attraverso Rodin. Ma Rodin, massime nel suo ultimo pe-
riodo, influenzato da Medardo Rosso, è ancora un impres-
sionista, modellatore più di larve fantastiche campeggiar. ti
nello sfondo di liriche amplificazioni Vittorughiane, che di
visioni essenzialmente plastiche.
Il secondo e più vigoroso impulso per ritornare alla
propria fisonomia decorativa, la scultura lo riceverà dal-
l'arte di Cézanne, che prima riaffaccia l'accezione della figura
umana come pura armonia volumetrica, ossia essenzial-
mente plastica. (Processo del tutto opposto a quello che si
verificò nel '500 in cui la plastica Mich langiolesca creò ]e
forme della nuova pittura). Questa derivazione dalla pittura
è evidente in tutta la scultura dei nostri ultimi tempi, i cui
piani larghi ma scabrosi, verr-ioosi, off"rono al giuoco delle
luci le più ricche possibilità del « colore ».
L'arte dell' Andreotti in cotesta rigenerazione della scul-
tura addusse il tesoro di un dono tutto italiano ed oggi suo in
special modo : il senso della musicalità e della grazia, della
« felicità » estetica, della bellezza integrale — la quale non
è soltanto espressione, come predicava il barbaro anar-
chismo « naturalista * — : l'armonia, insomma,
Non invano lo scultore aveva accarezzato con sguardo
ammirato e devoto a Palermo i capolavori dell'arte ellenica
(li aveva anche disegnati) e, in Toscana. Donatello e Iacopo
della Quercia, Benedetto da Majano e Rossellino. Tornando
in Italia — a Firenze ! — misurò tutta la inanità di certo
individualismo estetico di marca francese e comprese che
anche in arte non si può essere qualcosa di veramente si-
gnificativo e duraturo che a costo di riallacciarsi ~ spiri-
tualmente — alla storia del proprio paese.
Il senso architettonico e l'armonia della composizione,
lo stile inteso come sintesi emotiva, le risorse di una mo-
dellazione ampia e solida accoppiata a quelli effetti colo-
ristici cui accennavo, la nobiltà e insieme la semplicità e
vivacità talvolta arguta dei soggetti, fanno dell'arte del-
l'Andreotti un'espressione viva e moderna, In quanto a spi-
rito; ma che tuttavia, nella prospettiva storica della nostra
arte, troverà un suo posto ben determinato e notevolissimo
Mario Tinti.
Bronzi a cera perduta.
1. Baccante. 5. La Donna sul sacco.
2. // Pettine spagnuolo. 6. La Donna che saluta.
3. La Donna dal ventaglio. 7. La madre.
4. Popolana che si stira. 8, Nudo.
Hanni C. ANGIOLINI
Hanni Calé-Angiolini ha studiato a Monaco di Baviera
col pittore Antan Aszbé. La Calé-Angiolini non è da confon-
dere con le tante « signore o signorine che dipingono » : ha
dell'artista la serietà, la costanza del lavoro e la passione
della ricerca. Predilige il ritratto e la natura - morta, ponen-
do anche in questo genere, tanto abusato e diffamato dal
dilettantismo, una severità dì gusto connessa alla soluzione
d' interessanti problemi pittorici.
Nella sua arte si propone, in special modo di realizzare
l'emozione coloristica congiuntamente alla evidenza e sal-
dezza dei volumi e ciò attraverso ad un impressionismo più
statico e più corposo.
Se per il passato la ricerca troppo intellettiva e i pre-
concetti teorici l'avevano indotta a suddividere e scomporre
i toni come nelle sfaccettature di un prisma - ciò che nuo-
ceva alla chiarezza e all'unità dell'assieme - nelle sue ultime
cose il colore - colore spontaneo nel suo acceso lirismo -
appare più omogeneo, maggiormente fuso, meglio aderente
all'evidenza plastica dei corpi. Cimento di volontà non
meno che d'intelligenza. Mario Tinti.
1. Ritratto del Dott. H. 2. Zinnie {natura morta),
3. Natura morta.
Giuseppe APREA
Giuseppe Aprea, nato a Napoli il 22 gennaio 1876, è uno
dei più valorosi insegnanti dell'Istituto di Belle Arti parte-
nopeo, del quale fu allievo ai tempi del Palazzi e del Morelli.
Appena venliseenne, nel 1902, vinse il concorso del Pen-
sionato artistico nazionale, collocandosi fra i migliori artisti
di allora.
Con aite dislii ta e serena, sfoggiando una calda tavo-
lo zza. tratta figura e paesaggio. Gode m( ritata fama di ca-
pace decoratore. Federico Petriccione.
1. Luce.
Lina ARPESANI
E' nata a alitano, dove studiò all'Accademia di Brera.
Ha partecipato per quattro volte alla mostra nazionale di Brera
e all'ultima Internazionale di Venezia; è stata « invitata » alle
ultime Biennali di Roma e di Napoli. Alla Esposizione di
Torino guadagnò una medaglia d'argento e alle esposizioni
di Bergamo e di Padova la medaglia d'oro. E' socia onora-
ria alla R. Accademia di Brera.
Marmo.
1. Nostalgica 2. Crisalide
Antonio Mario ASPETTATI
E' nato a Firenze nel 1882. Ha frequentato l'Accademia
di B. A. di Firenze. Cominciò ad esporre a diciotto anni e
da allora fino ad oggi ha partecipato a varie mostre locali
e di fuori. Fu premiato alla «Mostra del Soldato» a Firenze
e venne invitato alla ultima «Biennale» di Roma. Si è spe-
cializzato in «interni» di chiese.
/. Interno della chiesa di Santa Triiìilà folio).
Libero AUGENTI
E' nato a Taranto nel 1901. Studiò all'Accademia di B.
A. di Roma e alla Scuola Superiore d'arte industriale a Ve-
nezia col Bressanin.
Quindici Disegni.
8
Baccio Mapja BACCI
E' nato a Firenze nel 1888 da Adolfo Bacci, un pittore
il quale in quelle poche opere che ha lasciato mostrava un
genuino istinto pittorico. AI Bacci la pittura, come tutto ciò
che si ama ardentemente, ha dato accanto alle gioie anche
assai pene. A 16 anni, nel 1904, siccome in famiglia contra-
stavano la sua vocazione, per potere studiare e dipingere
liberamente scappò in Germania. E li visse per un anno,
vendendo i bozzetti che faceva, finché nel 1905, avendogli
i suoi accordato il nulla osta, a condizione che s'iscrivesse
ai corsi regolari dell'Accademia, fece ritorno a Firenze. È
da credere clie alcuni dei chiarissimi professori che inse-
gnavano a quel tempo nella veneranda Accademia fiorentina
si sieno ricordati per un pezzo e si ricordino tuttora del
Bacci, come del più balzano e del.... meno tranquillo dei
loro scolari. Trascorsi i tre anni di tirocinio, si era alla vi-
gilia degli esìmi di licenza — sarà mancata forse una set-
timana — quando il Bacci scappò « disperato » — come dice
lui — dinnanzi alla idea di ricevere il sacro crisma acca-
demico.
La prima mostra personale la fece nel 1910 — a 22 anni —
nel Palazzo Gondi qui a Firenze. L'anno dopo espose alia
Regionale Toscana un ritratto e un « Pomeriggio sull'Agro »
— quadro che si trova nella collezione del Gecconi (Thomas
Neal).
La sua pittura era allora ispirata ai modi di un impres-
sionismo un po' impacciato, se si vuole, ma schietto, suc-
coso, robusto, con un fare e un accento schiettamente pae-
sano, dettato ad ogni modo, da una visione più acuta e
più commossa che non quella, dosata a once o sfarfallata
alla brava, di certi epigoni del Macchiaiolismo.
Nel 1912 (il Bacci era allora un giovanotto pieno d' im-
pazienza e di una quasi spavalda voglia di cimentarsi) fé e
un'altra mostra personale ed espose nello stesso anno alla
Promotrice alcuni quadri, fra i quali « Un temporale sulle
Alpi Apuane » che fu premiato e si trova anch'esso nella
collezione Gecconi.
Chi veda oggi quelle tele, pur osservandone le molte
mende, vi sente come il pullular latente e urgivo di una
volontà e di un calore che stanno a disagio in forme troppo
anguste e precarie; le quali, purtuttavia, per altri avrebbero
costituito un notevole resultato, forse il punto di arrivo.
x\nche il Bacci nel 1912 fece il suo bravo viaggio a Pa-
rigi. Ma siccome egli è temperamento ben saldo, né l'aria
del « Lussemburgo » né quella di Montmartre gli fecero per-
dere la tramontana. Soltanto, la sua tavolozza divenne più
nervosa, più duttile e insieme più consapevole. E se pur
lui ebbe, più tardi, il suo quarto d'ora futurista, il futurismo
non fu per il Bacci un punto d'ai rivo, né una forma d'arte,
ma un modo di ricognizione di alcune plaghe estetiche per-
dute di vista, un'esperienza, i cui resultati non si sognò
mai di portare fuor dallo studio.
Difatti, nel 1919, dopo la guerra (durante quei quattro
anni, se gli eran seccati ben bene i tubetti dentro la cas-
setta dei colori, il suo spirito aveva seguitato a lavorare)
il Bacci, tornato a Fiesole e al suo lavoro, pensò che men-
tre fino ad allora aveva fatto della pittura (pittura, sia
pure, convinta e commossa) era venuto il momento di far
dell'arte: — dell'arte in un senso totale e complesso, quale
era reclinato dall'indole sua d'italiano e dalla propria con-
sapevolezza, matura ormai, ne' riguardi della storia artistica
e spirituale del suo paese.
Uno scrittore d'arte che non importa nominare, fin dal
1917 aveva scritto : « Si, si abbiamo capito : sensibilità (oh,
se abbiamo capito !). Ma il mondo, cari signori, è più vasto
di quanto non possa capire nelle vostre rètine, nelle vostre
narici, nelle vostre papille. La natura-morta é l'unità tipica
della pittura moderna. E la natura morta è l'esclusione com-
pleta dell'umanità nella pittura — dell'umanità come storia
10
e come romanzo. Oggi il paesaggio, il ritratto tendono an-
ch'essi a divenire natura-raorta ».
E tre anni dopo, nel 1920 : « Un altro elemento deve riaf-
fermarsi nell'arte: la volontà; ossia il predominio deciso
dell'intelletto sulla sensività. Fu cotesto il principio anima-
tore dell'arte nelle epoche più mature di esperienza storica
e di pensiero. La volontà riconduce nel quadro la compo-
sizione -- direi quasi la sintassi grafica e plastica — la co-
srruzione decorativa e architettonica, lo stile, insomma, nella
sua forma più cosciente e più imperativa ».
Anche il Bacci — per conto proprio — aveva meditato
su cotesto problema dell'arte e aveva provato coteste aspi-
razioni. In seguito (ognuno era più o meno stufo dell'anar-
chia impressionista) altri si misero su cotesta via. Son nati
più tardi le fisime e i qui pro-qiio intorno al nuovo auspi-
cato classicismo.
Bacci è un toscano, anzi, un fiorentino e per quanto la
storia della propria arte la conoscesse a menadito non fu
proprio di li che attinse, a furia di spolveri e di ricalchi,
il suo classicismo. Per lui il classicismo era unSi forma mentis,
una maturità spirituale, qualcosa che aveva bevuto alle sor-
genti natie, e gli era entrato nell'anima per gli occhi a veder
Luca, Masaccio, Donato — gente che, fra parentesi, a voler
esser classici non ci aveva mai pensato •
Ed egli, il Bacci, non voile fare del classicismo, volle
fare dell'arte; dell'arte umana e al tempo stesso euforica,
armoniosa e possibilmente monumentale; il cui motivo, vale
a dire, non s'abbia a immaginare tagliato nel gesto a squadra
da marionetta.... sensibile^ delle due mani — come si usa dai
« Kodacchisti » della pittura, ma incorniciato fra le colonne
e gii archi di una nuova gloria e di una nuova grandezza
che gl'Italiani migliori oggi augurano ardentemente per il
domani della Patria. (Da non confondersi, per carità, con la
retorica patriottarda che tappezza le due Camere ed altre
consimili aule magne).
11
Nel crogiuolo del suo recente travaglio artistico, il Bacci
ha gettato anche le proprie esperienze e ricerche recenti e
remote (ed altresì i suoi disinganni e le sue resipiscenze)
e ne è uscito una specie di purificato naturalismo; ossia il
naturai modo di vedere e di fare nell'arte, non già di un
parigino villeggiante appena nella banlieue, o di un bar-
baro cosmopolita onnivoro, ma di un italiano consapevole,
che sa trascegliere il proprio cibo spirituale, cojnniosso,
s])ontaneo, individuale, ma benanche ossequiente alia disci-
plina di una grande tradizione. Della tradizione non accat-
tata per via di elucubrazioni culturali, ma sùbita come
legge del proprio sangue e del proprio cielo.
Ho la coscienza di non esagerare dicendo che con le più
definitive delle opere esposte nella <' Primaverile», il Bacci
segna il principio di un ristauramento dell'arte italiana, in-
tesa come l'espressione di una civiltà e di una razza in cui
le facoltà emotive si equilibrarono sempre con quelle razio-
nali e il motto della cui legge e della cui gloria fu in ogni
tempo : « Costruire ». ^j^^^^^ Tinti.
1. Il taglio dei boschi a Viri-
cigliata (1919).
2. La piena dell' Arno a
Compiobbi (1920).
3. Pioggia di primavera su
Monte Ceceri (1920).
4. La Valle del Mensola da
Monte Ceceri f 1920).
5. La casa del Mulino nella
ValU^ del Mensola (1921)
(appar. alla collezione
del doti. Slaehelin).
6. I Carciofi (studio di stile»
{1921).
8
9.
10.
IL
12
jS.
1/f.
lo.
7. // vaso bianco (studio
distile) (1921).
Le pesche nel foglio
(studio di stile) (^20).
Le pesche (studio di
stile; (1920).
Il temporale (1921).
La madre [1921) [ap-
par. alla Collezione
Vallecchi).
Il traghetto (1921).
I vagabondi (1921).
La sosta (1921).
Sull'argine (J921).
12
Arturo BACIO-TERRACINA
Arturo Bacio - Terracina — nato in Napoli il 5 settembre
1882 — ha intenti modernissimi. Alle sue belle doti egli
accoppia i due difetti che son propri dei temperamenti in-
tellettivi e sensibili : la timidezza e l'eccessiva modestia.
Difetti che, ne siamo sicuri, egli riuscirà a debellare, allor-
ché Ì3 sua maturità artistica sarà divenuta più piena e de-
finitiva.
Tratta, con spiccata predilezione per le tinte piatte, il pae-
saggio, interpretandolo con spirito graziosamente decorativo,
per toni sintetici, senza tuttavia, sottrarsi alla necessità del
chiaro -scuro.
Insieme al Viti e al Curcio — fa parte del battagliero
gruppo giovanile partenopeo. Federigo Petriccione.
Dipinti a olio.
1. Mattino azurro. 2. Raggi sul castello.
Guglielmo BALDASSINI
Nato a Genova il 1885. Ha studiato dai 17 anni ai 20,
all'Accademia di Brera. Sospesi gli studi per il modo di sen-
tire indipendente, studiò per conto suo dedicandosi al pae-
saggio, ed in ispecial modo alla marina. Espose a varie
mostre, fra le quali nel 1913 alla Esposizione per il qua-
rantennio della Famiglia Artistica di Milano, dove un suo
quadro venne acquistato da S. M. il Ee. Nel '14 cominciò
ad applicarsi con amore all'acqueforte e nella Mostra del-
l'incisione italiana del '915 espose con successo le sue prime
acqueforti. Più tardi, nel '916, a Londra e a Tohio (Giappone),
dove le sue acqueforti furono acquistate per il Museo Im-
periale. ., j ^iii ^^ *;'
Durante il suo servizio militare 1916-1919 fu nominato
socio onorario dell'Accademia di B. A. di Brera. In questi
ultimi mesi ha ripreso a dedicarsi all'acquaforte, per la quale
13
nutre una grande passione. Espose a Napoli nel 1920 e re-
centemente alla Nazionale di Brera.
1. La chiesetta di San Biagio "2. La vita nel porto di Ge-
mi Friuli (Acquaforte). nova ( Vernice molle).
Vittorio Renzo BALDI
E' nato a Firenze nel 1S81. Studiò con Cesare Zocchi.
Ha esposto in varie Mostre.
1. Ritratto del dottor Enrico Grimelli {bronzo).
Armando BARABINO
E' genovese, nato nel 1883, cugino del celebre pittore
Nicolò Barabino. I suoi primi passi li fece copiando e pa-
rafrasanlo i quadri del cugino. Poi si mise all'Accademia
di Belle Arti di Genova, dove ebbe a maestro Tullio "Quinzio
Fu attratto in seguito dalla scultura, che studiò sotto la di-
rezione dell'artista Scanzi.
Ha esposto in molte mostre nazionali.
^, 2. Xatura morta.
Augusto BARACCHI
È di Modena, dove nacque nel 1878 e studiò, all'Istituto
di Belle Arti, sotto la direzione del pittore Umberto Ruini.
Ha esposto in molte mostre italiane e straniere. Varie gal-
lerie posseggono le sue acqueforti, fra le altre quella di
Tokio, la Galleria d'Arte Moderna e quella Comunale di Roma.
Cinque acqueforti.
Amerigo BARTOLI {Gruppo « Valori Plastici »).
Allievo d'^U'Istituto di Belle Arti a Roma prima e del Sar-
torio poi, dotato naturalmente di una vena facile alle im-
14
provvisazioni eleganti e rapide, Amerigo Bartoli poteva
sembrare l'artista meno indifeso di fronte al pericolo delle
abitudini e della manualità. Invece egli ha saputo mortifi-
care e vincere se stesso rinnegando ie virtù secondarie ed
acquisite della sua educazione per darci la prova della for-
za e degli effetti che può produrre uno spirito sano ed
incorrotto.
Ora la pittura del Bartoli è la confessione di uno stato di po-
vertà e di debolezza necessariamente accettato: ma chi sappia
vedere può scorgere in esso i segni di una segreta e calda bel-
lezza che darà sicuri frutti di ^è. Nel Bartoli c'è l'aspira-
zione e il sentimento di fare che la pittura si lasci sostan-
ziare non da voglie cieche e manuali ma da un filo di amore
e di aflTetto toccato talvolta di ironia. Purtroppo Bartoli è
assai inferiore a se stesso come tutti coloro che valgono
molto : e la sua pittura potrebbe far cadere in inganno chi
sa vedere coi soli occhi. Ma in mezzo allo stento delle sue
ricerche^ talvolta persino restie dinanzi alle difficoltà mag-
giori, un germe sano feconda una sostanza vivida che illu-
mina e convince intimamente.
Amerigo Bartoli può essere contato fra il numero dei
giovani artisti italiani insofferenti di restituire alla pittura
la sua vera funzione, avvilita da miseri istinti e da usuali
miraggi.
M. B.
1. Paese 2, Paese
3. Paese
Augusto BASTIANINI
Studiò all'Accademia fiorentina di Belle Arti e cominciò
ad affermarsi col quadro storico, vincendo un concorso.
Espose in seguito a diverse mostre, sempre apprezzatissimo
chiedendo al vero il segreto della luce.
Modesto, operoso, i suoi quadri si distinguono per la
15
luminosità e la candidezza del colore. E' insegnante di fi-
gura allAccademia di Belle Arti.
Dipinti a olio
1. Sulla spiaggia ?. Bovi
3. Alpi apuane.
Leonardo BAZZARO
Leonardo Bazzaro nacque in Milano da famiglia varesina
nel 1853. Studiò all'Accademia di Brera sotto il Bertini, che
allora i giovani preferivano airHayez, artista più severa-
mente conservatore.
Ma neppure il Bertini comprese la vera inclinazione del
Bazzaro verso la pittura "di paesaggio e lo induceva a di-
pingere degli interni. 11 Duello, soggetto romantico ispirato
un po' a Delacroix, gli valse nel 1878 il premio Fumagalli e
con altri quadri dello stesso genere — La Vestizione, La
sala del Consiglio nel Castello d'Issogne, Il Saccheggio, Il Coro
di San Vittore — procurò al giovanissimo pittore una di-
screta rinomanza. A venti anni il famoso negoziante pari-
gino Goupil lo impegnava a dipingere, per lui. La combi-
nazione era ottima dal lato finanziario: ma un bel giorno
il Bazzaro fu sazio di dipingere « interni»; V « aria aperta »,
che costituiva allora l'aspirazione di tutti i più audaci no-
vatori, lo tentava come una bella d^.nna. Ma Goupil non era
del medesimo avviso: gì' « interni» erano allora di moda
e il mercante vedeva l'arte soprattutto sotto cotesto aspetto.
Fra la fortuna e l'arte il giovane Bazzaro optò senza in-
dugio per 1' arie.
E allora si operò anche nella sua tecnica, nella sua vi-
sione, nella sua tavolozza un profondo mutamento: il soffio
rinnovatore dell'impressionismo francese animò tutte quelle
aspirazioni, quelle preoccupazioni e quello spirito di ri-
cerca che fecero di lui, press'a poco, quel pittore colorista
robusto, immediato, caldamente lirico che noi conosciamo.
16
Ma Bazzaro non imitò i francesi; si rinnovò senza rinnegare
la legge fondamentale del suo temperamento e quindi della
tradizione — la tradizione lombarda — che, sia pure in-
consapevolmente, trova in alcuni aspetti della sua pittura
una logica evoluzione.
Nel paesaggio il Bazzaro trovò lo schema più conface-
vole alla generosità e allo sgorgante empito lirico della
sua tavolozza,
Nel 1878 l'artista fece un viaggio a Venezia. Questo av-
venimento, in apparenza assai comune, doveva segnare una
nuova stagione della sua arte — una stagione fecondis-
sima di frutti belli, succolenti, saporiti. L'incanto che eser-
citò su lui la Laguna e la profusione varia del colore nel
golfo veneziano — che va dai toni accesi e giocosi ai più
tenui e illanguiditi, come pervasi di tenerezza, e di malin-
conia, — decise il Bazzaro, e con lui Mosè Bianchi, a stabi-
lirsi a Chioggia per dipingere.
Il periodo chiozzotto del Bazzaro è uno dei più mtensi
e felici per la sua arte. Se le innumerevoli tele che egli di-
pinse a quel tempo, e che sono oggi disseminate in tutto il
m^ondo, si potessero riunire, esse costituirebbero un vero e
proprio poema coloristico celebrante gli aspetti più carat-
teristici e più affascinanti di quel mare, di quella terra' e
dei suoi abitanti.
Anche la montagna ha di poi ispirato a più riprese l'ar-
tista, la montagna intesa, soprattutto, come l'ossatura pos-
sente di un organismo crom.atico ricco vario intenso, nel-
l'atmosfera pura e [sotto la luce tagliente. Le verdissime
vallate Valdostane, i boschi ricchi come velli vegetali del
Motlarone, il Lago Maggiore dagli aspetti ora languidamente
sorridenti ed ora corruschi fu/ono i luoghi che^ più ispira-
rono la sua arte ricca e molteplice.
Leonardo Bazzaro è uno dei pochi maestri del colore
che — pur nella propria spiccata originalità ed avendo sen-
tito l'importanza delle correnti rìnnovatrici del suo tempo
17
— meglio si riconnettono alla tradizione sei-settecentesca
della sensuale e salutosa pittura italiana, in quella acce-
zione di forma — colore, di cui i capilavori dei Veneziani
del Cinque e Seicento furono i capisaldi fondamentali. Egli
trova un riscontro nel nostro tempo in altro pittore esube-
rante, fruttuoso, dalla pennellata generosa e potente, insof-
ferente anch'egli d'indugi grafici e di compulsazioni intel-
lettuali: Antonio Mancini. Ma dal pittore romano-napoletano,
il Bazzaro si diversifica spiccatamente per gli stessi carat-
teri etnografici-regionali che sono alla radice dell'arte dei
due artisti, la cui fisiologia e psicologia pittorica — per cosi
dire — è così saldamente connessa all'anima e agli aspetti
del loro ambiente natio. Più ardentemente sensuale e ma-
terialistico il coloris no del romano; più coin penetrato,
quello del milanesev dall'ombra tenuissima e diffusa, che
è come un riflesso, rasserenato nella gioia del sole, della
mestizia romantica del Riccio e del Ranzoni — antenati spi-
rituali del Bazzaro.
M. T.
Dipinti a olio
i. Mercato di C Moggia 4^. Al bagno
2. Pescheria di Chioggia .5. Rattoppando le vele
2. Mercato della Pescheria 6. Nidiata
7. I gemelli.
Umberto BENEDETTI
E* nato a Firenze nel 1895. Studiò senza maestri. E' uno
dei giovani pittori fiorentini che si cimentano nella ricerca
di armonie nuove. Si fece conoscere l'anno scorso con una
mostra personale, che mise in luce le sue buone qualità
— una delicata sensibilità di colorista unita ad un gusto
decorativo non comune.
1. * Rificolone » - folioj.
18
Teresa BERRING
E' nata a Santiago del Cile il 5 settembre 1895. Ha
esposto già alla Promotrìce di Firenze, dove è stata pre-
miata con medaglia d'argento; all'esposizione di Forte de'
Marmi, dove una sua opera è stata acquistata dal Re; alla
prima Biennale romana, dove un'altra sua opera, finissima,
è stata scelta dal municipio di Roma; al Salon di Parigi.
Quanti titoli d' onore per una donna cosi giovane !
Eppure, non e' è che dire: Teresa Berring è un'autentica
artista, — artista per la fede con cui studia, per la sicura
vocazione, per la serietà con cui lavora, perle qualità tecni-
che già acquisite, per la cultura estetica che ne' numerosi
viaggi si è potuta formare.
Due anni sono, entrata nello studio di Arturo Dazzi,
Ella si è messa a scolpire con [un impegno si caldo ed
esclusivo, con una così ferma intenzione di farci dimenti-
care e la fortunata condizione sociale e.l'età e tutti i privilegi
che la maschile cavalleria accorda al suo sesso, da riuscire
esempio rarissimo e commovente a quante donne dell'arte
abbiano un concetto non mondano e non dilettantesco.
La statua che oggi la Berring espone a Firenze, per ac-
corta sapienza di modellazione, per la sicurezza con cui è
reso l'estivo senso di abbandono della nuda dormiente, per
la sensibilità sana e misurata di alcune parti, giustifica, del
resto, sufficientemente il nostro consenso, la nostra serena
e fidente aspettazione di altre più forti e più piene realiz-
zazioni estetiche a venire. Carlo Tridenti.
J. Meriggio (statua in marmo).
Alberto BERNINI
E' fiorentino; nato nel 1892. Studiò con Domenico Trèn-
tacoste.
1. Ritratto (bronzo),
19
Flavio BERTELLI
È fìgiio di Giovanni Bertelli, il grande paesista a cui
soltanto la morte ha reso giustizia. Anch'egli si è dedicato
quasi esclusivamente al paesaggio, dove ha raggiunto una
altezza solamente contrastata dalla sua increUbile modestia.
Nato nel 1865, studiò nella'Accademia di Belle Arti di Bologna.
Ha esposto più volte ;i Torino, a Mila. io, a Bolo<^na, a Iloma,
a Trieste.. In gioventù seguì il divisionismo, dipinse gr.nndi
quadri con una tecnica minuta e onesta da sbalordire; poi,
dopo una crisi spirituale che lo arrestò per qualche anno,
è passato recentemente ad una tecnica libera, ampia. ge:ie-
rosa, priva di preconcetti, che mira a tradurre sulla tela le
belle cose naturali con il minimo mezzo. E' un sentimentale
e un'ingenuo; cosi i suoi paesaggi sono ricchi di emozione,
e sfoggiano un loro colore che cerca di interpretare con «sin-
cerità la poesia delle cose. «Prediligo il paese, perchè la
mia mente spazia nell'infinito; rimango balordito davanti
al mare, e guardo sbalordito le stelle : che ci sarà al di là? ».
Giuseppe Ltpparixt.
Dipinti a olio.
1. Primavera. 2. In Carpegna.
3. FioreVino dei campi.
Renato BERTELLI
E' nato a Lastra a Signa nel 1900: allievo di Domenico
Trentacoste.
1. Piccola danzatrice (Gesso).
Ada bertoldi
E' di Costabissara (Vicenza).
1. Autunno lungo il canale.
20
Alfredo BIAGINI
E' nato a Roma nel 1886. Autodidatta. Per molti anni
coltivò, soprattutto all'estero, lo studio degli animali e quello
della scultura architettonica decorativa. E' uno studioso'e
cultore versatile di arte decorativa.
Le sue maioliche policromate sono quanto di meglio si
produce nel genere in Italia: belle come resultato tecnico
e come effetto decorativo. Ha esposto in tutte le migliori
mostre nazionali e straniere ed ha ottenuto vari premi.
4 Bronzi : Danzatrice, Pan- Diana (Bassorilievo in
fera, Leone, Cervo. gesso).
7 Targhette in cesello. 2 Maschere in gesso.
6. Disegni 1 Motivo decorativo in
gesso.
Gaetano BOCCIIETTI
Gaetano Bocchetti, nato in Napoli il 9 agosto 1888, è un
fresco e vivace colorista, che ritrae con fervore egualmente
appassionato la figura umana e il paesaggio, in una calda
vigorìa di accordi cromatici.
Concepisce con sicura visione e con ardore le grand
composizioni pittoriche, nelle quali si affatica ad esprimere
la vita tumultuosa e vibrante della folla; ed è ritrattista di
bella forza, oltre che efficace riproduttore di interni. Ha
esposto, — trascelto ed apprezzato dalle più severe giurie
— nelle principali mostre italiane : la quadrenniale di Torino
le biennali di Venezia, Roma e Napoli.
Federico Petriccione.
1. Piedigrotta. 3. L'uomo alla cerca.
2. Il mietitore. k. Ora calda.
21
Amedeo BOCCHI
Amedeo Bocchi può dirsi per eccellenza il pittore della
Palude Pontina, nonostante sia nato a Parma e viva gran
parte dell' anno in Roma.
Anche qui, all' infuori d' un parco, e di due ritratti fem-
minili che ci conducono dalle note delicate della perla ai
toni scuri del piombo, egli non espone che quadri dipinti
fra Terracina e il Circeo.
Le tele pontine del Bocchi suggeriscono ed esprimono
di preferenza una garbata intimità domenicale. Non che egli
sia rimasto estraneo alla profonda tristezza di codesta gente
arsa dalla febbre e ormai vuota di speranza; piuttosto si
direbbe che voglia vaticinare, da artista, la loro resurre-
zione.
Non hanno anch'essi diritto alla gioia? La maternità
inebbria le sue donne, che paiono — specie nel ricco co-
stume terellano — regine dei campi. Guardate la famiglia
dei pescatori riunita attorno alla tavola, all'aperto. Mangiano:
il sole vibra, arde, si frange sopra di essi, vivace e pio come
una benedizione; ànima i bianchi cangianti della tovaglia e
delle vesti, tra i diversi riflessi : azzurri maiolicati del cielo,
verdi dolci del prato, caldi dorati della sabbia; s'irradia
poi nel mistico sfondo luminoso.
Nelle ore mattutine .vanno « G// abbandonati» su per
l'erta sparsa d' ulivi cinerei, mentre il Tirreno in basso canta
i due ritornelli mutevoli ed eterni del turchese e dell'oltre-
marino.
Col sole radente, una capanna di stipa e un cavallo bianco
si riflettono nel canale che è tutto di viola diffuso, tra gli
eucalipti solenni, i grami procoi e i sambuchi in fiore.
A notte alcuni stanchi pellegrini, reduci dalla festa an-
nuale della Madonna, si stendono sulla gradinata della Cat-
tedrale di Terracina, e paiono, ai piedi dell' antico tempio
romano, antiche scolture palpitanti.
22
I canali, le capanne, i bufali^ i sughereti, l'impalpabile
altare del Circeo nella lontananza, fanno da scenario alle
sue figure, viste quasi sempre da presso, in forti pose e
arditi scorci, come alla ribalta d' un teatro fantastico, dia-
lettale.
I costumi multicolori, le lunghe boccole complicate, le
fiezze di corallo, i corpetti neri, i fazzolettoni bianchi delle
donne, splendono intorno ai visi cerei, agli occhi profondi
in cui la febbre attizza voragini di fuoco.
La limpidità tralucente dell'aria, il gusto deciso di farvi
campeggiar dentro gli abitanti delle lande, la purezza osti-
nata dei colori in gara con la natura, sono le prime battute
dei discorsi pittorici di Amedeo Bocchi, i quali non s' in-
terrompono^ ma procedono, logici e chiari, sino alla conclu-
sione melodica che li fa belli. Francesco Sapori.
1. Ritratto (1921 J. 6. Terellana Accovacciata
2. Abbandonati (1919). (1921).
3. La Capanna di Badino 7. La sera nel giorno della
(1921). Madonna (1921).
k. Pescatori delle Paludi 8. Il racconto della cieca
Pontine (1920). (1919).
5. Paesaggio (1919). 9. Ritratto (1916).
Emma BONAZZI
È, meglio ancora che una pittrice, una decoratrice squi-
sita, ricca di giocondità e di fantasia, con un colorito vivace
e pieno di attrattiva ; tanto che nel 1920 vinse il concorso
per l'arte applicata, nell'Esposizione di Stoccolma, con un
bozzetto « Salame ». Si dedica con passione a questo genere
d'arte, in cui sa trovare motivi nuovi e squisiti. E' anche
cartellonista ; cosa rara, se non unica, in una donna. Ma an-
che nell'arte essa è molto notevole; ricordiamo a titolo
d'onore il suo quadro « La Vita », esposto a Venezia (1920).
23
Un suo trittico esposto al Concorso Ussi fu giudicato da Vit-
torio Pica come «di un simbolismo un po' ingenuo, ma com-
posto con abilità e dipinto con savoroso impeto romantico».
É, infatti, una coloritrice simpatica e piacevolissima.
Giuseppe Lipparini.
Tre quadri folio) Sei acquerelli
Dodici applicazioni in pitiura e ricamo.
EvARisTO BONCINELLI
Evaristo Boncinelli è nato nel 1883 a Santa Maria a
Mantignano, in riva all'Arno. La sua è una storia di lotte e
di dolori.
Il Boncinelli aveva 1' anima inquieta e ansiosa delP arti-
sta e gli toccava fare 1' alabastrino. Forse un' altra circostan-
za congiurava a suo d inno : era un semplice, un timido un
modesto.
Espone una prima volta alla Mostra di Brera « Il ritratto
del fratello ^; ii suo lavoro non suscita nessuna eco^ cade
nel vuoto, ed egli prova il primo morso della delusione e del-
lo scoramento. ^la ha la tenacia dell'artista, la fede che gli
nasce dal sentirsi agitare nell' anima qualcosa che egli non
può placare se non esprimendola.
Rinunzia anche a quel minimo di agiatezze che ogni
uomo può conquistarsi: lavora ancora alla propria arte che
pure gli rende più amarezze che gioie ; studia ; ammira le
opere dei grandi - degli antichi e dei moderni - e cerca di
approfondirne lo spirito ; si tormenta ; di nuovo spera ; crede
di aver trovato. . . .
Gli arride qualche successo : espone nel 1914 alla « Pro-
motrice Invernale di Firenze », poi nel 1919 alla « Mostra del
Soldato ». Ma siamo ormai in piena guerra europea, 1' « ala-
bastrino » è senza lavoro e la miseria incalza più da presso.
Chiamato sotto le armi, lo prende uno sgomento un terrore
di essere succhiato e di scomparire nel gorgo tempestoso
24
che sconvolge il mondo. Non teme già sé stesso, certo, che
la sua vita è ormai grama elsenza gioia, ma di quella sua
bambinella — la sua arte — ancora troppo gracile e stenta
per vivere senza di lui e che egli vorrebbe nutrire ancora
col suo tormento, con la sua illusione, col suo sangue ma-
gari. Ecco il segreto turbamento della sua anima
La scultura di Evaristo Boncinelli è la più fedele imma-
gine del suo dramma. È come una terra vulcanica sconvolta
dallo spasimo del fuoco che senza una via d' uscita, ne tor-
menta le viscere, È 1' emblema di uno spirito forse incompleto
come quelli che si dice vaghino nello spazio disperati di
non potersi incarnare; ma il cui martirio sprigiona la luce
di una bellezza atroce - di una bellezza brutta, vorrei dire.
U Idiota e La Cieca, creature doloranti e dannate nei più
bassi gironi dell' inferno sociale e tuttavia non abbastanza
brute per essere guardate con indifferenza, sono figlie car-
nali e spirituali dell'artista: egli se l' è strappate dall'anima
come brandelli informi e sanguinanti. La forma qui ha quel-
la balbuziente eloquenza - se si può dire - degli innamo-
rati troppo ardenti e troppo ingenui; e tuttavia è efficacis-
sima, nel suo grezzo e impressionante realismo : efficace
come quella di certe sculture barbariche, opera anch'esse
di spiriti primitivi, non soccorsi dai benefìci di ciò che si
chiama la cultura. Vi è a Pistoia, infissa nella facciata della
Cattedrale, una testa decapitata alla cui terribile evidenza
non la cede quella de U Idiota modellato dal Boncinelli.
M. T.
i. Testa di vecchio (marmo) 3. La cieca (gesso)
2. L'idiota (gesso) 4-. Ritratto del suocero (id,\
Franka BORGHINI
E' nata a Arezzo nel 1900 ; studiò senza maestri.
1. L'ananasso.
25
Mario BORGONI
Mario Borgoni nato in Pesaro, il 24 luglio 1869 la cui at-
tività artistica è oggi in buona parte assorbita dalla com-
posizione dei cartelli-reclame, alia quale dedica la maggior
parte del suo tempo, è un piacevolissimo figurista, che ama
ritrarre la bellezza muliebre, e specialmente quella delle flo-
ride ed esuberanti popolane partenopee.
Nella sua pittura si fanno notare in particolar modo la
schietta espressività delle figure e la vivace e calda forza
della colorazione.
P'u allievo d eJ grande decoratore Ignazio Perricci, all'Isti-
tuto di Belle Arti a Napoli, ove insegna da oltre un decen-
nio nelle scuole di ornato.
Spensieratezza. (Dipinto a olio).
Agostino BOSIA
E' nato a Torino nel 1886. il suo maestro è stato Leo-
nardo Bistolfi, il quale meglio che la tecnica della pittura
— egli scultore — gli apprese lo spirito dell'arte, il modo
col quale si può arrivare alla personalità delTespressioLe.
Il Bosia si è svolto dipoi obbedendo alla legge del suo
temperamento, indirizzandosi per tutt'altra via di quella
del maestro. Oltre che la sua arte, il suo credo artistico
può farcene testimonianza: « Sogno — egli scrive — di fare
un'arte che tragga i suoi elementi emotivi direttamente dalla
vita e che si esplichi con una tecnica spregiudicata, pur nel
rispetto della tradizione, ispirata dalla natura e che come
questa si nasconda il più possibile ne' suoi mezzi e ne' suoi
scopi ».
Il Bosia ama di rendere nella sintesi delle sue composi-
zioni — nelle quali il senso della vita si allea con un origi-
nale visione decorativa — la poesia della vita moderna, il suo
spirito nascostamente tragico, la sua bellezza dimessa e
rude, la sua anima nostalgica.
26
Il Bosia ha esposto assiduamente dal 1909 al '20 alle
Biennali veneziane, a tutte le Secessioni romane, spesso a
Milano e sempre nelle mostre torinesi. L'Internazionale di
Monaco lo premiò con medaglia d'oro, e una medaglia d'ar-
gento l'ebbe a San Francisco; un'altra medaglia d'oro a To-
rino nel 1921. Opere sue si trovano in varie importanti col-
lezioni: quella di Arturo Toscanini a Milano, quella della
Marchesa Dufur Berte Balbi a Genova, del Conte di Roascio
a Dronero, del signor Attilio Vercelli a Milano. Anche le
Gallerie d'Arte Moderna di Roma e di Torino hanno accolto
quadri del Bosia.
(Dipinti a olio).
1. Ritratto di Leonardo Bi- 2, L'Attesa,
stolfi. 3. Fiori,
k. Minaccia sui Nidi.
Aurelio BOSSI
E' nato a Monticelli in provincia di Pavia nel 1884. I suoi
esordi furono modesti: fece da ragazzo il corniciaio e
il decoratore. E gli deriva forse da quel suo noviziato,
quando l'artista si formava nell'artiere, la grande pratica e
l'amore del legno, nel quale egli di preferenza scolpisce.
Farsi innanzi non gli fu facile: la scultura in legno eragià
risorta in Germania; ma da noi la bella tradizione italiana
del Seicento e del Settecento era co^si dimenticata, che non
poche giurie fecero sulle prime cattivo viso alle sue opere,
le quali avevano il torto di non essere né in marmo, né in
metallo. Il successo gli venne finalmente con La Croce,
esposta a Venezia ; e da allora, attraverso le Biennali vene-
ziane, le mostre milanesi, torinesi, romane, fiorentine, il
Bossi sempre più s'affermò. Modellali con una scarna sem-
plicità e vigoria, intensamente espressivi, i suoi « legni »
colpiscono sopratutto per la passione e perizia, che traspare
da ogni tocco, intaglio o levigatura, con cui l'artista ama e
27
domina la materia nella quale lavora. L'olivo, l'ebano, il
mogano gli sono famigliari, ed egli è maestro nel trarre
partito dalle varie fibre legnose e dai nodi e dalle .t sperila
stesse del legno. La mostra personale del novembre 1920
alla Galleria Pesaro fu quella in cui si potè avere della sua
arte un'ampia e compiuta idea. Egli vanta una medaglia
d'oro alla Biennale di Milano del 1914 e un Premio Fu-
magalli. Fra le sue opere migliori e più note ricordiamo:
La Preghiera, acquistata dal Re, L'Eroica, Il Serenello.
(Da un profilo di Vinconzo Bucci).
(Sculture in legno)
1. U attrice tragico. 2. Bambino che ride.
Giovanni BRAGANTINI
E' veronese, nato nel 1800. E' allievo di Carlo Donati,
detto « il Mistico .>. E anche il Bragantini è pittore di una
dolce spiritualità, dalle tonalità basse, tenui, come imbevute
di mestizia. Le sue visioni predilette sono ispirate ad un
simbolism© religioso, lutto rivissuto in una pacata intimità.
1. Viatico. ''2. Avanzi storici.
S. Poggio romano.
Angelo BRANDO
Napoletano, nato nel 1878, fece i suoi studi nell'Istituto
di Belle Arti sotto il Morelli. Espose in varie mostre napo-
letane e nelle nazionali di Torino, Milano, Roma, Rimini, ecc.
ì. Bimba (olio).
Armando BRASINI
L'Architetto Armando Brasini, nato il 1879 a Roma; cre-
sciuto ed educato nell'ambiente romano, è uno dei più ge-
nuini continuatori di quella nobile tradizione artistica^ no-
strana, che purtroppo molti hanno dimenticata, per correre
28
dietro a delle false interpretazioni di arte, camuffata con
l'crpello della novità.
Il Brasini, che sotto molti aspetti fa ricordare qualcuno
di quegli artisti che vivevano all'epoca del Bernini, è un
disegnatore e modellatore di un'abilità non comune, che
cercala perfezione in ogni particolare, non perdendo di vista
la grandiosità della linea e l'armonia delle proporzioni.
Anche in mezzo alle astruserie del modernismo, ha sa-
puto mantenersi un classico dalla più sbrigliata fantasia.
Nei suoi progetti di trasformazione della città di Roma,
egli risolve tutti i problemi della viabilità e dell'estetica.
Nell'ampiamento di Piazza Colonna unita a Piazza Mon-
tecitorio e Piazza di Pietra, sa far rivivere la grandiosità
dei monumenti della Roma antica, con la pittoresca sceno-
grafìa dei seicentisti.
Nel progetto per il Monumento a Dante, l'architettura
del Brasini simboleggia magnificamente l'opera del grande
Poeta : l'arte latina sorpassando il Medio Evo s'innesta in
quella del Rinascimento, fino a Michelangelo e Bernini.
1. Progetto per la sistema- mento a Dante (2 tavole).
zioiie dei borghi di S. Pie- 4-. Palazzo del conte Testa-
tro (2 tavole). secca.
2. Progetto per la sistema- 5. Progetto per la cupola
zione di Piazza Colonna. di Sant'Ignazio a Roma
3. Progetto per nn mona- (2 tavole).
Archimede BRESCIilNI da GAZOLDO
Ha quarantanni. Studiò a Milano col Tallone, ed a Mi-
lano vive e lavora. E' artista intellettuale, ricercatore di
espressioni nuove, aderenti all'anima moderna. Ha esposto
nelle più notevoli m.ostre italiane e anche all'Estero.
/. La madre (olio).
29
Eenato BROZZI
Nato a Traversetolo (Parma) nel 1885. A sedici anni è
iniziato al mestiere di cesellatore in una piccola fonderia
di bronzi commerciali. In seguito, ma senza una sicura guida ,
egli si prova a sbalzar lastre e a cesellarle, fornendo oggetti
ad imitazione dell'antico ad un antiquario della natia città .
Spinto dalla sua precoce vocazione si mette a frequentare
contemporaneamente, l'Accademia parmense di Belle Arti,
che contava allora fra i suoi insegnanti Cecrope Barilli, ar-
stista di molto gusto. Maestro vero di Brozzi è però stato
Daniele De Strobel, pittore di cavalli e di scene medioevali.
Con lui il giovine Renato incomincia ad amare e studiare
gli animali, modelli... economici e pazienti. Compiuti i ven-
t'anni, finalmente, il Brozzi, attratto dal desiderio di un
ambiente artistico più largo, si trasferisce a Roma, dove
inizia quelle ricerche tecniche che dovevano poi condurlo
all'odierna perfezione.
Egli tenta cioè di realizzare le sue visioni battendo il
metallo sempre al rovescio. Ottiene cosi una maggiore pla-
sticità, una più costante pittorica dolcezza d'ambiente e d'a-
tmosfera, in opposizione a quella durezza ed a quegli im-
provvisi arresti che sono caratteristici del ferro.
Incoraggiato dai primi consensi ottenuti a Venezia, si
mette a produrre piatti, vasi, portasigarette, coppe decorate
con graziosi motivi tratti dalla fauna; tutti quegli oggetti
squisiti che nelle esposizioni italiane ed estere abbiamo sem-
pre ammirato e che hanno fruttato all'autore premi e me-
daglie e l'onore, inoltre, d'essere rappresentato nelle migliori
Gallerie pubbliche.
La Coppa del Benàco, la coppa offerta da Gabriele d'An-
nunzio al vincitore delle gare aeree del Garda, è il lavoro che
ha più attratto sul Brozzi l'attenzione dei competenti. C. .1.
Venti disegni a pastello Otto disegni a matita
Quattordici piatti d'argento sbalzati.
30
Anselmo BUCCI
E' ancora assai giovane, specie in confronto della ma-
turità della sua arte, essendo nato a Fossombrone, nel 1887.
Ha vissuto per parecchio tempo a Parigi, dove non ha mai
rinunziato a tenere un pied à terre, anche dopo il suo ri-
torno in Italia. A Parigi capita una volta Tanno e anche più
di rado, per lavorare in pace e « rifare lo spirito e la mano »
— dice lui — all'atmosfera parigina. A chi lo interroghi
quali sono stati i suoi maestri, egli col suo spirito arguto e
pronto risponde: la Vita! E realmente Anselmo Bucci è fra
i pittori che meglio hanno sentito il fascino e l'intimo senso
nervoso, sensuale della vita moderna. Come dal flusso in-
costante, tormentato, avido di forme sempre più intense, di
essere, di sentire, di esprimere della vita moderna — e spe-
cialmente di quella febbrile della metropoli francese — il
Bucci ha tratto quel carattere, così singolare pur nella sua
incostanza, di commentatore acuto e di poeta sottile del-
l'anima moderna. Gl'impressionisti e i post-impressionisti
francesi dovevano a cotesto proposito dargli suggerimenti e
ammaestramenti preziosi. « Bai 1910 al 1920 — egli ebbe a
scrivere di sé stesso — ho fatto dell'impressionismo in pit-
tura e del virtuosismo in incisione e dell'allegria sem-
pre; dal 1920 in poi cerco di fare di più e meglio e vo-
glio imparare il mestiere». Tale proposito lo ha condotto
ad avvicinarsi maggiormente che non gli accadesse per il
passato allo spirito e alla forma dell'arte italiana.
B ucci debuttò esponendo — strano a dirsi — nel Salon
des Artìstes frangais, il più conservatore dei Salons. Dipoi
espose ripetutamente agli « Indépendants» e al «Salon d'Au-
tomne » dove ottenne una menzione onorevole. Di ritorno
in Italia, nel 1914 espose alla « Leonardo da Vìnci » di Fi-
renze, che gli conferi una medagha d'argento; e nel '15 alla
< Permanente» milanese dove si afìermò come brillante, in-
cisore.
31
Ritornò di nuovo a Parigi, ma un bel giorno, sazio della
vita parigina, andò con pennelli, tavolozza e tele, in Africa.
Là si ubriacò di luce. Per vedere "ancora spettacoli pitto-
reschi fece un viaggio in Sardegna. Poi ritornò a Parigi,
cosi carico di studi e di quadri abbozzati^ che ne ha ancora
piena la sua dimora a Montmartre.
Ma bisognava fare acqueforti per potersi permettere quel
lusso di consumare un patrimonio in tubi di colori : e Bucci
andò di nuovo ad incidere lastre di rame a Versailles, a
Chartres e nel Belgio. Per lui, riprodurre in pochi palmi di
lastra una cattedrale gotica^ il Piccolo Trianon o un Bégui-
nage era un giuoco da nulla. Certe acqueforti immense, che
gli eran costate settimane di lavoro, non le firmava nem-
meno. — « Le ho fatte per la pappatoria », diceva.
Poi scoppiò la guerra e Bucci, anzi « il soldato Anselmo
Bucci», ora in trincea, ora in idrovolante, ora sulla laguna,
ora fra qualche maceria, disegnò instancabilmente quelle
«impressioni acerbe, schiette e tumultuose» che vennero in
parte riunite dal Ministero della Marina in un grande album,
(Dipinti a olio)
1. L'Odèon 2. Lo spasimo
3. Le Orchidee
Bruno BURATTINI
È di Sizolo, presso Ancona (1889). Ha studiato all'Acca-
demia di Belle Arti di Bologna ; ha esposto finora alla Se-
cessione romana e alla P Biennale romana. Anima di sognatore,
ha pensato molto e prodotto poco; ma si propone assai di
più per l'avvenire. E un ammiratore e un seguace di Alfredo
Protti, dalle pitture del quale le sue si distinguono per una
grazia timida. G. L.
Dipinti a olio
1. Vestaglia a righe 2. Fra le guglie
3. Le figure
32
Sergio BURZI
É nato a Bologna il 17 ottobre 1901. Fin da ragazzo
prese a disegnare senza alcun maestro. Il Prof. Bagnini di
Bologna, cui mostrò i suoi disegni, gli consigliò di non stu-
diare sotto alcun maestro, ma d'ispirarsi sempre al vero. E
dal vero il Buzzi tolse sempre il meglio della sua arte. Per
un paio d'anni non fece che disegnare, dovunque si trovasse,
in treno, al caffè, per istrada, centinaia e centinaia di viva-
cissimi schizzi, che lo condussero ad una grande sicurezza
ed abilità. Sicurezza ed abilità che egli esplica specialmente
come illustratore. A Bologna espose la prima volta alla Mo-
stra di Bianco e Nero della « Francesco Francia », una diecina
di disegni acquarellati che valsero a molto distinguerlo e
uno dei quali «La Piazzala di Bologna» fu premiato dal
Municipio di Bologna.
Dodici disegni.
Guido CADORIN
S'è parlato molto di lui, negli ultimi mesi perchè ha
vinto il secondo premio nel concorso per la decorazione ed
affresco della Chiesa di S. Francesco di Ravenna. S'è tornato
a parlare di lui perchè la Presidenza delle Biennali vene-
ziane gli ha affidato la decorazione di una veranda di pas-
saggio nel padiglione centrale della Esposizione del 1922.
E' veneziano, figlio di uno scultore, fratello di scultori. Deve
avere poco più di trent'anni; forse non li ha neppure. Alto,
grosso, rosso, rude, imberbe, altezzoso, sorridente dagli oc-
chi cilestrini, studiò con Cesare Laurenti la pittura, ma tiiò
via poi per la sua strada, senza cercar lodi dai critici, con-
sensi dai colleghi, ricette dai maestii. Secondo la ricetta de-
mussettiana beve soltanto nel suo bicchiere, anche se, per
avventura, il suo bicchiere non sia grande. Temperamento
33
elegante di decoratore, ama le tinte semplici, piatte, un pò*
esangui ; si direbbe abbia trasfuso qualche cosa del preraf-
faellismo inglese nelle audacie degli innovatori francesi e
russi postimpressionisti. In principio era ineguale ed in-
certo, poi andò inquadrandosi ed organizzandosi entro lo
schema della sua personalità e di una rigida disciplina. Ha
fatto delle < collettive » a Ga' Pesaro; ha partecipato ai gruppi
e alle mostre di piccole « secessioni » . S'è affermato alle Inter-
nazionali veneziane. Qualche quadro suo fu acquistato da
Gallerie e da privati insigni, con l'architetto Del Giudice ha
allestito e organizzato l'interno di ville ricchissime. Chi l'ha
seguito con occhio attento e spassionato sul suo cammino,
non si meraviglia del suo successo. G. D.
Dipinti a olio.
i. La Samaritana al pozzo h-. Primavera in laguna
2. Bora in laguna. Due incisioni in legno
3. Le solitudini della laguna Alcune stoffe di seta e tela
Carlo CAINELLI
Carlo Caìnelli è giovanissimo, essendo nato a Rovereto
( Trento ) nel 1896. Non ebbe maestri, anzi, a sei anni mor-
togli il padre, si trovò senza alcuna guida. Progredì nell'arte
a piccole tappe, tutto chiedendo alle proprie esperienze per-
sonali. Terminati gli studi all' Istituto Tecnico della sua città
natale, ne usci con una fervente. . . vocazione futurista. Ma
a Firenze, dove si trasferi poco dopo, la consuetudine con
le opere dei classici di tutte le epoc he lo dissuase da ogni
preconcetto teorico e lo confortò a dipingere esprimendo
nella forma più semplice e più piana il proprio entusiasmo
in cospetto delle forme e dei colori.
1. Ritratto di un nordico (Dipìnto n olio)
Acqueforti
2. La fiera di San Fre- 3. Giorno di festa alle Cascine
diano ^Firenze) 4. Paese
34
Luigi CAINERO
Nato a Trieste nel 1893. Studiò a Vienna col Caraman.
1. Testa di Michelangiolo
Guido CALORI
Lo scultore Guido Calori, di Roma, è nato nel 1885. È
p rofessore presso il R. Istituto di Belle Arti di Firenze e
p recedentemente lo fu presso la R. Scuola Industriale Luigi
di Savoia in Chieti — vinse il Pensionato Nazionale per la
scultura, il pensionato di S. Luca ecc.
1. Deposizione 2. Rassegnazione
Giuseppe CANALI
E' veneziano, nato nel 1885. Studiò col Milesi. E' ap-
prezzatissimo acquafortista, noto specialmente con lo pseu-
donimo « Enrico Alia».
Acqiieforti
1. Ville Veneziane 2, Passando
Domenico CANDIA
Domenico Candia è nato nel 1597 a Rosario di Santa Fé
(Argentina) da genitori calabresi; si ritiene, perciò, italiano,
anzi, addirittura calabrese. Venuto in Italia scelse per pro-
prio maestro Giovanni Costetti, che incoraggiò e coltivò la
sua inclinazione per l'arte.
Invece di guardare dentro il chiuso delle teorie, guarda
con amore la natura, cercando di comprendere e di pene-
trarne l'intimo spìrito.
Dipinti a olio
1. Vaomo dal fiasco 3. Ritratto
2. Garzone dell'imbianchino 4. Dietro la tenda
35
Vincenzo CAPRILE
Vincenzo Caprile finalmente, a delizia dei visitatori di
questa mostra, si decide, per la prima volta, ad esporre un bel
numero di quei suoi «studii» di Venezia che fin qui egli ave va
gelosamente riserbati alla gioia dei suoi più intimi amici.
Vincenzo Caprile è un profondo osservatore della bel-
lezza della natura, che ha riprodotta con una efficacia e
una serenità non facilmente superabili.
La palpitante e schietta vita dei campi ha spesso ispi-
rato le sue opere luminose, suggestive per l'armoniosa co-
lorazione e per la soave gentilezza, con le quali la verità,
a volte dura e brutale è resa fedelmente e tuttavia arricchita
e come compenetrata di un particolare profumo di grazia.
Gli ammiratori del glorioso artista, che sostando innanz 1
a queste « impressioni » veneziane, rimarranno particolar-
mente sorpresi dalla efficacia, con cui son riprodotte le feste
e le processioni della città unica e incantevole.
Poche pennellate nervose e sapienti bastano al pittore
insigne a mostrare il brulicar versicolore della folla; un
tratto denso e nervoso gli è sufficente a descrivere la gon-
dola che rapida scivola sulle verdi acque di un canale. La
divina poesia lagunare è compresa e fermata a meraviglia
in ognuno di questi dipinti dall'arte sana e sincera di chi
nacque tuttavia sotto altro cielo, al bacio di un clima più
dolce e di una natura più ardente e tumultuosa. Lo scrigno
coloristico della città incantata trova nella pittura di questo
partenopeo fervido e sapiente una incastonatura inusitata,
piena di una robustezza e di un ardore ai quali le consuete
e abusate < vedute » veneziane ci avevano disabituato.
Il Caprile è nato in Napoli il 24 giugno 1856.
Federico Petriccione.
Tempere. Dipinti a olio.
DalVl al 6 impressioni della 7. Rio della Canonica a Ve-
festa del Redentore nezia - (Proprietà della
Principessa di StrongoliJ,
36
8, Studio: Figurina 12. Studio: Porta S. Marco
9. Studio : Figurina 13. Impressioni di una rega-
lo. Le porte di S. Marco. ta a Venezia
IL Una sagra a Venezia lA. Ultimi raggi al Lido,
Antonio CARBONATI
E' nato a Mantova il 3 giugno del 1893. Interrogato da
noi, intorno alle sue intenzioni, ci scrive :
Mio padre è un commerciante e mi fece studiare ra-
gioneria, ma, sin da bambino, io sognavo di diventare pit-
tore. A 17 anni, ottenuto un ottimo diploma di ragioniere,
vinsi il concorso Franchetti di Mantova per studiare pit-
tura e, con 60 lire mensili, lasciai la casa paterna. Studiai
all'Accademia di Belle Arti di Venezia alla scuola di figura
di Ettore Tito e poi al E. Istituto di Belle Arti di Roma
nella classe di Aristide Sartorio. La guerra mi sorprese con
la testa ancor piena di sogai e visioni pittoriche poiché
l'acquaforte, che però già coltivavo ed amavo, non mi aveva
ancor preso completamente col fascino misterioso e pro-
fondo della sua tecnica, con la raffinata eccellenza dei suoi
difficili mezzi d'espressione. Onorevolmente congedato ab-
bandonai completamente la tavolozza ed i colori e con im-
mutabile fede e tenacia inflessibile cominciai le mie prime
stampe di Eoma Sognai e volli riprendere la tradizione in-
terrotta in Italia, dopo Piranesi, della vera acquaforte di
creazione, fatta da chi sente interamente la nobiltà e la di-
versità d'espressione artistica del rame inciso, puramente
corroso dall'acido stampato senza artifici d'inchiostrazione,
senza preoccupazione di efifetti pittorici ai quali si può con
più facilità e libertà arrivare con disegni monocromi sa-
pientemente riprodotti da macchine perfette.
L'Italia non aveva né Editori di Stampe né un pubblico
educato che comprendesse e s' interessasse alle acquaforti,
ne appassionati ed accorti collezionisti. Andai a Parigi dove
37
trovai un editore inglese, dove mandando le mie acqueforti
ai « Salons > erano giudicate da artisti incisori, cioè dalla
speciale giuria della « Section de Gravure » e finalmente
acquistai la coscienza d'un professionista, potei cioè vivere
con la sola acquaforte che forma 1' unica mia attività di
artista, tutta la mia vita. E con l'esperienza e la conoscenza
del mio mestiere, acquistate nella lunga permanenza a Pa-
rigi, ora lavoro nella nostra bella Italia compreso e finan-
ziato dagli Editori Giorgio e Piero Alinari per incidere una
serie di volumi illustranti le città italiane che serviranno
a gettar le basi della prima casa editrice italiana di acque-
forti in nero. Cominciai da Firenze ed ora mi accingo ad
illustrare coi miei rami quel meraviglioso poema che è Ve-
nezia e poi chi vivrà vedrà.
Acqueforti di Roma e di Parigi.
Aldo CARPI
E' nato a Milano nel 1886.
Togliamo da un «profilo» di G. U. Arata le seguenti note:
In mezzo a tante ed appassionate ricerche, e tra il con-
tinuo afifastellarsi di convenzionalismi tecnologici di cui è
piena l'arte contemporanea, l'esempio di Aldo Carpi è dei
più confortanti. Mai artista è rimasto, come il Carpi, cosi
nettamente estraneo all'attuale movimento che ha scon-
volto l'arte e l'ha trascinata in un giuoco dilettantistico di
ambigue e paradossali ricerche, le quali sono spesso inca-
paci di risolvere il più elementare problema estetico : quello
di tradurre in linee, colori e volumi le immagini coordinate
che, partendo dalla realtà oggettiva, si sviluppano e si tra-
sformano attraverso le emozioni personali dell'artista.
Se qualche volta il Carpi ha ammirato la produzione
audace o la novità attraente venuta in nostro contatto me-
diante le esposizioni internazionali, la sua ammirazione non
è mai giunta al punto da fargli amare supinamente questo
38
o quell'artista di moda o quella tendenza quotata solo sui
mercati dello snobismo. Per lui le novità astruse ed astratte
non haano avuto se non l'aspetto di un episodio effimero.
Nel grande quadro scenografico dell'evoluzione dei va-
lori plastici e coloristici^ il Carpi ha saputo cercare solo la
parte sostanziale: quella che ha profondi concatenamenti
con la tradizione; la quale, checché se ne dica, ha tali ca-
ratteri peculiari indistruttibili che non si lasciano sopraf-
fare da nessun contrasto violento. — L'artificio tecnico, i
volumi sconnessi, le idee peregrine, la ricerca oziosa, i ge-
roglifici pittorici non lo colpirono mai, né mai fecero breccia
nella sua anima di ricercatore e di suscitatore di immagini
nuove, proprie, individuali.
I due quadri premiati in una delle ultime Biennali ve-
neziane — La sera ed il Dopo cena — il secondo dei quali
si trova nella Galleria d'arte moderna di Firenze, lo posero
subito tra i primi della giovine scuola italiana; e, sotto certi
rapporti, queste due opere, create senza ambiguità e senza
incertezze, dove tutto é chiuso in una sintesi espressiva di
colore e di forma, rispondono ad un concetto di vera e mo-
derna forma d'arte cui pochi hanno avuto la fortuna di rag-
giungere.
Ma ancor prima di arrivare a cosi raffinate sensazioni
di un colore sagacemente avvolto in uno stile personale,
aveva mandato a Roma, ad uno dei concorsi per il pensio-
nato nazionale, il Battesimo: cioè a dire una delle opere
più interessanti della produzione moderna italiana.
II misticismo del Carpi, che fin dall'inizio lo aveva tra-
sportato verso rappresentazioni immaginarie di fatti gran-
diosi ma ancora troppo lontani dal vero e ancora stretta-
mente chiusi in un campo letterario, trovò modo di svilup-
parsi durante la guerra; e la sua immaginazione, a contatto
di avvenimenti quali raramente capita di vedere nell'andazzo
consuetudinario della vita, doveva incontrare rapporti di-
retti con quella tragica realtà che ancora gli era ignota.
39
Infatti, quel senso del dolore represso in uno spasimo
interiore che vediamo nella Crocifissione (1912) e quei con-
torcimenti spasmodici irreali che si ammirano con un certo
raccapriccio nel quadro che ha per titolo Le madri (1913)
il Carpi li ripetè con maggior espressione di terrificante
verismo nel volume Serbia Eroica in cui il giovane pit-
tore milanese illustra uno dei più spaventosi episodi della
conflagrazione europea: la ritirata dell'esercito serbo sulle
coste dell'Adriatico.
Alla Serbia Eroica fece seguito un ciclo biblico e mi-
stico.
Tra tutta quanta la produzione di questo nostro periodo
evolutivo e di non facile accontentatura, essendo che il
pubblico mira spesso a tirare in fretta delle conclusioni,
l'arte del giovane pittore milanese occupa un posto che cer-
tamente non si perde nella valutazione comune; e chi os-
serva con senso critico un suo quadro non lo dimentica
tanto facilmente.
Davanti ad alcune sue tele se ne trae un' impressione
cosi nuova e suggestiva che fa rimanere pensosi e preoc-
cupati. Nell'ammirare certe sue composizioni si prova qual-
che volta un senso di gioia strana, mista a sconforto che
poi si trasforma, mano mano che la nostra anima si avvi-
cina a quella dell'artista, in ammirazione viva per l'autore :
poiché l'arte di Aldo Carpii cosi umana e così sincera, vi
parla un linguaggio semplice e commovente, che è il lin-
guaggio delle anime volte alla fede e al sacrificio.
{Da un profilo di G. U. Arata).
(Dipinti a olio).
1. La Sera. 4. Fiorenzo e Pierin.
2. Al mare. 5. Il bimbo e il merlo.
3. Fiorenzo lavora. 6. Fiorenzo ha mangiato.
7. Bimbo che pensa.
40
Carlo C ARRA {Gruppo « Valori plastici »).
Volgendo imo sguardo d'insieme allo sviluppo dell'atli-
vita pittorica di Carlo Carrà, la sua personalità assume subito
un rilievo ed una fisionomia particolare per questo special-
mente: che nessun artista ha forse più di lui profondamente
partecipato al travaglio spirituale della moderna pittura
mirando ad un fine sdegnoso di quelle speculazioni in mar-
gine alio spirito nelle quali» se togli V irriducibile Gézanne,
hanno trovato un brillante rifugio persino coloro che sino a
ieri formavano per la nostra buona educazione il repertorio
glorioso della moderna storia dell' arte. La quale conside-
razione ci porta subito a giudicare l'opera di Carlo Carrà
da un punto di vista alquanto imbarazzante quando si vo-
glia conciliare la nostra con 1' opinione più generica che
vuol fare di lui il modernista o V avanguardista per eccel-
lenza. Perchè, se da una parte Carrà ci consente di sco-
prire la sua ambizione in un ideale di schietta contempo-
raneità, dall'altra l'essere moderno per lui non vuole signi-
ficare affatto la complicità in quelle teorie o in quei prin-
cipi estetici i quali, malgrado la grandezza temporale dei
loro esponenti più illustri, finiscono per fare che la moder-
nità si confonda con tutte le debolezze e tutte le miserie
del decadentismo romantico, anche se camuffato dall'eroismo
delle rinnegazioni. Al contrario, l'essere moderno per il Carrà
trova il suo primo requisito in una sincerità perfino teme-
raria la quale sente che quanto più nuda sa rendere la
realtà tanto più agevole si rende il compito di conoscerla
e di servirsene: una sincerità solitaria, oggi, che in mezzo alla
babele degli eretici santificati e dei diavoli rabboniti e in-
fidi rimane tesa verso la ricerca del vero ; una volontà che
sulla base di sentimenti accertati e di convinzioni eroica-
mente conquistate tende a costruire il suo mondo fondato
sopra leggi estetiche che hanno sì un carattere e una fun-
zione rivoluzionaria ma solo in quanto ristabiliscono Por-
dine della spiritualità altrove sovvertito.
41
Non per altro che per questo suo puro istinto di uomo
radicale intollerante di esplorare il sottosuolo di ogni que-
stione, egli fu uno dei fondatori del futurismo e di esso
pure la voce per noi più convincente. Ma fu questo un
atto di fede in se stesso, intendiamoci bene, e non già
l'oinaggio o il riconoscimento di una scuola o di una teorica
alla quale egli sentisse veruna vocazione di ricorrere. Schivo
di ogni genere di evasioni capziose intese a sorprendere
e a pugnalare alle spalle, secondo l'uso, la mite e innocente
natura; fedele al suo istinto di mantenere saldi e stretti
rapporti con la terra, egli si è dimostrato quanto mai indi-
pendente alla ortodossia futuristica. Che, mentre i suoi
compagni di fede sacrificavano Fugola e i muscoìi al ma-
linteso di scambiare la speculuzione critica col fatto della
creazione, l'analisi con la sintesi, e su quella occultarono la
loro impotenza organica con una negazione sistematica
illijsa di poter sostanziare l'arte con dei ritrovati for-
mali, il Carrà, autodidatta e sdegnoso di usare regola alcuna
non da lui creata, svolgeva la sua inchiesta futuristica isti-
tuendo una disperata polemica con le cose dalle quali, se
strappava vani segreti otteneva pure il vantaggio di morti-
ficare e preparare se stesso a ricevere una grazia. Onde, sa-
rebbe ingiustizia somma rimproverare a lui V esercizio di
questo periodo di eroismo profano durante il quale se af-
frontò zone non battute da altri prima, e si calò nelle pro-
fondità più inaccessibili lasciando credere di perdersi in esse,
era pure in lui l'intima certezza della legge che lo avrebbe
riportato alla superfìcie. E cosi fu. Poiché dopo quelle espe-
rienze di primo grado, polemiche più che liriche, per cui
la natura appare come una cosa diversa che occorre magari
attaccare, offendere per venirne in possesso, s'apre a Carrà,
come una ricompensa meritata e guadagnata e forse anche
dolorosamente attesa, un più fecondo mistero e cioè che
questa natura, campo delle nostre battaglie, non sempre
vittoriose, queste cose intorno alle quali si avvicendano le
42
nostre interrogazioni incessanti, debbono essere considerate
e sentite come una parte di noi stessi, e che soltanto sta-
bilendo rapporti di pura collaborazione ispirati ad un amore
perfetto e grazioso è possibile ottenere la loro amicizia ge-
nerosa e feconda. Ecco quindi via via arricchirsi la pittura
di Garrà di una benignità confortante in forza della quale
il campo delle osservazioni si allarga e le prove si fanno
più persuasive. Ecco infine la sua pittura assumere quella
fisionomia ospitale^ ecco riapparire le cose negli umani
aspetti, che i superficiali della critica hanno subito voluto
scambiare per il risorgere di viete immagini solo per-
chè naturalmente esse stabilivano rapporti di colleganza vi-
siva con quello stile onde si giovano tutte le immagini
della creazione. Questo passaggio si compie attraverso una
serie di saggi, alcuni dei quali qui esposti, dove si fa sen-
tire la poesia da cui sono animati gli oggetti di più co-
mune confidenza, la gerarchia armonica delle loro colora-
zioni, infine l'idealismo del disegno sempre restio e con-
forme alla volontà estetica. Ma codesti non sono che espe-
rimenti ai quali egli si abbandona senza abusO;, che Carrà
non è artista da confondere e divagare se stesso in un la-
voro laterale e senza necessità pungente. Al contrario, è
forse il primo che fra gli artisti moderni, anche di fama
più accesa, abborra l'operare per vano diletto; il primo favo-
rito dalla vocazione d'investigare e di evocare le immagini
della presente tragica, vissuta umanità; il primo, insomma
che senta l'eticità che si deve racchiudere nella funzione
del pittore quando essa intenda svincolarsi dal subalterno
ideale del romanticismo e dell'imitazione. Non per altro quasi
tutta la sua opera è dominata dalla necessità del soggetto
che scaturisce dal suo potere di osservare e sentire le
cose con quella ironia da cui nasce il fantasma vero del
nostro spirito. Ma questo soggetto, i soggetti della pittura
del Carrà, non sono gli incidenti nei quali si esalta la sen-
sibililà naturale, non sono frammenti di vita allo stato grezzo,
43
inanimati, che il pittore utilizza per un fine ad essi estra-
neo e riflesso. 1 soggetti della pittura del Carrà sono la con-
cezione di una profonda travagliata umanità, una conce-
zione che si va elaborando lentamente in pari tempo che
le sue conoscenze si maturano e si determinano. Ne con-
segue che le sue figurazioni riescono a mantenersi al si-
curo di quell'anneddottica cui non sanno sottrarsi altri pit-
tori moderni che vanno per la maggiore, come ad esempio
il Picasso, mentre sanno attingere direttamente alle sue fa-
coltà generatrici quei sensi per cui 1' arte sua acquista ca-
ratteri di una vera universalità. Per questo il Carrà si di-
stingue da ogni altro pittore del nostro tempo onde non cre-
diamo di esagerare aff'ermando che in talune delle sue
creazioni, come // Gentiluomo briaco. Il Dio Ermafrodito e
il più recente dei suoi lavori, // figlio del Costruttore, egli
ha saputo generare il vero mito plastico della nostra epoca.
Soltanto da questo sentire eroico, tragicamente italiano,
noi crediamo che la pittura non ha completamente smarrito
il senso della sua funzione, noi sentiamo una voce che am-
monisce la facile e caduca vaghe/.za dei tempi.
(Da uno sdidio (fi prossima pubblicazione). M, BROGLIO.
Dipinti a olio
1. L'ovale delle apparizioni 7. Solitudine
2. Finestra e paese 8. Natura morta
3. Penelope 9. La figlia dell'ovest
4. La casa del pescatore 10, Veliero
.>. // cavaliere occidentale IL Paese
6. Natura morta L2. Paese
J3. Disegni
Giuseppe CASCIARO
Il nuovo palazzo fiorentino di Belle Arti riserva ai suoi
visitatori una sorpresa: la conoscenza di un nuovo Casciaro.
44
Che r insigne paesista, il quale sa con tanta verità e tanta
grazia ritrarre le bellezze della terra e del mare d'Italia,
si presenta stavolta come pittore di « natura morta ».
Giuseppe Gasciaro, il vivace e sapiente glorificatore del
paesaggio italiano, il pastellista di delicata sensibilità, che
ebbe, anni or sono, l'onore di essere prescelto a dar le-
zioni di pittura alla nostra Sovrana, abbandona i prediletti
soggetti per dipingere fiori, frutta ed ortaggi.
Se muta l'argomento dei dipinti, non mutano però le qua-
lità dell'artista.
Queste nuove pitture casciariane sono ricche di fre-
schezza, sorridenti di luminosa gaiezza: sono, avremmo
voglia di dire, nature morte calde di vita.
Il Gasciaro è nato in Ortelle, prov. di Lecce, il 9 marzo 1863t
Federico Petriccione.
DaWl al 4-: Fiori Dal ^ al 8 : Nature morte.
Tito CAVAGNARO
Non è stato, in pittura quello che si dice un « fanciullo
prodigio ». Quando parecchi dei suoi amici del gruppo la-
bronico avevano già acquistato una bella rinomanza, egli
infatti non aveva ancora cominciato a dipingere — almeno uf-
ficialmente. Fu suo maestro il Romiti al quale si accosta per
finezza di temperamento e per l'arte di cogliere, senza cadere
nel manierato, la delicatezza cromatica di certi paesaggi to-
scani. Guido Vivarelli.
1. I pesci dorati {dipinto a olio).
Pietro CECCARELLI
È nato a Montecatini Val di Gecina nel 1888. Studiò col
Prof. Ezio Ceccarelli. Ama le concezioni semplici e piane il
cui sentimento sia facilmente comunicabile all'anima del
pubblico.
45
Ha esposto in varie mostre nazionali dove le sue opere
furono premiate ed acquistate per conto della Real Casa.
Ha conseguito un premio nel concorso per la medaglia degli
automobilisti caduti in guerra indetto dall' «Unione Eser-
centi Industriali e Commercianti».
1. Il ritratto di mia madre (marmo)
Carlo CECCHI
E' nato a Firenze nel 1890. Dette i suoi primi colpi di
pennello a sei anni nello studio del padre Adriano — pit-
tore anch'esso — copiando alla meglio ciò che gli capitava
sotto mano, oppure scarabocchiando «impressioni» di colore
«all'aria aperta». Segui il padre a Londra dove frequentò
una scuola d'arte, ciò che gli valse anche a perfezionarsi
nella lingua inglese. A 17 anni consegui due premi per lo
studio della figura e poco dopo fu ammesso alla Reale Ac-
cademia di Londra.
Tornò in Italia con la famiglia per adempiere agli ob-
blighi di leva. Sopraggiunta più tardi la guerra, fu richia-
mato e conobbe il bello e il brutto della trincea. Poi, con-
gedato, si dedicò di nuovo con volontà e con amore all'arte.
1. Il giovane poeta folio).
Leonetta CECCHI-PIERACCINI
E' nata a Poggibonsi nel 1883. Studiò all'Accademia di
Firenze. Vive a Roma, dove è assai apprezzata nell'ambiente
artistico di avanguardia. Ad una squisita sensibilità colori-
stica /unisce una visione larga delle masse e dei volumi,
intesi in un senso decorativo ed insieme emotivo. Ha esposto
nelle più notevoli mostre italiane.
1 Fiori.
46
Elisabetta CHAPLIN
Nata a Parigi, venne a 1.0 anni in Italia, e a Firenze co-
minciò subito la sua carriera artistica, copiando nella Gal-
leria degli « Uffizi ».
Non ebbe nessun maestro.
Espose giovanissima a Firenze, Roma, Venezia, — otte-
nendo ricompense e lodi lusinghiere.
Neil' Esposizione toscana del 1911 il Comune di Firenze
le acquistava il quadro «Lettura» attualmente nella Galleria
d'Arte Moderna a Firenze. Nel 1916 Firenze le dava la medaglia
d'oro per il complesso delle opere esposte e lo Stato aqui-
stava il quadro « Mia sorella, » attualmente a Roma.
Dopo il 1916 l'artista svolgeva la sua attività a Roma e
nella primavera del 1920 si presentava al « Salon » di Pa-
rigi. I migJiori giornali e i critici d'arte più colti segnalarono
le sue opere, (in special modo « Les Filles da pasteur ■») e il
Giury le assegnava a pieni voti il titolo di «Associée au
Salon ».
Nell'Esposizione 1921 la « Gazette des Beaux Arts > ri-
produceva uno dei suoi quadri e cosi si esprimeva:
< Deux jeunes femmes, M.lle Gregoire et M.lle Ghaplin
« ont produit quelques-uns des melile urs tableaux du Salon :
« l'une coloriste aimable, l'autre plus volontaire, plus sa-
« vante, plus capable de composer et de construire, sans
< rien perdre pourtant de sa gràce naturelle. Le panneau
< occupò par les quatres peintures de M.lle Ghaplin, est
« pour l'oeil et le sentiment, le plus agréable, peut-étre de
« tonte l'exposition ».
Quest'anno l'artista si presenta alla «Fiorentina Prima-
verile » con un complesso di opere, che rappresentano la
sua ultima espressione d'arte.
1. Gesù da Marta e Maria 3. Le figlie del pastore evan-
2. San Francesco predica gelico (le sorelle)
agli uccelli ^. Nenette e Trott
47
5. Mia sorella sala da pranzo del prof.
Quattro decorazioni per la doti. G. Daddi
Arturo CHECCHI
Arturo Checchi è nato a Fucecchio, in provincia di Pisa,
nel 1886. A 21 anno si dette con passione a studiare il di-
segno. Studiò qualche anno all'Accademia, ma si accorse
presto che lo avevano incamminato sopra un falso sentiero
e che aveva perduto il suo tempo.
« Messomi allora allo studio amoroso del vero », — sono
sue parole — « ho disegnato durante dodici anni costante-
mente ogni giorno, come un prete legge tutti i giorni il
breviario; lavorando però la notte e la domenica, perchè
durante il giorno facevo il decoratore per guadagnarmi la
vita. Ma debbo alla decorazione la conoscenza dei capola-
vori e delle tecniche ».
Alla pittura si dette più tardi, verso i 25 anni, allorché
a Monaco di Baviera vide Segantini, l'ammirazione entu-
siastica per il quale gli mise addosso una gran voglia di
dipingere. Ma anche allora non poteva dedicare all'arte che
le ore che gli lasciava libere il suo duro lavoro quotidiano.
Espose per la prima volta alla Promotrice di Firenze,
nel 1913, e di poi sempre a Firenze e a Roma interessando
la critica competente e il pubblico più eletto. Ha un quadro
nella Galleria Moderna di Firenze e uno in quella di Roma.
11 Checchi possiede un indiscutibile autentico tempe-
ramento di pittore.
È un sensuale che adora la bella materialità del colore
e si compiace soprattutto, riducendo al minimo il chiaro-
scuro, di far cantare le superfici cromatiche. Al pari di
certi sinfonisti moderni, predilige i toni forti, prorompenti,
ditirambici, che si potrebbero chiamare... gli ottoni della
tavolozza: ma è capace altresì e si appaga^ taluna volta, di
armonie tenui e pacate, pervase di mattutine chiarità.
48
È un sintetista o, per dire più precisamente, un sintetiz-
zatore, poiché in quel suo semplificare estremo dei piani
— che può anche apparire come un'evoluzione della
« macchia » alla stregua di una rinnovata visione decorativa-
stilistica — lo spirito di ricerca s'identifica con la neces-
sità del proprio temperamento fondamentalmente rude ed
impulsivo.
Tale felice impasto di sensuale e d'intellettivo che co-
stituisce, appunto, r individualità del Checchi, si può co-
gliere più spiccatamente paragonando i suoi dipinti ai suoi
disegni o alle sue acqueforti.
Mentre l'empito lirico del colore sbotta e straripa, nelle
tele, non rattenuto dagli argini delle forme, queste, sotto il
segno volontario ed energico del bulino, del lapis, del car-
bone si disciplinano e si fissano in una plasticità sommaria,
ma precisa ed aderente, e tuttavia ricca di suggerimenti
emotivi.
Con questo suo vigoroso bianco-e-nero il Checchi si
riconduce nel solco aspro e fecondo della tradizione toscana.
Mario Tinti.
(Dipinti a olio).
1. Ritratto in rosso 6. La sosta dei cavalli
2. Ritratto di Chicco 7. Vecchia che lavora
3. Scena popolare 8. Il barrocciaio
4. Galline 9. Il calessino
5. Il barroccio Disegni e Acqueforti
Francesco CHIAPPELLI
E' nato a Pistoia nel 1890. Dopo aver compiuti gli studi
classici, fu per due anni nello studio del prof. Raffaele
Sorbi, che insegnava con grande libertà d'intendimenti;
poi fece due anni nel Corso Speciale di Figura all'Accademia
di Firenze e frequentò con entusiasmo la allora nascente
49
scuola di acquaforte, fondata da Celestino Celestini e Ludo-
vico Tominasi. Ha preso parte a varie esposizioni italiane
e straniere. La «National Gallery» di Londra, il Museo di
Torino, il Castello Sforzesco, il Gabinetto delle Stampe di
Firenze e quello della Galleria Corsini di Roma, posseggono
stampe sue; alcune delle quali furono acquistate anche da
S. M. il Re.
1. Vecchia e giovane folio) 3. Croce fissione {acquaforte )
2. San Lorenzo (acquaforte) A. Chiesa naufragata (id.)
5. S. Maria Xovella (Acquaforte),
Carlo CHIARANDÀ
Il Barone Carlo Chiarandà, cultore di arte ed appassio-
nato raccoglitore fino dalla sua giovinezza è stato l'ordina-
tore del gruppo napoletano per incarico della Presidenza.
Pittore anch'egli ed amico dei maggiori pittori della scuola
napoletana, egli è stimato da tutti, in Napoli, dove vive in
una casa tutta adorna di maravigliose opere d'arte moderna.
Il suo giudizio è ricercato sempre da tutti ed il suo con-
siglio è stimato preziosissimo. Egli possiede i più belli esempì
della pittura giovanile di Antonio Mancini; un quadro ma-
raviglioso del Vetri: « Le Mummie »; possiede quadri del Mi-
chetti e qualche saggio di quasi tutti i maggiori italiani
moderni. Ha dato a questa Esposizione tutta l'opera sua
ardente e devota.
Galileo CHINI
L'artista fiorentino, ormai troppo noto perchè occorra
tesserne qui la biografia, il decoratore che all'eleganza e
agilità di forma natia unisce una festevolezza di colore
nella quale l'Oriente non ha invano addotto i suoi doni, si
presenta in questa mostra sotto un aspetto singolare e tut-
tavia non inusitato per lui. Galileo Chini è l'autore della
50
decorazione delle sale e delia collocazione delle opere.
Questa bisogna delicata e irta di difficoltà che il Chini ha
voluto assumersi, rinunziando ad esporre opere sue, oltre
ad essere essa stessa un'opera d'arte, è altresì un atto di
fede e di amore, un devoto sacrifìcio fatto sull'altare del-
l'Arte. Galileo Chini, per entro sobri ritmi decorativi, ha
saputo dare all'insieme numeroso e diverso delle opere
una collocazione, non solo decorativamente intonata secondo
le dimensioni e le tonalità delle opere, ma tanto chiara-
mente ragionevole, che ad ogni accento e ad ogni forma
d'arte ne derivano tutte quelle condizioni favorevoli di
spazio e di luce, di ambientazione e di vicinanza, che sono
le più atte a farne risaltare l'espressione e a metterne in
evidenza il carattere. La collocazione del Chini — pur ser-
bando il concetto, che è la caratteristica più alta e più cri-
tica dell'esposizione: quella di raggruppare le opere attorno
ad ogni nome — è di per sé stessa un'esegesi ed un com-
mento di questa esposizione; ma ciò soltanto a condizione
di comprenderne la portata veramente estetica, senza arre-
starsi alle più superficiali apparenze. Tutti gli espositori e
lutti gli amici dell'arte debbono essergliene grati.
EvELiNA CHIOSTEI
È nata a Firenze nel 1896. Studiò da sé stessa.
1. Mattinata in montagna.
Sofia CHIOSTRI
È nata a Firenze nel 1898. Studiò da sé stessa.
1. Natura morta (olio).
Cesare CIANI
Nel 1878 Cesare Ciani — fiorentino — aveva 24 anni,
aveva compiuto già gli studi tecnici, aveva assolto ai suoi
51
obblighi militari, ma non aveva ancor cominciato a studiare
pittura. Fu in quell'anno che s'iscrisse all'Accademia di B. A.
Ma l'insegnamento del Ciaranfì non faceva per il suo tem-
peramento libero e aperto, benché mite. La natura, l'aria
aperta lo attraevano troppo, per rint^hiudersi nella stia ac-
cademica.
E un uomo solo fra tanti gli pareva degno e capace d'in-
segnargli qualcosa: Giovanni Fattori, il cui insegnamento,
d'altronde, consisteva nel... nulla insegnare, teoricamente,
ma nel porre lo scolaro bene in faccia al vero e a sé stesso.
Fu così che nacque nel Giani quella maniera tanto libera e
personale che fa di lui uno dei maestri più intimi e più
tipici della scuola toscana venuta dopo i Macchiaioli. Il Ciani
è un modesto, soltanto innamorato delia propria arte, e si
è preoccupato sempre assai poco di andare in cerca della
gloriola ufficiale. Taciturno per natura, si direbbe che gli
dispiaccia parlare perfino della propria arte, p er una specie
di rilegno e di gelosia da innamorato. Egli è pittore; si
esprime dipingendo: chi vuol conoscere quello che pensa,
che sente, che soffre, guardi dunque i suoi quadri. La sua
arte d'altronde si è fatta posto lo stesso presso i conosci-
tori e i coli zionisti.
Nella pittura del Giani la chiarezza e precisione della
« macchia » toscana, serratamente grafica, è come attenuata
dalla sordina della poesia chiaroscurale dei lombardi Ran-
zoniani. Connubio di tecniche e di espressioni che non
potrebbe essere più felice.
Arte tenue ed elegiaca, tutta fatta di accenni di delica-
tezze, di sfumature^, che rispecchia a meraviglia la psico-
logia del suo autore. Colori più spesso languidi e velati clie
non vividi e gioiosi, come inzuppati di melanconia, cerne
visti attraverso il velo di un ricordo nostalgico. Forme ac-
carezzate con la punta delle dita, con affetto timido e deli-
cato. Bambini e donne specialmente, bambini e donne umili,
pallidi spesso, per i quali la carezza del pittore è quasi un
52
atto di celebrazione pietosa. Paesaggi, piccole vedute di strade
del sobborgo o dei quartieri popolari, in cui le cose e gli
aspetti più comuni, sotto la pioggia di petali sfogliati della
tecnica fluida e nervosa, si circonfondono dell'atmosfera ne-
bulosa di ore melanconiche e di languide stagioni, più im"
maginarie che reali, e si rivestono del nimbo di una dolcezza
delicata e ineffabile, crepuscolare. Cesare Ciani è un'anima»
oltre che una tavolozza: e questo spiega anche perchè egli
non è ancora stato baciato dalla... gloria distributrice di com-
mende e di cariche.
Mario Tinti.
Dipinti a olio.
1. Il bambino malato 3. Donne del popolo
2. Stadio di bovi 4-. Mercato
5. Donne del popolo.
Beppe CIARDI
Nacque a Venezia nel 1875 e trovò subito il maestro nel
proprio padre, Guglielmo, uno dei più delicati e espressivi
pittori italiani del secolo scorso. La sua vocazione per la
pittura la dette a divedere fin da bambino, con l'assiduità
nello studio del padre, con la passione che prendeva a ve-
derlo lavorare e a tentare i primi scarabocchi ; passione
che spesso gli faceva trascurare i compiti di scuola. Quando
poi ebbe preso maggior dimestichezza con la tavolozza e
coi pennelli, si accorse che la sua via nella vita era quella
in cui l'aveva preceduto il padre, dandogli 1^ esempio dell'a-
more e della costanza. E allora mandando al diavolo gli
studi di scienze naturali, che aveva seguito per qualche
anno all'Università di Padova, si dette corpo e anima alla
pittura.
Le sue visioni furono dapprima delicate, idilliache, ispi-
rate da aspetti tenui ed espresse con colori teneri e chiari.
Ma da un suo soggiorno sugli Altipiani di Asiago la sua ta-
53
volozza trasse ispirazione a opere più ampie più rudi ed
anche la sua tecnica si fece, a riscontro, più robusta, più
solida e corposa. Gli aspetti che maggiormente dominano
nella sua arte sono quelli della Venezia natia che egli ha
ritratto in tutti gli aspetti e in tutte le ore e nel cui
scrigno cromatico ha attinto largamente, i tesori più appa-
riscenti e quelli più rari, delicati e dimessi.
Il Ciardi si è sempre tenuto lontano da ogni influenza
di cosmopolitismo e di cerebralismo. La sua arte è salda-
mente legata pei vincoli delle razza alla tradizione veneziana,
coniè deve esserlo la pianta feconda alla terra madre. Tra-
dizione di agilità di tocco, di festosità e di sensualità di co-
lorito e spesso di una felice, dionisiaca leggerezza. In que-
sta tradizione, specialmente rialacciandosi al Guardi e ai
Canaletto, Beppe Ciardi ha innestato la sua modernità fatta
di un accento di elegia.
i)al 1894 in poi il Ciardi ha esposto nelle più importanti
mostre italiane e straniere. Opere di lui sono nella Galleria
d'Arte Moderne di Venezia, nel Museo di Barcellona, nella
Galleria d'Arte Moderna di Roma e in varie collezioni private.
(Dipinti a olio)
ì. F asina A. Canale di Mazzorho
2, Estate 5. Aratura
3. Santa Maria della Salute 6. Abbeveratoio.
Emma CIARDI
Figlia di Guglielmo e sorella di Beppe, Emma completa
il terzetto dei Ciardi: una famiglia tutta di pittori, come ce
n'era ai bei tempi di Venezia, dove la nostra artista è nata
nel 1879. Studiosa del Canali, del Bellotto, del Grandi e in-
namorata del Settecento veneziano, ella lo rievoca nei suoi
quadri con un gusto e una leggiadria inimitabili. Quadretti
deliziosi, sul cui catalogo — come dice l'Ojetti — Emma
Ciardi potrebbe scrivere, a modo di didascalia scenica, le
54
parole di Verlaine: «La scène se passe dans un pare de
Watteau vers une fin d'après-midi d'été ».
A queste evocazioni piene di nostalgia e gentile fantasia,
Emma Ciardi alterna, di quando in quando, qualche veduta
della sua Venezia, delicate armonie di colore, cose tutte
finezza e buon gusto Delle opere che meglio la rappresen-
tano ricordiamo « San Marco, Alloro trionfale, Parole anti-
che^ Rondini e farfalle » (nella Galleria d'Arte Moderna di
Roma), // giardino delle Muse (al «Lussemburgo» di Pa-
rigi) e « Ca' Rezzonigo » (al Museo di Vienna).
(Da un « profilo » di Vincenzo Bucci).
1. Raggio di sole (olio).
Alberto CIBRARIO
Nato a Torino nel 1877 appartiene ad antica famiglia
piemontese che vanta tradizioni schiette di cultura e di
spiritualità. Luigi Gibrario, l'insigne storico, statista e let-
terato fu suo nonno. Si laureò, anche per secondare i de-
sideri della propria famiglia, in medicina e chirurgia e per
alcuni anni esercitò la professione. Ma la sua aspirazione
era rivolta ardentemente verso l'arte.
Solo molto tardi potè dedicar visi interamente, ma attra-
verso una severa disciplina, fece il suo noviziato senza
seguire corsi accademici, sorretto peraltro dal consiglio di
artisti amici, fra i quali Giacomo Grosso, Leonardo Bistolfi,
Felice Carena, Carlo Pollini.
Ha partecipato alle maggiori esposizioni torinesi, a mo-
stre regionali e nazionali. Ha conseguito vari premi.
Dipinti a olio.
1. Quiete. 3. Lo stadio del pittore.
2. La bimba nel vecchio sa- 4 Visione.
lotto. 5. Il cantiere sotto la neve.
6. Pomeriggio invernale.
55
Disegni.
7. La neve sai tetti. 8. Un pagliaio.
9. Incisione.
Nicola CILETTI
Nicola Giletti, nato in San Giorgio La Molara, prov. di Be-
nevento l'anno 1885 è un autodidatta. Deve alla tenace
volontà e al sincero amore che nutre per l'arte il note-
vole posto che s'è guadagnato nelle più recenti competizioni
artistiche italiane.
Ama dipingere i vecchi e gli umili, e ha una spiccata pre-
dilezione per gli effetti di notte, specialmente quando gli
riesca di poter mostrare il contrasto tra la luce artificiale e
il freddo chiarore delle notti lunari.
È paesista di bella sensibilità e disegnatore accurato e
sicuro.
Federico Petriccione.
(Dipinti a olio).
1. Posto vuoto 4. Triste novembre
2. I padroni 5. Amici
3. Il guardiano di porci 6, Accanto al fuoco
Mario CINI
E' nato a Eoma nel 1869. Autodidatta.
(Dipinti a olio)
1. Salita in Mugello 2. Carro romagnolo
3. Aratura nell'alto Mugello
Giulio CIPEIANI
di Firenze.
1, Alba (bronzo).
56
Mario COCCHI
Espose per la prima volta a quattordici anni e si fece
subito notare. Era allora un ragazzo : ma un ragazzo serio
e pensoso che già rivelava acute qualità di penetrazione
del vero e un sentimento un po' accorato e melanconico, che
costituiva la maggiore attrattiva delle sue pitture .
Mario Cocchi si è messo, dunque, in cammino assai presto.
E' stato un precoce. Ma è sfuggito al destino che spelta inesor a-
bilmente a tutti, o quasi tutti, i precoci ; quello, cioè, di esau-
rirsi nello slancio iniziale, di accasciarsi su se stessi, di smarrirsi
miseramente nel clamore dei primi trionfi. Mario Cocchi ha
continuato per la sua strada e nel costante lavoro la sua
arte si è irrobustita ; ha acquistato un sapore e un caratter e
sempre più originali. E' certo che col volgere degli anni non
ha fatto rimpiangere davvero ai critici, che lo tennero a bat-
tesimo, il tempo speso a parlare di lui.
Oggi le sue opere, che senza essere completamente divi-
sioniste, si valgono di elementi derivati dal divisionism o,
s'impongono per una singolare solidità di struttura e per un
giusto equilibrio cromatico.
Appartiene al « Gruppo Labronico ».
Guido Vivarelli.
1. Interno (olio)
Primo CONTI
W^È nato a Firenze nel 1900. Espose per la prima volta
nella sua città nel 1913 e consecutivamente a Eoma e Milano ,
dove fu premiato. Prese parte al movimento futurista e le
sue opere apparvero nel 1918 nella 1^ Esposizione Futurista
di Milano. Ultimamente partecipò alla Esposizione Interna-
zionale d'Arte di Avanguardia di Ginevra (1920). Ha scritto
di critica e di poesia. Opere sue sono già in alcune colle-
zioni a Firenze, Roma, Milano, Berlino.
57
Conobbi per la prima volta il Conti nel 1916, all'Esposi-
zione Invernale Fiorentina della Società delle Belle Arti e
la sua opera mi sorprese e m'interessò molto, come quella
di un enfant prodige per cui 1' avvenire riservava grandi
doni: — il Conti aveva allora 16 anni.
« Come a tutti gli artisti precoci — scrivevo allora di lui
— gli manca un nucleo sul quale dipanare, per cosi dire,
le sue doti istintive. Il suo istinto pittorico è meraviglioso,
ma egli lo prodiga invece di dominarlo. La sua tavolozza
è stupenda. Peccato che egli ami più i colori della sua Ta-
vola di quelli che uno studio amoroso delle còse potrebbe
suggerirgli ».
Da allora il Conti — che è tuttora assai giovane — ha
fatto parecchio cammino. La sua intelligenza, vivacissima,
curiosa, alacre, insieme all'entusiasmo proprio dell'età sua e
del suo particolare carattere, lo indussero in seguito ad ab-
bracciare il futurismo prima, e indi il post-impressionismo: —
fece «scomposizioni» e nature- morte. Ma se per gli artisti
più maturi d'anni, sul cui esempio il Conti allungava ed
orientava i propri passi, cotesto avventurarsi e smarrirsi
nei vicoli ciechi delle novissime accademie poteva essere
impegnat'vo e compromettente, alni le cui giunture erano
ancor agili, tutto serviva di ginnastica e da ogni impasse
poteva trarsi a tempo con un bel salto e con una fresca
risata — rivolta magari a burlare chi era rimasto nell' imbro-
glio. E ad ogni buon conto ciò che permaneva in lui era quel
suo indiscutibile istinto pittorico ch'io avevo già segnalato.
Non soltanto permaneva, ma si disciplinava, si affinava,
metteva muscoli, avvantaggiandosi delle esperienze proprie
e delle altrui.
Nelle tele che il Conti presenta oggi alla Primaverile lo
spirito di ricerca è tuttavia evidente, ma è indubbiamente
meglio omogeneizzato all'espressione sincera di ritmi e di
rispondenze nella composizione; di plasticità in forme as-
solute e immobili; di colore sublimato al lambicco dell'e-
58
mozione e dell' intelligenza, anziché grezzamente espresso
dalla fisiologica glandola pittorica. È la ulteriore fase e certo
la più interessante — e speriamo conclusiva — della ce-
rebrale pittura moderna verso una visione classicamente
totale. Già i disegni del Conti appaiono quasi del tutto mondi
di prerintenzione : in essi la ricerca è quasi perfettamente
assimilata all'espressione e l'intellettualità non traspare che
quale una immanenza di cui le forme si saturano e si co-
lorano. Essi segnano la vigilia di quel nuovo classicismo a
cui aspirano oggi — pur nella confusione d' idee culturali
— gli artisti più consapevoli, e che non potrà essere che
una specie di purificato naturalismo.
Mario Tinti.
Dipinti a olio
1. Ritratto di donna (1920) 3. Autoritratto
2. I giocolieri Disegni
Mara CORRADINI
Nata in Napoli, fece i suoi primi studi sotto la guida
del pittore Tommaso Celentano, dedicandosi alla figura ed
al ritratto. In seguito prese la via dell'estero ed a Monaco
di Baviera frequentò per qualcha tempo lo studio di Franz
v. Lenbach. Da Monaco parti per Berlino, dove si iscrisse
alla Real Accademia di Belle Arti per continuare poi i suoi
studi a Parigi (Ècole Julian) ed a Anversa nello studio di
H. Luyten. In quel tempo incominciò a mandare i suoi la-
vori alle esposizioni di Londra, Anversa, Dresda, Coirà,
Zurigo, ecc. Nel 1910 si iscrisse nuovamente all'Accademia
di Weimar, dove fu premiata con due diplomi d'onore di
prima classe; per il disegno dal nudo l'uno e per la pittu-
ra dal nudo l'altro. Ha preso parte alle esposizioni inter-
nazionali di Bruxelles (1907), Anversa (1908), Gand 1909),
Torino (1910 e 1911), Anversa (1911), Venezia (1912), Palazzo
di cristallo a Monaco (1912), Zurigo nazionale (1917), Basilea
59
nazionale (1919), Napoli nazionale (1921), Roma nazionale
(1921), Venezia (1920).
1. Ritratto folio).
Antonio CORSI
E' nato a Valparaiso (Chile) nel 1892. Studiò con Raffaello
Romanelli.
1. Macchietta (bronzo).
Carlo CORSI
Nato a Nizza nel 1879, è stato allievo di Giacomo Grosso,
ma nella pratica si è distaccato assai dal maestro. Ha esposto
tre volte a Venezia; tre volte alla Secessione romana, dove
Po5/o vuoto (IV Mostra) fu acquistato per la Galleria d'Arte
Moderna ; ha esposto pure a Monaco (1913), a San Francisco
(1915; medaglia d'argento), alla Biennale romana (19^1), alla
Biennale di Brera, ecc. È assiduo nelle mostre annuali della
«FrancescoFrancia»bolognese. La sua pittura, dove tutto vive
per virtù esclusiva del colore e dei contrasti d'ombra e di
luce, deriva da un suo concetto teorico per cui l'opera d'arte,
com'egli si esprime, « deve vivere non di ciò che descrive,
ma di vita propria*, deVe destare nello spettatore l'emo-
zione che corrisponde ad ogni momento e ad ogni fase della
realtà. Questo sforzo di essere personale lo conduce spesso
a risultati soddisfacenti, attraverso una tecnica aristocratica
che gli è particolare.
Giuseppe Lipparini
(Dipinti a olio)
1. Profilo 3. In giardino
2. A tavola 4. Viola scuro
5. Interno
60
Giovanni COSTETTI
Nato a Reggio Emilia nel 1878, così egli scrive di sé stesso
e della recentissima fase della propria arte:
Sono un autodidatta, perchè i miei studi artistici non
subirono influenza di Regie Accademie del Regno. Fatti i
corsi di una scuola di disegno per gli operai a Reggio
Emilia, io andai a Torino e poi in Svizzera ove per vivere
feci illustrazioni e copie di quadri antichi dalla fotografìa,
colorandole arbitrariamente. Ottenuta una horsa dalla città
di Reggio Emilia, venni a Firenze a 22 anni e cominciai da
allora la mia vera e seria carriera artistica studiando gli
antichi. Poi andai a Parigi con Soff'ici e Brunelleschi, e ivi
rimasi pochi mesi senza approfondire il movimento artistico
i mpressionista. Di ritorno a Firenze mi rimisi a lottare per
l'arte rifiutando di entrare nel commercio artistico, fonte di
guadagni ma di corruzione. E piano piano arrivai, dall'esame
degli antichi fino ai moderni, a vedere sempre più atlra-
verso Je epoche e le scuole, la ragione intima e la finalità
dell'arte. Esposi a Torino, Venezia, Monaco, Roma, Firenze.
Ebbi premi in alcune mostre e concorsi; fui e sono uomo
di lotta e avversato per la mia onestà fiera. « Internare
l'esterno o esternare l'interno » ecco il mio credo artistico.
Bisogna infatti che le cose in arte siano anima e che
l'anima si esprima con le forme. Nessun altro modo io
conosco di realizzazione nell'arte, ma nessuna menzogna
può pretendere di raggiungerlo.
« Il modo e la proporzione dell'arte è dilemma personale.
O gnuno che abbia un'anima sua vedrà e sentirà proporzio-
nalm ente. Soltanto chi è più grande raggiungerà i più ignoti
abissi della verità». Questo io scrissi molti anni addietro
quando ancora la contraddizione fra la mia credenza e la
mia magra possibilità erano stridenti. E questo io oggi ri-
confermo con più armonia. L'arte non è la fedele rappre-
sentazione del comune perchè dell'esterno ha apptna la
61
forma consueta e non completa. C'è per l'artista vero una
forma dello spirito più aderente ad esso della forma usata,
e che solo egli vede e fa vedere. Creata sulla base della
forma comune essa diventa forma straordinaria. Ed è cosi
che essa può oltrepassare il sensibile perchè agisce nei
regni dello spirito.
E questa è l'arte che sentirono principalmente con modi
di forma e di idea nazionali o personali raggiungendo l'uni-
versale, gli Egiziani, i Bizantini,! primidvi, Donatello, Miche-
langelo e pochi altri.
L'abbandono alla sensualità della vita e della natura
deviò più tardi l'arte. E parve arte il cosidetto puro modo
di rappresentare, e fu dimenticato che modo non esiste che
non sia di adesione e di sentire. Decaduto il sentire, deviate
le finalità sijricorse più che mai alla teatralità della maniera.
Poiché l'arte è una finzione che tende a esternare, molti
credono oggi che per far questo bastino le vesti delle cose
da essa trattate. Ma l'arte non è imitazione, non è mestiere
non è artificio e non è giuoco. Essendo essa Religione, è
cosa o sogno d'amore puro che richiede altezza di concezione
etica e artefici devoti.
Io cerco di ritornare alla nativa purezza dell'arte e di
esprimere con purità sintetica. Non più V impressione o il
pressapoco ma l'assoluto o l'eterno delle cose e delle visioni.
Vorrei giungere a un'arte serena.
Intanto disimparo i giuochi, le abilità e detesto gli effetti
impressionanti.
La mia tecnica, da scoperta e pettegola che era si fa chiusa
ermetica perchè io credo che il pittore deve coltivare il mi-
stero dell'arte anche nell'impenetrabile espressione tecnica .
1. La donna assorta. A. Il pizzicagnolo preoccu-
2. Ritratto del pittore Batler. capato.
3. Ritratto della signora 5. Ritratto del signor Vanni.
Campacci. 6. Autoritratto.
62
7. La pianista Angelelli. 12. Il giardino d'oro.
8. Solitudine. i3. L'ora drammatica.
9. Il poeta Campana. U. Sera perlacea.
10. L'uomo in bianco. 15. U Imperatrice Eugenia.
11. Case del campo di Marte. 16. Il cocomeraio.
Due cornici di disegni.
Romeo COSTETTI
E' nato a Reggio Emilia nel 1874.
Romeo Gostetti è pittore di una sensibilità delicata, ma
sanissima. Egli accoppia a qualità di uno stile tutto proprio,
conquistato passo a passo con un processo di elaborazione
interiore e non seguendo gli andazzi delle mode, una acce-
zione spontanea e commossa della vita. E' un temperamento
di romagnolo mite e pensoso alla Severino Ferrari, che, pur
attraverso la riflessione e lo studio, si è saputo serbare fe-
dele alla propria legge. In certe visioni di campagna tosca-
na come quella « Terra tasca » cui a torto non fu assegnato
il premio al « Concorso Ussi » nel 1919, il Costetti si rial-
laccia — non so se volontariamente o inconsapevolmen
te — alla visione di alcuni Trecentisti fiorentini, riferen-
dola alla possibilità e alla necessità del proprio tempera-
mento, senza imitarne né contrafifarne le apparenze formali.
Egli ha trovato, soprattutto, quell'equilibrio fra l'accezione
sensibile e obbiettiva e il sentimento decorativo e spiritua-
lizzato delle forme, che è l'insegnamento costante e più
grande che ci viene da quei sommi maestri. Le sue visioni
di aspetti della campagna e del borgo toscano non sono la
riproduzione grettamente realistica, né superficialmente im-
pressionistica di un particolare luogo, ma offrono il com-
plesso resultato stilistico di un seguito di esperienze emotive
e pittoriche. La visione del Costetti vive di una vita intima,
sottratta alle vicissitudini effimere e fisiche dell'aria e della
luce, e dalla realtà coglie solo il tipico e l'espressivo.
63
Ma dove i caratteri particolarmente pittorici di Romeo
Costetti si affermano in modo più succinto ed evidente è
nei suoi monotipi. Il Costetti è forse il solo in Italia a pos-
sedere appieno e a impiegare in modo aderente all'emo-
zione pittorica — cioè non nel senso di un mèro giuoco
tecnico — questo procedimento che ha in Inghilterra e in
America notevoli cultori.
Nelle gamme dei suoi monotipi la bellezza sensuale del
colore è tutta abitata di armonie sensibili. Esse fan pensare
ora alla voce grave di un violoncello, ora alla mollezza
folta di una felpa Venezia, ora alla tenerezza di petali gra-
cili contro la luce di un sole attenuato; ma v'è, inoltre, in
queste composizioni fantastiche di maschere o in queste
visioni emotive di paesaggio, un tenue afflato musicale che
si connette al fatto prettamente decorativo e cromatico.
Anche i « soggetti » comuni e feriali, quelli che il pit-
tore coglie nella vita più umile, più dimessa e. comune at-
torno di sé, tradotti nei suoi squisiti traslati pittorici, si
trasfigurano e si armonizzano in visioni di una bellezza
intellettuale e delicata.
Mario Tinti.
(Dipinti a olio)
1. Vita piana 3. La macelleria
2. Spacca pietre 4- Testa del pittore
5. Figure nel crepuscolo (tempera)
Monotipi: Le domestiche. La fantesca. Macellai. Le ciane .
La limonara. Pescivendoli. Il vetturale. Il pesciven-
dolo. Popolane. Il macellaio. Il pittore e V onorevole.
Angelo Mario CREPET
Nato a Mestre (Venezia) il t885. Allievo dell'Accademia
di B. A. di Venezia, studiò sotto la direzione di Ettore Tito
de Augusto Sezanne.
64
Cominciò ad esporre a Milano nel 1906 e da allora fi^
gurò sempre in quasi tutte le Mostre nazionali ed interna-
zionali. Fra le internazionali : Monaco di Baviera, S. Fran-
cisco in California, Venezia per tre volte, Milano ecc.
Fra le nazionali: Milano, Roma, Napoli, Firenze, Torino
Genova ecc.
Vinse nel 1914 il Concorso al posto di insegnante di
Ornato e Decoraz. presso il R. Istituto di B. A. di Lucca e
da 7 anni colà risiede. Tratta quasi sempre il paese, sce-
gliendo l'ora della penombra o della notte, semplificando e
stilizzando in modo da renderlo decorativo.
Tempere
1. Notte Veneziana 2. I cipressi della chiesetta
3. Interno.
LiLi CROUS
Ha studiato a Parigi e a Berlino dal 1903 al 1905. L'anno
di poi andò a Fiesole dove studiò appassionatamente il
paesaggio.
1, Cappella nei pressi del Monte Ceceri folio).
Domenico CUCCHIARI
E' nato a Roma nel 1^94. Autodidatta. Ha preso parte
alla prima Biennale Romana e alla seconda Biennale Na-
poletana.
1. Cava di marmo a Carrara folio).
Edgardo CURCIO
Edgardo Curcio — nato in Napoli, l'anno 1884 — è natural-
menteldotato di un talento pittorico francamente moderno
e personale, dall'accento armoniosamente decorativo. Effica-
cissimo negli accordi di tinte piatte, reca nelle luminose
65
composizioni una sua nota schiettamente individuale, che
denota un gusto aristocratico e una sicura visione cromatica.
Ogni movimento artistico giovanile che abbia avuto a
campo d'azione Napoli lo ha annoverato nelle sue file, come
elemento di primissima importanza.
P^EDEHICO PeTRICCIONE.
Dipinti a olio.
1. Elogio della luna 2. Serena
Federico CUSIN
E' una delle figure più singolari dell' arte \'eneziana.
Maestro nelle scuole elementari, profondamente innamorato
della divina città di San Marco, studioso della sua storia e
dei suoi antichi costumi, camminando colli e campi comin-
ciò a vedervi immagini d'altri tempi che la sua erudizione
suscitava su dal suo cuore. Temperamento elegante e nobile
di poeta delle stampe popolari, delle xilografie, dei rami dei
secoli andati, espresse una sua maniera pastosa e sicura di
disegnatore a penna, che adoperò in figurazioni vaste e com-
plesse. Ma Federico Cusin, che è oggi quasi quarantenne, la-
vorò a lungo per sé, quasi timoroso di presentarsi in pub-
blico, finché una serie di disegni inviati timidamente ad una
mostra primaverile di Ca' Pesaro lo rivelò egli dette il suc-
cesso. Per il catalogo di una successiva mostra di Ca' Pe-
saro, la prima del dopo guerra, disegnò la copertina, su cui
rappresentò, desumendolo da documenti dell'epoca, il ponte
di Rialto quattn centesco ; compose allegorie piene di rac-
coglimento drammatico, ritrasse giardini, evocò festevoli fi-
gurazioni di putti^di fontane e di ghirlande; il tutto con una
sobrietà di mezzi ed una serietà di intenti che non si smen-
tirono mai. Ciò spiega il crescente favore con cui la sua
opera fu accolta nelle ultime mostre di (^a' Pesaro, alle Bien-
nali Veneziane, alle esposizioni di Roma e di Milano, ecc..
66
Qualcuno dei suoi disegni è già entrato nelle maggiori Gal-
lerie pubbliche.
Gino Damerini.
Diciotto disegni a penna.
Angiolo D'ANDREA
La volontà coordinatrice di Angiolo D'Andrea non si
limita a sfruttare una sola delle risorse individuali: il suo
ingegno poliedrico e multiforme e la sua mentalità nutrita
di saldi studi, lo trasportarono a ricerche che rivelano
quali immagini nuove e quali risultati inaspettati sappia
raggiungere colui che, cautamente, sa insinuarsi tra le re-
condite bellezze della pittura.
Perciò del paesaggio vi dà con colori vivacissimi tutte
le bellezze incomparabili e le più tenui vibrazioni luminose,
della materia inorganica, il balenio fuggitivo dei riflessi e
le caratteristiche più strane, della decorazione, le combina-
zioni più seducenti, del disegno le velature più ricercate
e le sfumature più misteriose. Tutto si trasforma attraverso
il giuoco della sua fantasia: anche le cose più umili si
traducono in altrettante immagini pittoresche e acquistano,
attraverso la di lui valorizzazione oggettiva, una preziosità
ch<i la natura stessa non ha saputo dargli.
Nonostante però tutta un'attività molteplice, sparsa in
una ricca serie di lavori eseguiti in questi ultimi anni, il
D'Andrea è maggiormente noto come paesista.
1 suoi disegni incisivi e morbidi — elaborati pazien-
temente come preparazione parziale dei quadri — e le
innumerevoli impressioni, diffìcili a descriversi ad una ad
una; tanta e la varietà di composizione, di forma e di to-
nalità che in esse si riscontrano, sono narrazioni di sottile
poesia e si ammirano come si ammira uno strano gioiello
composto di pietre rare e preziose.
67
L'alto valore di questo sensibilissimo artista, si rivela
appunto nel saper cogliere gli effetti pittorici di un pae-
saggio nelle sue alterazioni fugaci e di fissarlo con sintesi
rapidissima nei suoi contrasti più armonici. Altipiani ampi
ed ondulati, rupi squallide ed aspre, chine molli cosparse
di ulivi, pianure vaste tormentate da irridescenti corsi
d'acqua, cieli visti attraverso le continue sfumature, nature
morte, curiosità folkloristiche, sono temi da lui svolti con una
valutazione acuta e misurata e con una cosi curiosa ricerca
personale che rivelano un talento di primissimo ordine.
Questo suo studio analitico, e questa sua valutazione dei
fenomeni coloristici, lo hanno portato a concepire una forma
di arte decorativa genialissima che ha per capisaldi non il
solido schema classico, basato su forinole tradizionali; ma su
una intelaiatura bizzarra di linee tutte cosparse di accosta-
menti coloristici strani i quali, fondendosi con tutto l'insieme,
danno un'unità di stile espressivo, nuovo ed originale.!
Nato a San Rauscedo di San Giorgio della Richinvelda,
èra sceso, giovanissimo, dalle pianure friulane con la febbre
interiore della conquista, come quegli antichi artefici che,
inconsapevoli, si sentivano attratti verso la forza irresistibile
delle grandi personalità allora intente a ridare all'Italia, e
per la seconda volta, una nuova arte.
Angiolo D'Andrea, nato in un'epoca in cui l'arte era
ancora chiusa nella parentesi di flaccidi formalismi non si
senti attratto da nessuna di quelle personalità che altre
volte sapevano rischiarare di nuova luce tutto un secolo,
ma a poco a poco, con lo studio paziente e con tenacia
dell'autodidatta seppe conquistarsi, tra le personalità con-
temporanee, uno dei primi posti.
(Da un profilo di G. U. Arata).
Dipìnti a olio
1. Regine 4. Scogliera
2. Ombre di nubi 5. Primavera
3. Annunciazione 6. Calceolarie
Franco DANI
È nato a Firenze l'il Agosto 1895. Può considerarsi come
un autodidatta, tranne la guida e il consiglio che egli si
ebbe da Arturo Checchi, considerato dal Dani, oltre che
suo maggior fratello in arte^ suo unico maestro. Il Dani
espose la prima volta alla Mostra fiorentina della Società
di Belle Arti, nel 1914, dove un suo quadro a tempera « L'orto
e le case », ispirato ad una sintesi estrema di piani e di toni
in tinte piatte, alludeva chiaramente alla sua aspirazione
di riallacciare, in certo qual modo il proprio stile, alla
grande affreschi stica toscana del Trecento. Quell'opera valse
a distinguerlo, ed aveva difalti pregi notevoli^ oltre che
nello spirito di ricerca, nella pulitezza e probità del colore,
Scoppiata la guerra, il Dani rimase separato dall'arte
per il lungo periodo di quattro anni, durante i quali, in
compenso guadagnò sul campo la medaglia al valore, ripor-
tando due ferite. Oggi il Dani è a Firenze fra i pochi gio-
vani che, disdegnando i logori schemi impressionisti su cuj
« seggono in piume » i mestieranti, i faciloni e gli abitudi-
nari, intendono far dell'arte col proposito di conquistare
plaghe nuove — o piuttosto obliate — di verità e di emo-
zione. Questa nobile aspirazione, che distingue le epoche
veramente fattive, degenerò qualche anno fa, in atteggiamenti
intellettualistici più riflessi e ostentati che interiormente ac-
quisiti e convinti. Per il Dani, come per altri giovani, si
trattava di evitare il pericolo di cadere in un giuoco troppo
facile di stilizzamenti geometrici arbitrari e causali, relegati
oggimai risolutamente, nel campo delle amenità e degli
spassi illustrativi e decorativi. Vadala lode al Dani di es-
sere riuscito ben presto a sortire da cotesto vicolo cieco
insidioso e vano, accettando quel cimento serio, duro e
assiduo col vero, dal quale soltanto può sortire il fiore
intellettuale ed emotivo dell'arte - lo stile.
In questa mostra il Dani, accanto a opere in cui per-
69
mangono qualità più facili e divertenti di un carattere pitto-
rico-narrativo — come La fiera di Fiesole — espone i risultati
di codesto suo conato per conquistare un'espressione colori-
sticamente e plasticamente più profonda. Mario Tinti.
Dipinti a olio.
1. Maschera in rosa pallido. 4. Vecchie case
2. Fiera a Fiesole. 5. Orvieto
3. Fanciulla nuda con Vor- 6. Autoritratto
cino.
Nicola D'AXTINO
E' nato a Caramanico (Abruzzo) il 31 ottobre 1881. Non
ha frequentato nessuna accademia o scuola. E' un feno-
meno di autodidattismo nella vita e nell'arte.
La sua prima guida spirituale ed artistica è stato Mi-
chetti. La città, Napoli o Roma, gli uomini della città, gli
artisti, le esposizioni della città hanno fatto il resto: hanno
cioè completato l'educazione estetica e affinato il gusto del
giovine scultore.
Il quale non ha al suo attivo soltanto i conosciutissimi
smilzi e aggraziati nudi di adolescenti, ma anche eleganti
busti di signore del gran mondo e quel ritratto di Edoardo
Scarfoglio. che appare sempre l'opera sua più robusta e
più costruita.
Il d'Antino è una figura interessante e riconoscibilissima
d'artista, anche perchè, a differenza di troppi altri, rivela
in ogni sua creazione una proforida perizia tecnica, una
conoscenza della materia e delle sue necessità davvero rara.
Vederlo lavorare con amorosa pazienza attorno ad un
marmo è un piacere ed un ammaestramento. Perchè molti
al loro blocco, metton spesso soltanto la firma.... C. F.
1. Madonna fbassorilievo) 3. Fanciulla al mar e( bronzo)
2. Adolescente (testa in mar- ^. Disegni a lapis
moj
70
ArtUx-.o DAZZI
Ad un artista vittorioso si possono ricordare anche i mo-
menti d'incertezza e gli errori della prima giovinezza. A
Dazzi vorremmo però rammentare gli anni in cui, dopo le
clamorose discussioni seguite al concorso per V Altare della
Patria, egli andava esponendo nelle pubbliche mostre e i
Profughi, e qualche nudo femminile e qualche ritratto d'uomo
o di signora. La rude plasticità del fregio per l'Altare pareva
ogni volta di più estenuarsi in continui compromessi pit-
torici, in certo pernicioso psicologismo, in una diffusa sen-
sualità di carnali finezze e di morbidezze esteriori — incerta
tra l'impressionismo dei maestri più famosi e la tenerezza
dei busti di Victor Rousseau. Questa vaghezza di apparenze
e di significati ci lasciava molto perplessi ed inquieti. E
scrivevamo con triste severità: «In tutte le opere che espone,
Dazzi si arresta a una materia tutta mossa e alquanto disos-
sata, mèzza, che non riesce mai a rassodarsi in essenziali
fissità. Dall'impressionismo egli deriva anche talune oppo-
sizioni di materie grezze e di materie lavorate e persino
una scarsa considerazione delle esigenze della materia.
Questa non basta, infatti, che si fìssi in determinati sposta-
menti spaziali. Il sole frangendosi in piani di luce e d'ombra
compone un'armonia di bianchi e di neri che varia con la
lucentezza e le porosità, l'assorbente recettività della pietra
o del marmo, e stende un velo in funzione coloristica,
schiografica, che resta al di qua di essa, ne modifica l'aspetto:
non dannoso se il marmo o il gesso sia accentuato e fer-
mato su piani semplificati e col dovuto inasprimento di
salienze, sicuro garante — invece — di illusorie plasticità
frantumate, di frappe e di spume, se marmo e gesso siano
sottoposti ad un doigté più o meno febbrile e artificioso.
Una chiusa linea esteriore, se ci compensa della mancanza
di una compatta architettura interna e dell'imperfetta co-
noscenza delle necessità della materia, non è sufficiente ad
71
appagare chi si augura il ritorno della scultura al rigore
delle sue leggi eterne ».
Arturo Dazzi a sentirsi dire certe cose faceva il broncio.
Ai critici, poi, non sapeva perdonare l'astrusità di linguaggio
e... l'ostinata negazione.
Sono passati parecchi anni e la chiarezza che si è fatta
nelle idee e nella prosa degli scrittori d'arte si è fatta anche
nello spirito e nelle opere di lui. Tra codeste idee e le
ultime statue dell'artista carrarese si è stabilito, anzi, un
perfetto accordo. Dazzi, oggi, quando qualcuno gli rammenta
1 rimproveri parlati e scritti di un tempo, sorride, scuote
le spalle e se non si mette a gareggiare d'inesorabilità col
suo amichevole interlocutore è proprio perchè ad un padre
non è lecito dir male dei propri figli anche più disgra-
ziati. . . .
Oggi egli è, infatti, l'autore del Monumento a Toti e del
Monumento al Ferroviere. L'eroe dalla franta stampella e
quello che nella mostra fiorentina vediamo vestito dell'abito
da pioggia, nella loro vigorosa e profonda ed eloquente
umanità, sono troppo ferrei testimoni della bontà di certa
predicazione, esempì troppo sicuri di come il «rigore delle
leggi eterne », se osservato, possa condurre ad opere di in-
discutibile bellezza, perchè Dazzi, l'autore dei Profughi, non
si senta disposto ai più leali riconoscimenti e desideroso,
d'altra parte, di rinnegare concezioni nate dal connubio del-
l'errore con la buona fede.
Questa lealtà in un artista è sempre il segno della rag-
giunta maturità e spesso coincide con la realizzazione dei
sogni più ardui e più alti.
E' il caso di Arturo Dazzi. L'aspettativa dei molti suoi
estimatori s'era completamente soddisfatta dalla rivelazione
del Toti. Ma ecco, a distanza di un anno, apparire il Fer-
roviere, compatto e fermo sul suo basso piedestallo. Quella
potenza di strutture, quella sanità di di derma plastico,
quella sintetica larghezza di modellato, quella stasi severa,.
72
quella sdegnosa semplicità di atteggiamento, dopo lo sforzo
enorme occorso per far respirare la statua dell'eroe traste-
verino, da quale meraviglioso fervore d'anima eran state
generate, da quale misteriosa e risorgente capacità creativa
avevan tratto copia di vitalità e impeto di lineamento ?
Il popolo, il popolo istesso lo domanderà all'opera pode-
rosa. Può darsi che dal cuor profondo di questa, giunga
finalmente la risposta che illumini, che consóli, che com-
pensi anche di tutti i disincanti malinconicamente fioriti
in questi ultimi anni nello spirito di chi, ricordando l'an-
tica gloria, soffre di doverla continuamente confrontare alla
mediocrità artistica degli ultimi discendenti di Dèdalo.
Carlo Tridenti.
1. Monumento al Ferroviere (bronzo).
Deiva de ANGELIS
È romana e specialmente nota e apprezzata a Roma fra
gli artisti di « avanguardia ». Espose con gli « Indipendenti» al
Casino del Pincio nel 1919 alcune nature morie e « paesi ^
in cui, nella visione frammentaria e iperbolica, dimostra
già un temperamento originale e squisito di colorista. Oggi
raccoglie il frutto delle sue esperienze e delle sue ricerche
in un'arte nella quale le facoltà sensibili si connettono e
si equilibrano con quelle emotive.
1. Ritratto di mia madre (olio).
Giorgio DE CHIRICO {Gruppo « Yalori Plastici »).
Fra i giovani pittori che hanno saputo svegliare e sanno
mantenere vive le più bramose esigenze della moderna crì-
tica non v'ha, crediamo, pittore più tipico, artista più
eccentrico di G. De Chirico. Vogliono che anch' egli fi-
guri come un eroe nella schiera dei cosidetti rinnovatori e
rivoluzionari della moderna pittura: e non pochi sono co*
10 73
loro che, dove più ferve la vanità delle rinnegazioni, lo eleg-
gono ad esempio e se ne professano seguaci. Ma noi vo-
gliamo contestare questa attribuzione generica e superfi-
ciale assicurando che nessuna preoccupazione, di carattere
diciamo cosi temporale, agitò mai il nostro artista oltremodo
indifferente all'aspra polemica nella quale è veramente im-
pegnata la pittura d'oggi. Serafico quanto mai, non turbato
da dubbio alcuno sulla condotta che deve seguire il sur^
lavoro, come resistente alle insidie della bellezza naturale,
Giorgio De Chirico è un artista tutto chiuso nella rocca
forte della sua misantropica natura cui attinge le sorprese
più straordinarie per contribuire con una originalità iiiipre-
veduta a generare meraviglie e stupori: In suo possesso è
certamente la magia in forza della quale egli gode il privi-
legio di produrre l'incanto di un mondo inverosimile e se-
duttore, dove alcuni sentimenti suoi peculiari riescono a
trovarsi riflessi ed anche personificati in una mitografìa che
costituisce un documento eccezion ile di jroiiismo melan-
conico e tragico.
Naturalmente questa sua facoltà di creatore fantastico
ha trovato in successo di tempo modi e condizioni diverse
per esprimersi ed evolversi. In un primo periodo la sua
pittura soffre di una specie di romanticismo sonnambo-
lico che si risolve in effetti di una tragica attesa, di una
cupa angoscia che agiscono su di noi come un presagio di
catastrofici avvenimenti. Ma il fondo di questa sua anima
incline alla iperbole e alla immaginazione paradossale ha
trovato la sua incarnazione più audace e più tipica nel pe-
riodo di lavoro cosidetto metafisico. Metafisici sarebbero
per De Chirico certi stati d'animo speciali, più spiritici
che propriamente trascendentali come la parola vorrebbe
suggerire: stati d'animo alla cui concretazione pittorica con-
corrono non soltanto le forme che son proprie alle cose
che si vogliono evocare ma elementi eterogenei e persi-
no fantasticamente assurdi, i quali con un getto d' ironi-
74
smo stranissimo sanno tuttavia svegliare alcuni sentimenti
caratteristici di un romanticismo eroico e nostalgico. A
parte la critica di cui può essere oggetto questa singolare
attitudine creatrice non è possibile rifiutare ad alcune di
queste magiche materializzazioni del De Chirico generate
in fondo, dal! 'incubo di una sottile sofferenza, una forza
patetica di sommo grado. Gli esponenti più felici di questo
periodo ci sembrano Ettore e Andromaca ^ Il Trovatore, Na-
tura Morta evangelica, Il grande metafisico.
Ma ora l'opera del De Chirico volge per altra via, una
strada maestra nella quale lo hanno fatto felicemente sboccare
le stesse sue consentite virtù di grande pittore di razza. Ora
le sue rappresentazioni si rassegnano negli aspetti naturali
delle cose cimentando l'artista nella soluzione di necessità
più sostanziali della pittura senza che per questo sia in lui
sopita l'ardente immaginazione e il sentimento dominante
di subordinare la pittura alla vita poetica di un soggetto •
soggetti che ci riportano perfino in un mondo eroico, mi-
tologico e storico.
Esercitano prestigio di grande serietà e sapienza alcuni
suoi ritratti nei quali abbiamo pure scoperto frauimenti che
riescono veramente a brillare. Fra essi ci sembrano acq u i
stare un rilievo singolare il ritratto dell'artista con la Madre
ed alcuni Autoritratti.
Ma il segno più evidente delle forze imprevedute e re-
condite che si nascondono in questo pittore, fra i giovani
modernifistruito tanto dell'arte sua quanto spregiudicato
verso la propria scienza cui non concede illusione e riposo,
lo possiamo ritrovare in una delle sue più recenti opere:
Paesaggio Romano . Qui assistiamo finalmente ad una superba
conciliazione della natura e dell'idea onde lo stile si fa
caldo e ci dà segni di una profonda umanità. Qui l'artista
sembra aver identificalo nuovamente se stesso in un cimento
in cui la giusta misura fa della sua opera un termine nel
quale si possono confrontare i sentimenti più larghi e gene-
75
rali. Opera, questa, con la quale il De Chirico sembra voler
giudicare come passeggere esperienze ed atteggiamenti supe-
rati quelli del passato nel tempo stesso che la sua perso-
nalità più caratteristica trova in essa, secondo noi, la sua
definitiva e più armoniosa espressione.
Su questa strada noi vediamo che il cammino del gio-
vane pittore italiano si avvia verso una sicura meta di fe-
licità. M. Broglio
Dipinti a oUo e a tempera.
1. Ritratto deliartista col- 12. Natura morta con sala-
la madre me
2. La caserma dei marinai 13. U enigma dell'ora
3. Il trovatore U. Nióbe
h-, Ettore e Andromaca lo. La partenza degli Ar-
5. I pesci sacri gonauti
6. Il grande metafisico 16. La statua che si è mossa
7. Natura morta èva n gè- 17. Le rose rosse
lica 18. Autoritratto
8. Interno Metafisico 19. Ritratto della signora
9. Interno Metafisico Bontempelli
10. Interno Metafisico 20. Paesaggio romano
11. Interno Metafisico 21. Ritratto di signora
Disegni
Nicolas DE CORSI
Nicolas De Corsi è di origine spagnuola ed è nato in
Russia, a Odessa, il 5 Agosto 1882. Eppure è il più napole-
tano dei paesisti della giovane scuola partenopea.
Che la sua produzione odierna si ricollega a quella di
un maestro autentico dell'arte napoletana, a Giacinto Gi-
gante: il più rappresentativo tra i pittori della « scuola di
Posillipo >, il duce vero di quel movimento pittorico rivo-
luzionario, che, abbattendo le convenzioni di un freddo
76
accademismo, bandiva la verità di una pittura sincera,
alVaria aperta.
De Corsi è un acquarellista di non comune forza, che
unisce a una deliziosa grazia di sentimento una bella effi-
cacia di colorazione e una sicura solidità di costruzione.
E giunto all'acquarello per via, oseremmo dire, inversa .
La sua prima attività pittorica fu quasi esclusivamente
dedicata ai pastelli e ai disegni colorati, che, inviati alle più
importanti esposizioni, furono accettati dalle più severe giurie.
Poi, come stanco della tecnica del pastello, nella quale
aveva acquistata una vera maestria, si diede a dipingere
ad olio.
È questo il secondo periodo della sua arte : quello che
ne ha maggiormente diffusa la produzione.
I competenti, pur apprezzandone le sicure doti, rim.-
proverano agli «olii» di De Corsi una soverchia piacevolezza.
È egli, difatti, un artista che si compiace di una ammira-
zione immediata.
Ma nella pittura ad acquarello, alla quale ha oggi comple-
tamente dedicata la sua attività, è artista schietto e nobile.
Di questa sincerità e di questa nobiltà documentano
pienamente i luminosi e aristocratici paesaggi esposti alla
Primaverile, che danno a Nicolas De Corsi un posto d'onore,
collocandolo definitivamente nella esigua schiera dei grandi
acquarellisti italiani. Federico Petriccione.
Acquarelli.
i. Amalfi h-. Strada sul mare
2. Piazza di Pozzuoli 5. Amalfi sotto Varco
3. Barca da pesca 6. Banchina di Pozzuoli
Paolo DE GAUFRIDY
Ha quarant'anni circa: è critico d'arte e giornalista. Ha
scritto molto sul Caffaro di Genova. Sopratutto è disegna-
tore sottile e profondo,
77
Ammiratore del grande pittore Rubaldo ?>Ierello, morta
recentemente a Santa Margherita Ligure e che è stato forse
il maggior colorista ligure del suo tempo, ha imparato
molto da lui.
1. Ritratto del Signor Pater. 4. Ritratto della Signorina
2. Ritratto del Signor Leo M. Oberto.
Rigoletto. 5. Ritratto della Signorina
3. Ritratto della Signorina A. Morosini.
Dora Hawele. 6. Ritratto di mia madre.
Raffaele DE GRADA
E' nato a Milano nel 1885 e studiò all'Accademia di
Karlsruhe. Per circa vent'anni ha vissuto a Zurigo, in Sviz-
zera, dove ha preso parte a tutte le esposizioni ufficiali.
Qualche sua tela fu acquistata dal governo Svizzero. Espose
anche alla secessione di Monaco, alla Internazionale di Ve-
nezia e a quella di Bruxelles, dove fu eletto membro di giuria
per la Secessione Svizzera. Tornò in Italia allo scoppiare
della guerra per adempiere al suo dovere d'italiano.
Dipinti a olio.
1. Sotto gli ulivi 3. Ulivi
2. Colli toscani 4-. Fine di autunno
Francesco DE GREGORIO
Francesco De Gregorio, nato in Napoli, il 18 ottobre 1862,
deve la sua scarsa notorietà all'assiduo lavoro della pro-
fessione di restauratore — valentissimo — di dipinti antichi
e di antiquario, lavoro che non gli permette di dedicarsi,
come vorrebbe, tutto intero alla sua arte. Ma è tra i pittori
napoletani uno dei più degni di considerazione.
Colorista di magnifica forza, disegnatore sicuro, egli
tratta la figura con gusto e con maestria. Ed è giustamente
78
considerato dai conoscitori come ritrattista di schietta effi-
cacia, oltre che come decoratore elegante e valoroso.
1. La donna del mio sogno (olio)
Beppe DEL CHIAPPA
Beppe Del Chiappa — nato a Firenze nel 1883 — è torinese
d'adozione dal 1908. Non è un giovane prodigioso, non è un
artista famoso. Vive solitario, nella sua piccola casa ridente
con la sua sposa e con la sua malinconia. Il quartierino è
al quinto piano di un palazzone di via Cernala. La stanza
da lavoro al sesto, sopra i tetti. Beppe del Chiappa ama
star lontano dalla folla e in alto. A guardarlo, diritto e
cortese e corretto, in mezzo al suo studio, tra le sue
opere incorniciate di argento, vien di pensare a un altro
mesto e diri tto e cortese uomo che l'avrebbe amato, per la
sua anima e per le stranezze della sua arte: a Guido Gozzano.
Beppe del Chiappa è pallido come Gozzano: e, sulle sue
labbra erra, co me su quelle cosi esangui del nostro sempre
vivente Morto, un indefinibile sorriso. Ma gli occhi dell'artista
— come quelli di Guido — sono sinceri e vivi e pieni di bontà.
Sembra impossibile che il bravo allievo della R. Acca-
demia di B. A. di Firenze, l'assiduo degli Uffizi, l'innamo-
rato del periodo raffaellesco fiorentino e primaverile, il
venerabondo di Giotto, di Andrea del Castagno e di Fattori
si sia traviato — direbbe un professore di disegno — fino a
questo punto.
Beppe Del Chiappa sa quello che vuole. Parla: «Ho
lavorato, mi sono sfaticato, ho consumato colori e tele per
dieci, quindici anni alla ricerca del bel disegno, del bel
colore, del bel pezzo di vero in perfetta luce, secondo tutte
le leggi della grammatica e della sintassi pittorica. E qual-
cosa ho fatto. Paesaggi prospetticamente esatti, con le loro
ombre postate e con i toni a posto; ho dipinto ritratti di
belle signore, di donne eccentriche, eleganti e pallide di una
79
rassomiglianza fotografica. . . Badi che io rispetto ed ammiro
Sargent e Boldini e Bianche e Whistler e Grosso e più an-
cora quei formidabili antichi ritrattisti dai quali questi con-
temporanei derivano modi e forme. Ma tutte le volte che
firmavo un'opera, allora, mi sentivo inquieto e disgustato,
quasi avvilito. Nato e cresciuto in mezzo ai capilavori, con
negli occhi la purezza dei Della Robbia e di Fra Giovanni
che cosa potevo fare io schiacciato da cosi epiche grandezze?
Io mi sentivo — fino da giovinetto — incline al fantasticare.
Dipingendo un paese o una persona mi astraevo, invinci-
bilmente, dalla materialità del luogo, dalla carnalità, dal
fisico dell'individuo. . . Ero straziato. . . Oggi dopo tanta
pena, mi sembra di aver trovato il mio viottolo. Cerco anime.
Mi par di trovarle. . . E dipingo, con la coscienziosità tecnica
dei miei tempi scolastici, studio sempre l'anatomia, studio
le pieghe, cerco gli impasti migliori. Sono lento, al lavoro,
e incontentabile.
Beppe del Chiappa non è un pittore mancato che di-
pinga, per illudersi o per illudere, stramberie e fantasticherie
letterarie di seconda o di terza mano e non è, ci pare, neppure
uno di quei molti artisti che non avendo niente nel cranio,
tentano di tradurre sulla tela, con segni volutamente puerili,
stiracchiati, grotteschi colorati. È semplicemente un onesto
calmo artista, che a metà ormai del cammino della vita, ha
trovato attraverso prove e riprove il suo stile. Esso è e può
essere discutibile come tutti gli stili, forse è una mistura
d'altre scritture pittoriche, ma è certo interessante.
A guardare i quadri di Beppe del Chiappa si pensa alla
verità di Gh. Baudelaire: '^ L'art pur e est créer une magie
suggestive contenant à la fois Vobjet et le sujel, le monde
extérieur à V artiste et Vartistelui méme />. Il pittore del Chiappa,
che è un toscano spaesato, tuffato nell'indeterminatezza grigia
e fredda dei cieli e delle nebbie del nord, è paesista, ri-
trattista e decoratore. Decoratore nel più buon senso della
parola. Degas nelle b dlerine dipingeva con superba verità
80
di segno e con grassi impasti le sudate, estenuate, volga-
rissime proletarie della grazia. Tutta la carne. Tutta la fatica.
Degasle vedeva avvolte nelle garze, nell'aria rossa e pesante
del gaz. Del Chiappa le sue ballerine le immagina e le di-
pinge invece come dipingerebbe i delicatissimi fiori. La
carne, l'abito, la posa non sono che mezzi per esprimere il
suo sentimento che è quasi sempre musicale, su tre toni:
il roseo della carne, il rosso o il nero della seta e del vel-
luto, il grigio dello sfondo. E al sentimento, il moderno
ma non modernista nostro pittore, aggiunge il tristo e triste
segno del tempo, la tragica passione delle nuove generazioni,
eroiche e malate, operose e sognanti. La sua pittura è di-
sinteressata, cerebrale e voluttuosa. L'inconfessata ansia
nostra si riflette nelle sue figurazioni languide, malate, arti-
ficiose. La donna domina i suoi sensi, il suo spirito.
La pittura non è per Beppe del Chiappa imitazione e
contraff'azione del vero : è poesia. Qualche volta umile poesia,
ma sempre poesia. Ed è forma e luce. Bella forma e luce
calma. Lux lucei.
(Da un profilo di Emilio Zanzi).
1. La danza del cigno 4. Fra i cuscini
2. Ritratto del pittore 5. Riflettore verde
RiQCobaldi 6. Il tappeto rosso
5. Armonia abbozzata 7. Danzatrice
Brenno del giudice
Architetto di riposante modernità, s'è messo in evidenza
a Venezia e nel Veneto con progetti generali di ville e di
chiese, con decorazioni ed abelUimenti di interni pieni di
elegante intimità; e col partecipare a numerosi concorsi, dei
quali qualcuno fu da lui vinto brillantemente. Ha esposto a
Cà Pesaro, alla mostra internazionale d'arte sacra in palazzo
Reale, ecc. Ha poco più di trentacinque anni.
1. Progetto di chiesa per campagna
81
Nino DELLA GATTA
E* nato in Sezze presso Roma nel 1868. E a Roma si
ebbe i primi elementi dell'arte prima da Antonio Fabrés,
poi dal celebre José Vellegas, entrambi spagnoli. Venuto a
Firenze verso i 16 anni, studiò con Odoardo Bonani frequen-
tando nello stesso tempo la Scuola d^'l nudo.
Necessità finan^.iare lo indussero a far dell'arte commer-
ciale ; dipinse quadretti di genere; ma non contentava troppo
i negozianti. Un tedesco gli suggerì di mettere della cipria^
molta cipria sulla faccia dei modelli!
« Feci poi l'acquarellista — scrive egli con un accento
pieno di modestia e di sincera umanità — e per diversi
anni quello fu il mio pane. Nella buona stagione facevo
molti bozzetti per mia soddisfazione, tanto che gli intitolai
«uno al giorno». Una volta fatti, li buttavo nell'immondizia,
ma qualcuno li raccoglieva... La guerra mi inviò in una trin-
cea morale, cioè feci per cinqu'anni l'impiegato comunale
a Firenze. Il vero e la sincerità mi guidano nella mia po-
chezza.
Espone poche volte. A Livorno una giuria composta di
P'attori, Cannicci e Romanelli gli conferì una medaglia d'ar-
gento.
i. Via di Querceto a San Gemignano folio).
Giovanni DE MARTINO
Giovanni De Martino nato in Napoli, il 3 gennaio 1872, è
scultore notevolissimo, dotato di spiccati caratteri indi-
viduali.
La nota che predomina nella sua arte è una fine e pensosa
mestizia, espressa con aristocratica e con sincera tenacia.
La sua produzione, non troppo numerosa, ha degnamente
figurato nelle principali esposizioni moderne, italiane e
straniere procurandosi una seria e solida fama.
82
Vive ritirato in solitudine, lungi dal vano rumore del
mondo, dedito con tenacia al suo nobile lavoro.
1. Appassionata 2. Testa di donna
Maria DE MATTEIS
E' fiorentina, allieva di Galileo Chini, si è dedicata quasi
esclusivamente all'illustrazione, nei cui campo ha conqui-
stato buon nome. Ha gusto decorativo aristocratico e senso
del colore squisito e insieme vivace. Le sue combinazioni
fantasiose sono piene di armonia.
(Mezzetempere)
1. Settecento ^. Sulla spiaggia
2. Bautte 5. L'uscita dalla messa
3. Cina 6. Autunno
Francesco DE NICOLA
Francesco De Nicola, nato in Musellaro-Majella, prov.
di Chieti, il 24 ottobre 1883, ha studiato pittura con tre valo-
rosi maestri: Cammarano, Volpe e Vetri, dai quali ha ap-
preso il religioso rispetto che nutre per l'arte.
E figurista espressivo e sensibile, e predilige come sog-
getto il nudo all'aria aperta, che tratta con fervida passione.
Oltre che simpatico colorista, è sicuro e corretto dise-
gnatore. Federico Petriccione.
1. La spina (olio).
(Disegni)
2. Lucia 3. Ida
Giuseppe DE SANCTIS
Giuseppe De Sanctis nato a Napoli,, il 21 giugno 1858,
è uno dei gloriosi artisti napoletani della grande scuola
morelliana. Ma a differenza del maestro, che amò il genere
83
storico, ha preferito rappresentare la vita moderna, sia in
paesaggi di larga fattura, sia in delicate composizioni, sia
in aristocratici ritratti ed espressive mezze figure muliebri.
Ha partecipato col più vivo successo a oltre sessanta
esposizioni nazionali e internazionali, guadagnandosi l'ami-
cizia di insigni artisti stranieri, come Géròrae, Oulees,
Alma-Taderaa, Dagnan-Bouveret.
Oltre che pittore di molta valentia, è uomo di vasta
coltura e di raro spirito. Federico Petriccione.
1. Garofano rosso folio)
2. Studio di ritratto della Principessa R. (pastello)
DoMExMco DE VANNA
Nato a Terlizzi (Bari) nel 1893. Autodidatta. É una delle
giovane forze della pittura napoletana.
1, Notte chiara (olio),
Ettore DI GIORGIO
È nato ad Alessandria d'Egitto nel 1890, da genitori ita-
liani. Da sé stesso studiò la pittura e particolarmente la
xilografia, alla quale ha saputo conferire, mediante colora-
zioni e modulazioni sapienti di chiaroscuro, una ricchezza
tecnica inusitata od accenti espressivi novissimi, special-
mente in vista dell'evidenza plastica. Sulla trama di sog-
getti spesso letterari, il Di Giorgio tesse armonie decorative
squisitamente raffinate. Stampe del Di Giorgio sono posse-
dute dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, dalla Moderna di
Roma, di Bologna, di Lucca e da quella Imperiale di Tokio.
E « invitato ^ alla Biennale di Venezia. Mario Tinti.
1. Pappagalli 4. Bevi^ creatura di Cristo
2. La sposa 5. Satiro
3. Il vaso doro 6. La Sfinge
Antonio DISCOVOLO
Ha lavorato per anni ed anni nascosto in alcuni paesetti
della Riviera di Levante. E' stato a Vernazza, a Gorniglia,
a Levante, alla Spezia. Da qualche anno abita nella sua
bella casetta a Bonassola. Tutta la vita ligure, nel suo ciclo
fragrante e luminoso gli sta d'intorno come una corona di
maraviglia che egli indaga e cerca fermare con l'arte : gli
scogli a piombo sul mare, i pini rossi e bronzei, le sassose
erte montane, le marine smaglianti.... Alla vita dei liguri ha
offerto bellissimi poemi di colori e di forme: La raccolta
delle ulive ; La raccolta dei limoni, ecc. Ora egli, preso dal-
l'amor grande del ritratto, abbandona frequentemente il mare
per andare a Milano dove compone opera di gran pregio.
La Fiorentina Primaverile espone tre saggi dei suoi ritratti.
Interrogato da noi, egli scrive: «Ho fatto i corsi classici a
Pisa. Nel 1890 entrai all'Accademia di Belle Arti a Firenze
ed ebbi a maestro Giovanni Fattori. Nel '92 compii gli studi
all'Accademia di Lucca, col Prof. Norfoni. Mi trasferii a
Roma nel 1898. Li ebbi l'amicizia e i consigli di Nino Costa,
che m' invitò a far parte del gruppo dell' In Arte Liberias.
« Attratto dalla tecnica divisionista, iniziai nel Golfo di
Spezia una serie di marine e paesaggi liguri che esposti a
Roma ebbero un primo acquisto di S. M. il Ee: Plenilunio
nel Golfo di Spezia, e molti da privati: Le addormentate.
Contessa dall'Oppio; Mattino a Telaro, Il Viatico in mon-
lagna, ecc.
« Segui una serie di grandi quadri sempre divisionisti
esposti afRoma, Venezia, Pietroburgo, Saint-Louis, ecc., e poi
venduti a gallerie pubbliche e a raccolte private; fra questi:
Le \Yeechie, all'ex Ministro di Francia, Hannotaux; // Silenzio,
al Dott. Birgmann, di Santa Fé; Marosi e II Giardiniere, alla
Galleria del Municipio di Arezzo; La Veglia, a Sem Benelli.
« Abbandonata la tecnica divisionista, per ritornare alla
bellezza plastica dell'impasto concepito però con una visione
85
larga, personale e moderna iniziai a Bonassola (Liguria)
una serie di « notturni * con pitture mitologiche e fanta-
stiche. Infine dipinsi quadri in pieno sole che illustrano la
vita agreste dei liguri- Anche di questi due periodi molti
quadri sono in gallerie private e pubbliche, in Italia e al-
l'Estero. In questi ultimi tempi mi sono dedicato al ritratto
cercando di esprimere in esso sopratuUo il carattere della
persona e del suo mondo. F'ra. queste ultime opere: il
Ritratto di mia madre, di proprietà di Sem Benelli, i ritratti
di Antonio Bertramelli, del Prof. Vigevani, di Donna Angela
Furari-Savatelli, ecc. ».
1. Ritratto di mia madre — 2. Ritratto della Signora
(Proprietà Sem BenelliJ. Argia Sarti.
3. Ritratto di Ettore Cozzoni
Benvenuto DISERTORI
E' nato a Trento nel 18S7. Ha studiato a Venezia, con
Guglielmo Ciardi, ei a Monaco di Baviera. Gli intelligenti
d'arte lo considerano come uno dei più raffinati incisori
che vanti l'Italia d'oggi.
Ingannati dal soggetto di talune sue acqueforti, l'hanno
definito: r« ironico»; hanno dimenticato però che a Bu-
rano, <t r isola orgiastica, sconcia e variopinta», egli non
vide i frolli costumi, che' pure avrebbero dovuto offrire ad
un ironista copia di spunti e malizia di sorrisi, ma soltanto
1 rami di un <' Fico secco », aridi, precisi e duri, contro la
lucente vastità del cielo; e che certo apparente decadentismo
di gusti e di tendenze male avrebbe potuto accordarsi con
la tersa e disperata classicità di segno che è propria del
Disertori. 11 quale ha sempre amato i luoghi antichi ed ermi,
dove è possibile che una lenta cristallizzazione dell'anima
si produca entro un cerchio di silenzio, di soave taciturnità.
I borghi delle città toscane ed umbre, — di Fiesole, Gubbio,
San Gemignano o Perugia — lo hanno avuto interprete attento
86
del carattere impresso dagli uomini e dal tempo alla fuga delle
1 oro case, dei loro campanili verso sfumate lontananze di colli.
Benvenuto Disertori ha reso i paesaggi preferiti con un
ascetismo di linea pieno di desolazione. Può darsi che nella
sua vita, in certe sue contraddittorie tendenze ai « bohemiens»
colto e disordinate, vi siano bizzarre ed [ironiche fantasie.
Certo è che le sue acqueforti e i suoi disegni son come reti
sottili dove lo spirito si placa e si contiene, senza scosse e
senza traccie di torture leggere — in dolce penitenza. E
sembra che questa paziente rarefazione sia ottenuta da lui
con un lavoro stilistico ostinato e minuzioso che stanchi
ogni passione, ogni febbre, ogni turbamento.
Un classico^, ripetiamo: e un classico che non si concede
neppure quella innocente comicità formale che potrebbe
nascere dal contrasto tra una materia fervida di maliziose
allusioni e la sicurezza lapidaria del segno. La sua forma
è ridotta all'elemento primo: il tratto, il contorno ; è fissata
in stabili ed astratte chiarità. Con un processo comune a
tutti i disegnatori di razza, egli se ne impadronisce, sot-
traendola all' influenza di ogni irradiazione, di ogni riflesso.
Ecco perchè nelle sue opere s' ha l' impressione che la
realtà sia còlta con non sappiamo quale freddezza, senza
avventurose accidentalità. Mentre è certo che l'eterna bel-
lezza di certi aspetti naturali trova così adeguate rispon-
denze nel carattere di permanenza che i mezzi espressivi
riescono a conferirle nella trasposizione estetica.
Benvenuto Disertori è rappresentato in molte gallerie
pubbliche italiane, al National Museum di Stoccolma e al
Museo Nazionale di Tokio. Carlo Tridenti.
Tre acqueforti.
Mario DISERTORI
Nato a Trento nel 1896. Studiò senza maestri.
1. Alle Cascine.
87
Carlo DONATI
E' veronese, della città che dette i natali ad un'altro
pittore anch'egli soavemente mistico : Stefano di Zevio. Nacque
nel 1874 e studiò con Napoleone Nani.
Lo chiamano « il Mistico » nome che è bene appropriato,
non soltanto all'arte, ma anche alla personalità, all'indole
del Donati; poiché veramente egli - uomo la cui modestia,
e vorremmo dire umiltà, è pari al genuino, intrinseco va-
lore - può paragonarsi agli antichi, più intimi lirici del
pennello — uomini quasi sempre modesti e semplici — che
rivissero con intensità e schiettezza di spirito il Poema cri-
stiano e ne fecero ripalpitare nella loro arte tutta l'i'ssenza,
insieme di\ina ed umana.
Vi sono gli artisti pseudo-mistici, pseudo-religiosi, per
i quali l'arte sacra è soltanto una illustrazione iconografica,
possibilmente circonstanziata di precisi riferimenti storici
e archeologici delle Scritture ; nelle loro opere manca,
però, ciò che è l'intrinseco, l'essenzaiale dell'arte religiosa:
la commozione mistica, quel palpito di umanità commossa di
sé stessa, del proprio destino e insieme del mistero e del
dramma della vita, senza del quale i perso)iaggi sacri, presi
a raffigurare, non sono che le comparse <\sose e scipite di
una qualsiasi messa in iscena.
Anche a non essere panteisti, si sa che il divino può
essere in ogni cosa in ogni forma, se viste con quello spi-
rito superlativamente commosso e poetico che è alla radice
di ogni eletta arte: per il pittore vero artista ogni pennel-
lata è un atto di devozione e di omaggio reso alla vita « bella
e buona » — come diceva Socrate: — alla divinità delia vita.
Solo se possiede un tale tesoro di umanità, l'artista impren-
dendo a distinguere storie religiose potrà fare arte religiosa.
Ora cotesto dono il Donatilo possiede indiscutibilmente.
Ve ne sono riprove lampanti nell'arte sua: quella di saper
prestare sentimento religioso anche a fatti soltanto umani;
S8
e, a riscontro, quella di saper trasportare in un'attualità pal-
pitante anche fatti sacri, la cui trascendenza e solennità
sembrerebbero essere remotissime, ormai, dallo spirito così
avvelenato di positivismo e tanto digiuno di sentimento poe-
tico e favoloso della vita moderna. E tutto ciò si con giunge
nel Donati ad una facoltà fuor della quale non esiste vera
arte: reffìcacia e padronanza dell'espressione, l'evidenza e
l'armonia della forma.
Egli è un « maestro » nel senso originario e più vero della
parola : esperto di tutte le tecniche — specialmente quella
che fu un tempo vanto glorioso dell'arte italiana — l'affre-
sco; — le quali egli insegna, insieme ad ogni altra norma
dell'arte, alla Scuola di Arte Applicata di Verona.
Ha affrescato varie chiese e cappelle del Veneto: la
« Cappella dei Caduti » a Verona, quella di Santa Croce del
Breggio nel Trentino, e quella « Cappella della Vittoria »
nel Sant'Apollinare di Ravenna, nella quale ha saputo ele-
vare le figurazioni della nostra guerra cosi acerrimamente
realistica e moderna al cielo poetico dell'epos e della storia,
senza cadere tuttavia nel retorico e nel manierato, tro-
vando quel diffìcile quid medium fra la realtà e lo stile in
che consistono, appunto, il segreto e la misura della trasfi-
gurazione artistica.
Il Donati ha esposto altresì nelle principali mostre ita-
liane ed estere; alla Internazionale di Venezia e alla recente
Mostra d'Arte Sacra, dove una sua originale « Via Crucis »
ottenne la medaglia d'oro.
1. La « Crocerossina » 3. L'Abete
2. Idillio 4. La Madonna del Mulino
5. Notturno
ILDE DONATI DELLA PORTA
È veronese, moglie di Carlo Donati. Seguì prima a Fi-
renze i corsi del Magistero Femminile, poi, tornata a Verona
si mise a studiare pittura, airAccademia diretta da Napo-
leone Nani. Alia miniatura si è applicata solo di recente, i
suoi primi lavori furono dei quadretti a olio. Studiò a Ve-
rona ia pittura sull'avorio, in questi ultimi tempi caduta
in disuso o praticata solo da mestieranti, ha ricevuto dalla
sua arte sottile, sensibile, affettuosa una vera riconsacrazione.
Senza varcare i limiti che sono assegnati alla miniatura dal
suo stesso carattere di pittura induj^iata e tenue, la Donati ha
saputo trarla dalla meschinaggine d' un mèro giuoco di abi-
lità manuale, innalzandola alla nobiltà e alla verità dell'au-
tentica arte. Alla squisitezza del colorito ella ha unito un raf-
finato senso della composizione e una visione stilistica tutta
intuitiva e piena di naturalezza, accomunando due ele-
menti che cosi difficilmente si armonizzano: la poesia pit-
torica e la fedeltà al soggetto.
Le due fìgurette, impaginate deliziosamente, per entro
i toni chiari degli interni moderni, suggeriscono una poe-
sia affettuosa un po' nostalgica alla Laforgue. Sono tal-
volta delle vere e proprie liriche, dei poemetti tenui e
squisiti, come / due cugini. Vedendo questi quadri mi-
nimi, dipinti con una sottigliezza che è pari al senso
ideale delle forme, si pensa a Carpaccio, ai più intimi « in-
ternisti» fiamminghi, alle miniature persiane e cinesi —
eppure essi sono essenzialmente «moderni » e al tutto liberi
di qualsiasi preconcetto culturale. Il segreto di questa arte
delicata sta tutto nella gentilezza dell'animo di cui è l'espres-
sione. A questo proposito un aneddoto. Una volta Carlo
Donati disegnò della moglie un ritratto nel quale ella rav-
visò una tal quale idealizzazione delle sue fattezze: allora
con garbato tratto di spirito, pieno di amorevolezza, ella
scrisse sotto la propria immagine questi versi nel delizioso
e arguto dialetto veneto:
Cosa me importa a mi se no' so bela
se go el marito mio che fa el pitore,
90
el m'à disegna qua come 'na stela;
cosa me importa a mi se no son bela?
M. T.
1. Paola Ojetti (proprietà 3: Ritratto d'artista
Ugo Ojetti) 4. La Contessina Andry
2. Cecilia Buffoni
Proprietà del Conte Carlo Palazzoli
5. I due cugini 6. Le mie bambine
Leonardo DUDREYILLE
Quando si scriverà la storia della nostra giovine arte,
distinta in due capitoli corrispondenti alle sue parti —
« Iconoclasti » e « Convertiti » — bisognerà dare a Leonardo
Dudreville un buon posto tanto nel primo che nel secondo.
Dudreville, nato a Venezia nel 1885, ha avuto egli pure la
sua scarlattina futurista (ma si dice che certe febbri sono
febbri di salute), durata forse un po' più del necessario. E
siccome ingegno ne ha dalla nascita, scintille ne sprizza-
vano anche da quella sua prima maniera. Certe tele erano,
almeno per noi profani, della stravagante tappezzeria, ma
ricca di fantasia e di colore.
Ora il libro della sua arte è aperto ad una rubrica la
quale dice : « Incipit vita nova ». E che po' po' di rivolu-
zione sia avvenuta nella mente del giovine pittore ce lo
dice il suo nuovo credo : « Idee chiare, chiaramente espresse ».
Il Dudreville, soggiorna e lavora a Milano.
(Da un profilo di Vincenzo Bucci)
Dipinti a olio
1. Un caduto 2. Riviera 3. Paese
Nicola FABBRICATORE
Di Napoli.
i. Studio (Pastello).
91
Alberto FALCHETTI
E' nato a Torino da padre pittore che lasciò degna orma
di sé nella pittura piemontese di nature morte e paesaggi
all'epoca romantica.
Seguì dapprima la tecnica paterna, ma avendo con quella
iniziato a studiare direttamente dal vero, cominciò presto
a dimostrare una sua spiccata personalità.
Visse allora molto in montagna ove ebbe rapporti d'a-
micizia col Segantini, alla cui arte divisionista si sentiva
portato Poi andò in Francia ed Inghilterra ove studiò e co-
nobbe il pittore Solm Sargent, col quale viaggiò e dipinse
in Oriente. Continuò dopo a viaggiare conoscendo- le mi-
gliori gallerie d'arte d'Europa.
Abbandonò grado grado la tecnica divisionista per ser-
virsi di una sua tecnica più libera e più larga con la quale
tradurre più immediatamente la vivacità della sensazione.
Sono della prima e dell'ultima epoca le sue opere più
note che furono acquistate da varie Gallerie, fra le quali
quella Nazionale del Lussemburgo di Parigi. Ottenne premi
a Torino, Bruxelles ecc.
Attualmente ama dipingere la figura umana in pien' aria,
aspirando a rendere la poesia e la grandiosità della mon-
tagna insieme alla intensa e sublime emotività della natura
umana nelle scene piene di lirismo della vita pastorale.
1. Donne delle Alpì^ n. 8 impressioni (Dipinti a olio).
Francesco FANELLI
E' livornese e allievo di Giovanni Fattori. Visse e lavorò
per molto tempo a Torre del Lago, sulle rive del Massa-
ciaccoli, e le sue tele ripeterono il molteplice incanto di
quei luoghi, fra monte, lago e mare, che anche il Nomellini
amò e dipinse. Ora abita a Viareggio, in solitudine, da sem-
plice e da forte, che ama assai più l'arte sua che non il
92
consenso degli uomini. Dipinge con la schiettezza che è
propria della sua scuola, non preoccupandosi di tecniche e
di teorie. Predilige della natura gli aspetti tenui e malin-
conici.
1. Ritratto di Tibarzi 2. Tacchino
NiNA FEEEARI
Frequentò per circa due anni la « Scuola di Disegno per
gli operai » di Reggio Emilia, dove è nata nel 1878. Più tardi
studiò a Venezia con Luigi Nono e quindi a Firenze con
Francesco Gioii. Si dedicò in seguito alle acqueforti fre-
quentando la scuola di Celestino Celestini.
Espose nella prima Esposizione italiana d'incisione a
Milano, dove due sue acqueforti furono acquistate dalla
Galleria Sforzesca; poi a Londra nell'Esposizione Italiana
prò Croce Rossa, una delle due incisioni fu acquistata dal
Museo di Toliio ; in seguito alla « Francesco Francia » di
Bologna, a Torino, a Milano, ecc. La critica segnalò spesso
ed ebbe a lodare le sue incisioni. Una delle sue «punte-
s ecche », si trova nella Galleria Nazionale di Roma.
Quattro puntesecche
Niccolo' FERRAZZANO
È nato in Napoli, il 24 marzo 1883; ha studiato scultura
con quell'insigne artista che è Achille D'Orsi, all'istituto di
Belle Arti napoletano, dal quale è escito licenziato nel 1907.
Ha partecipato a tutte le mostre napoletane d'arte.
Poi, trasferitosi a Parigi, ha esposto nei vari salons. fa-
cendosi apprezzare e notare.
È artista corretto e studioso.
1. Figlio del mare {Bronzo)
93
Guido FERRONI
Nato a Siena il 19 febbraio 1888, il Ferroni è un autodidatta.
L'afflizione della sua vita è quella — oggi comune a molti artisti
— di non poter dedicare tutto il suo tempo all'arte - co-
stretto com'è a far l'insegnante. Venuto a Firenze da ragazzo
e avendolo il caso portato a contatto con dei pittori, egli
s'innamorò della pittura. I suoi primi lavori furono dei boz-
zetti in cui dominava la preoccupazione dei rapporti, spe-
cialmente accarezzati nelle tonalità più fredde e chiare : la
quantità del colore sovrabbondava in una tecnica materiosa,
che aveva alcunché della ceramica. Senonchè si notava di
già un'aspirazione timida e vaga verso le forme sintetiche
ed espressive,
I riflessi dell'arte dei post-impressionisti francesi, poco
dopo, influirono decisamente sul Ferroni, introducendo nella
sua pittura il bisogno di uno stile più emotivamente espres-
sivo e meno imitativo più arditamente sintetico. Ma cotesta in-
fluenza rimaneva tuttavia esteriore all'intimo temperamento
del pittore, in un ambito meramente intellettualistico. Pure,
anche in cotesti schemi provvisori e presi a prestito, la sen-
sibilità coloristica e stilistica del Ferroni si andava afflnando
e si approfondiva. Egli si avviava sempre meglio a divenire
quello che oggi si dice un « espressionista » — pleonasma
di cui ha sentito la necessità la nostra epoca, succeduta ad
un'altra in cui Parte aveva smesso davvero di esprimer qual-
cosa, per « impressionarsi » di lutto...
In una terza maniera il Ferroni — coinvolto in quella
crisi cerebralistica che aveva atterrato l'arte tre o quattr' anni
or sono — esasperando le sue ricerche di espressività colo-
ristica e grafica, era giunto a resultati né definitivi né del
tutto convincenti, ma che dinotavano in lui il bisogno as-
siduo e tormentoso di una espressione maggiormente ade-
rente alla commozione del proprio spirito che non alle de-
libazioni e ai titillamenti della propria rètina.
94
V'era certamente del partito preso e deirarbitrio intel-
lettualistico in quel suo ridurre il colore ad una insistente
€ monotona variazione fra il verde il giallo e il grigio più
mortificati e pesti e nel vedere tutte le forme sotto la specie
di un geometrismo stoico desolato e arcigno da pianeta fal-
lito. Ma pure in mezzo a cotesti trascorsi e a coleste esage-
razioni — preferibili, comunque, alla sicurezza esosamente
placida e assennata di cert'arte edonistica, piacevolastra e
abitudinaria — si affacciavano qua e là, in qualche tela,momenti
di una spontanea emozione, sgorgante nel lirismo cromatico
e grafico tenue e delicato di uno spirito fondamentalmente
timido e melanconico, in cui la nota più lieta era talvolta
quella di un prato nuovo sfrisato da un solicello bagnato
d'aprile, negli ultimi raggi pomeridiani che allungan l'ombre
nostalgicamente.
In questo trittico — Vita umile — col quale il Ferroni
si presenta alla Fiorodina Primaverile — la sua arte appare
ancora maggiormente purgata dalle scorie della ricerca stili-
stica e del conato espressivo e si avvicina assai da presso a
quella emozionalità monda d'impacci formali in cui lo stile
più esiste, appunto, in quanto è più dissimulato, meglio
coniugato e assorbito nella immediatezza e felicità della
espressione. Queste scene dell'adagiata e umile vita
del subborgo pistoiese — espresse con tanto pulita e ade-
guata sobrietà e squisitezza di segno e di colore — le senti
adagio adagio, venir dagli occhi neiranimo, elaborate cosi
come sono, dallo spirito del pittore, in mèra essenza di emo-
zione pittorica, (ed anche poetica), purificata di tutte quelle
piacevolezze, sensuose o sensibilesche, volgari o raffinate,
per cui certa pittura macchiaiola o post-macchiaiola è ri-
masta nel limbo delle ghiottonerie cromatiche.
Cosi, con questo trittico, il Ferroni si riallaccia — come
aveva tentato di farlo sempre per il passato — a quella casta
e pacata tradizione toscana che era stata già gloriosamente
rinnovata dalle opere più intime dei Macchiatoli.
Mario Tinti.
1. Vita amile - Trittico (olio).
95
EosY FESTA SACERDOTE
É di Torino, dove studiò col Pollonera della scuola
Fontanesiana. Ha partecipato alle principali Mostre nazio-
nali ed estere, a Parigi, Monaco, Londra, ecc.
1. Sole di Agosto folio).
Cafiero FILIPPELLO
Un giovane che meriterebbe la più alta lode soltanto
per la tenacia e la fede con cui ha lottato contro difficoltà
di ogni genere per farsi un posto ed un nome nell'arte. È
un descrittore e un coloritore efficace della vita famigliare
e le scene che egli ritrae con una tavolozza tutta vibrante
di toni accesissimi, appartengono quasi tutte a quell'intimo
cerchio di poesia, talora ingenua, talora profonda.
Entusiasta della sua arte, è un lavoratore assiduo, infa-
ticabile.
Guido Venarelli
Dipinti a olio
1. Orgoglio materno 2. Babbo ritarda •
3. Pietosa menzogna
4. Scalo di navicelli nella vecchia Livorno (Disegno)
GaRZIA FIORESI (Alfredo Grandi)
Nato a Bologna nel 1888, compi regolarmente gli studi
nella Accademia di Belle Arti della città nativa. Poi, dal
1909 fino all'armistizio, fu quasi sempre occupato dal servizio
militare e dalle guerre (guerra di Libia, guerra mondiale,
talché soltanto da pochi anni ha potuto dedicarsi intieramente
all'arte prediletta, in cui ha saputo a poco a poco acquistarsi
una fisonomia originale. Ha esposto tre volte a Venezia (1912-
1914-1920), tre volte alla Secessione romana; e, recentemente,
alla 1^ Biennale romana (1921). Nelle mostre annuali della So-
cietà «Francesco Francia », in Bologna, ha riportato più volte
96
il primo premio. Pittore di fìgm'a, egli predilige gli interni
ove i personaggi si atteggiano in mezzo ad effetti di luce
tranquilla. Ha un segno sicuro e plastico ; il suo pennello è
espertissimo nei toni in minore e nella gamma tranquilla,
a cui nuoce solamente la tendenza alle tinte tenere e sorde.
Ma gli ultimi suoi quadri mostrano già un senso più chiaro
e più gioioso del colore pulito.
(Dipinti a olio)
i. Mamma e bambina 5. Profughe
2. La nonna 6. Spiaggia di Napoli
3. Soldato 7. Calanchi
h. Figura 8. Savena
Aristide FOÀ
Nato nel 1876, a Monticelli d'Ongina, in provincia di
Piacenza, dimostrò fin da giovanissimo una viva passione
per le Arti e specialmente per la musica e per la pit-
tura. La famiglia lo avviò, contrariamente alla sua aspi'
razione^ agli studi di ragioneria. Rimasto orfano ancor gio-
vanetto e senza risorse, divenne maestro elementare — pro-
fessione che esercita tuttora per sopperire al mantenimento
della famiglia. Ma seguitò tuttavia a studiare, senz'altro
aiuto che la sua vivissima passione.
Verso i trentacinque anni la lettura del Poema di Dante
agi fortemente sopra la sua vita sentimentale a fantastica.
« La visione del regno dello spirito — scrive il Foà —
dagli abissi infernali, agli splendori del Paradiso, descritta
con parole di bronzo, diede forma concreta alle nebulose
originate nella mia mente dalle precedenti esercitazioni
spirituali. E così, senza averlo né provocato nè}^desiderato,
nacque in me il bisogno di schiudere il cuore e la mente
e di far cosa che fosse l'espressione del mio sentimento e
di tutto il mio essere ».
97
« L'interesse destato in varie persone dalla mie prime
tavole illustranti Ja Divina Commedia, m'impose il coraggio
e la costanza di dedicare a quest'opera parecchi anni di la-
voro continuo e tormentoso.
Illusi razioni dantesche
Ruggero FOCARDI
Ruggero Focardi nacque a Firenze il 16 luglio 1864, ma
trascorse pnrte della sua giovinezza a J^ondra, dove lavorò
e si fece molto stimare. In Toscana il suo soggiorno predi-
letto fu Settignano, dove Telemaco Signorini lo scoperse,
una trentacinquina d'anni or sono, e lu incoraggiò subito
a proseguire nella via intrapresa, cioè sulla via eterna del
vero. La sua dote principale è difalti la spontaneità, la fre-
schezza, unita ad uno spirito di osservazione indipendente
e sincero. Cosi benché innamorato del Maestro, andò via via
ritrovando una personalità che nell'età matura si affermò
vittoriosa. Nei suoi dipinti si ritrovano la poesia schietta
dei nostri campi, delle nostre colline e, in certe figure, il
sapore e i ricordi dei maestri della Rinascita. Ritrattista,
marinista, paesista, acquafortista e pittore, nessun ramo delle
arti del chiaroscuro gli è ignoto. Si ricordano di lui « 11
giuoco delle boccie », che è a Buenos Ayres, «Il mercato di
Settignano» e «" I guardiani di capre» nella Galleria d'Arte
Moderna di Roma; ma anche in quella di Firenze fu accolto
ed opere di questo artista fecondissimo sono sparse in tutto
il mondo. Scrittore agile e brillante, ha sostenuto a somi-
glianza del suo maestro, polemiche appassionate. L'insegna-
mento, a cui si è dedicato con amore, formando allievi
notevoli — fra cui il figlio Piero (che non lo imita ma batte
una strada propria) — non lo ha distolto dal lavoro. L'anno
decorso espose a Venezia « La testa in bronzo » del pittore
Nomellini e quest'anno, a Firenze, fece una esposizione per-
sonale in cui si ammiravano, oltre a una quantità di ritratti,
98
composizioni e impressioni vere e proprie, anche «Un nudo
di donna » magistralmente costruito e quattro « Crepuscoli »
di superba fattura. Le tinte di questo artista sono giovanil-
mente fresche come gli stornelli toscani ; egli ha visione
larga, tavolozza ricchissima e può dirsi un rappresentante
vivente e magnifico nei gloriosi « Macchiaioli ». F. P.
Dipinti a olio
1. Dopo la pioggia 2. Giornata grigia
Eaffaele FOSSATARO
Di Napoli.
L Notte (olio).
Piero FRAGIACOMO
E' nato a Trieste nell'aprile del 1854. Inutile tesserne la
biografia. Passa per uno dei maestri più celebri del paesaggio
in Italia. Vive a Venezia. Ha esposto in centinaia di mostre
nazionali, internazionali e straniere ; tutte le maggiori gal-
lerie del mondo, da quella di Venezia a quelle di Roma, dal
Lussemburgo a quelle di Vienna e di Berlino posseggono
opere sue. E' stato commissario di gran numero di esposi-
zioni; fa parte del Comitato direttivo di quella di Venezia.
E' il poeta delle tinte morbide e delle visioni dolci, un poco
grigie, raccolte tranquille e sentimentali. S. D.
1. Canale della Giudecca 4. Interno
2. Al vento 5. A Cer vignano
2. Pescatori 6. Casa abbandonata
7. In panna
Riccardo FRANCALANCIA
Non sappiamo quale e quanto onore rendiamo all'Arte
presentando i saggi di Riccardo Francalancia come un pic-
colo dono quasi miracoloso. Francalancia è pittore di storia
99
assai recente: e deve tutto alla scoperta, incoraggiata poscia
da amici benigni, di una specie d'ignorata eredità pittorica
di cui la sua natura ha voluto custodire gelosamente il se-
greto sino ad oggi. Dopo rapidi assaggi egli è riuscito a pren-
dere contatto con la pittura per una specie di scorciatoia
che gli consente — piccolo omaggio reso ai ritardatari
— di evitare quelle comuni esperienze di fronte alle quali
la personalità di un artista riesce a trionfare od è obbligata
a piegarsi. I suoi saggi sono l'espressione di un'ottimismo
bucolico, o di un'ironismo critico verso i quali va piena di
credulità e di curiosità la nostra anima altrove torturata ed
ofifesa . Innamorato com'è della bellezza che gli occhi soltanto
sanno scoprire e godere, le sue immagini sono integre e felici,
senza traccia di dubbio e di tormento, innocenti nella loro bea-
titudine. Xè la grazia delle sue visioni manca, nell'espres-
sione, di uno stile che ci sorprende per la perizia e la ma-
turità.
Ma non vogliamo nascondere che tanta fortuna ci fa
quasi tremare. Ond' è che mentre vorremmo augurare al
nostro di solcare un po' più a fondo per gustare sapori più
dolci o più amari, d'altra parte temiamo di lui se dovesse
rompere il cerchio nel quale lo costringe natura.
Soltanto un lavoro più sistematico che sappia non abu-
sare di diletto, potià darci su Francalancia la risposta signi-
ficativa che attendiamo. M. B.
Dipinti a olio.
1. Lo specchio 4. Bovi
"2. Begonie 5. Paese
3. Assisi Disegni colorati
Francesco FRANCHETTI
È nato a Livorno nel 1878. E' un orientale, di origine
e di temperamento; e la sua arte, e in ispecie la sua tavo-
lozza di acceso colorista, è veramente lo specchio del suo
100
temperamento ; il quale ha trovato, inoltre, una consonanza
perfetta negli aspetti delle città e delle campagne della
Tunisia e dell'Egitto, dove il Franchetti ha molto viaggiato
ed ha soggiornato a più riprese. 11 suo colore è per lo più
denso, vellutato, caldo, oppure soffuso ed evanescente come
gli aspetti delle terre africane, esasperati o illanguiditi dal sole.
M. T.
1. Rose f dipinto a olio)
Theodora FRANCHINI-STAPPO
E' di Verona, dove fece i suoi studi all'Accademia di
Belle Arti Cigna roti. Espose alle « Giovanili » di Napoli del
1911 e 1912.
1. Anima afflitta.
Geralda FEANCIOSI
E' nata a Vecchiano (Pisa) nel 1898. Studiò col Gordi-
giani.
1. Ritratto. 2. Figura con paese.
Cesare FRATINO
Il giovanissimo pittore milanese, si è da tempo affer-
mato con solida autorità e con un carattere altamente per-
sonale e interessante.
Nato a Milano nel 1886, studiò a Brera, ove ebbe a mae-
stri il Tallone e il Mentessi.
Cosi, mentre il primo lo avviava alla figura e al ritratto, il
secondo lo appassionava alle visioni architettoniche, che do-
vevano, più tardi, costituire la prerogativa dell'artista origi-
nalissimo. Dalla fusione di queste due tendenze, dalla tenacia
delle ricerche, dal costante amore per la sua arte, deriva-
rono infatti le caratteristiche di Cesare Fratino, affermate,
oggi, nell'uno e nell'altro campo. Che, vicino ai suoi nume-
101
rosi ritratti, larghi, solidi e schietti, noi possiamo ammirare
una serie ricercatissima di acqueforti, potenti di disegno e
di suggestione. Ma la grande passione di Cesare F'ratino è
il teatro. Le sue composizioni sceniche nelle quali, appunto,
le qualità architettoniche si completano e si allargano con
la ricchezza della fantasia e del colore, hanno dato ai mi-
gliori teatri nostri un serio e severo documento di possibi-
lità di riforma in un campo tutt'ora invaso dalla piatta e
banale scenografia tradizionalistica.
Uscito dall'accademia di Brera ottenendo tutti i premi e
i concorsi accademici nel 1913. il Fratino vinse la gara del
Pensionato Nazionale per la Pittura. Ma dopo due anni di
permanenza a Roma egli abbandonò il posto perchè la sua
indipendente e fiera anima d'artista mal sopportava l'indif-
ferenza e l'abbandono in cui veniva lasciata dalle autorità
tale istituzione. E tornò a Milano. E da allora la sua attività
si svolse eclettica dal ritratto, al paesaggio, dall'incisione
alla decorazione. Appunto in quest'ultimo campo, egli, Tanno
scorso, vinse il Concorso per la decorazione figurativa del
soffitto della chiesa degli Scalzi a Venezia, che vide distrutto
durante la guerra il meraviglioso affresco Tiepolesco. Tutte
queste vittorie non impediscono a Cesare Fratino di perse-
guire con costante fatica una sempre maggiore robustezza
nelle sue affermazioni artistiche, né gli tolgono, sopratutto,
la sua caratteristica principale: una incomparabile modestia.
Giuseppe Adami
{Dipinti a olio)
ì. Un mattino di Settembre 3. Fragilità
2. In giardino Sei bozzetti scenografici.
Quattro acque forti.
FraxXcesco galante
Francesco Galante, nato in Magherita di Savoia, prov. di
Foggia, il 4 novembre 1884, ha iniziato la sua carriera
102
artìstica come illustratore di libri e riviste, poiché le sue
condizioni economiche, oltremodo precarie,, non gli consen-
tivano di dedicarsi esclusivamente alla pittura.
Ma, con fede tenace, e con assiduo lavoro, ha saputa
ben presto imporsi al pubblico dei compratori e alla cri-
tica.
Artista instancabile e tormentato dallo spirito di ricerca,
pieno di nobile fervore, concepisce la propria arte con sana
modernità d'intenti, in una continua tensione dello spirito
verso ciò che è bello, nuovo, ardito. La sua pittura chiara
fine, armoniosa — in cui s'affaccia una lieve tendenza de-
corativa — ha doti di eleganza e di signorilità tutt'altro che
frequenti al giorno d'oggi e alle quali va unita una bella
franchezza di disegno, rifuggente da ogni trucco e da ogni
imbellettatura.
Nel numero dei giovani veri artisti italiani, Galante ha
un suo posto ben determinato, guadagnatosi onestamente,
nelle più ardue e strenue competizioni, a viso aperto.
Giunge alla Primaverile di Firenze, dopo il lusinghiero
successo delle principali mostre nazionali ed internazionali.
Federico Petriccione
Dipinti a olio
1. Vecchie case fischia) 4. Le amiche al telaio
2. Tramonto (Ischia) 5, Margellina
3. La famiglia 6. Le amiche
Raffaello GAMBOGI
E' nato a Livorno nel 1876. E' stato uno degli allievi pre-
diletti di Giovanni Fattori: pittore essenzialmente toscano^
egli ha con squisita sensibilità interpretato la poesia delle
nostre campagne, dando alle sue pitture il carattere di una
ricerca analitica e profonda e i colori di una smagliante
tavolozza. Alcuni suoi lavori si trovano alla Galleria d'Arte
Moderna a Firenze : altri in Finlandia, dove lavorò per lungo
103
tempo, e in molte collezioni private. Ha esposto in tutte le
principali esposizioni italiane ed è stato premiato moltis-
sime volte. Ricordiamo tra i suoi quadri più noti: Le Pazze*
La raccolta delle olive, Oli scogli d'Antignano. Vive attual-
mente all'Antignano, dove ha posto il suo studio in una
^asa di contadini. Cipriano Giachetti.
Di pili li a olio
1. Mattino d' estate 2. Pineta
3. Antignano
Roberto Pio GATTESCHI
Poeta assai noto e pittore, travolto, nei primi anni, da
fiere avversità, fu costretto a esercitare per alcun tempo la
consulenza civile. Quindi abbandonò la toga, attirato da una
irresistibile vocazione all'arte, e riusci ad imporsi all'atten-
zione del pubblico. Ritrattista corretto e solido, nei paesag-
gi emerge la sensibilità squisita e la personalità del poeta ;
i suoi quadri sono luminosi, fluidi, circonfusi d'aria traspa-
rentissima, le sue tinte morbide, gradevoli. Adora le solitu-
dini dell'alta montagna e le grazie delle colline toscane.
È un autodidatta. F. Paolieri.
1. Cascina rosa 2, Pagliai
3. Chiaritudine a Mastreghi
Francesco GATTI
È nato ad Altavilla (Monferrato)) nel 1873. È un Te-
nente Colonnello che negli ozi della pace ha scoperto in
s è stesso la vena dell'artista. E" un autodidatta.
1. Ritratto di giovane boxeur fiorentino (gesso).
Saverio GATTO
Saverio Gatto, nato in Napoli, il 24 ottobre 1873, è una
figura curiosissima e interessantissima di artista.
104
Quando abbandonò, fanciullo, gli studi classici, volle
dedicare la sua ardente giovinezza al mare. Fu dapprima
mozzo, poi capitano di cabotaggio.
Ma, irrequieto e indisciplinato, ebbe presto a stancarsi
della vita marinara. E divenne scultore.
Allievo di Achille D'Orsi, non tardò a fare onore al mae-
stro. Una Testa di fanciullo, inviata coraggiosamente al Salon
di Parigi, nel 1906, mise presto in luce il talento di Saverio
Gatto, che ebbe poi un autentico grande successo alla Mo-
stra Internazionale di Barcellona^ meritando una medaglia
per il suo Ragazzo che piange, squisitamente ricco di « hu-
mour » e fortemente espressivo.
La nota che predomina nella sua arte è la ricerca assi-
dua per un'esatta caratterizzazione. Talvolta questa ricerca
è tormentosa addirittura : Gatto accentua i tratti caratteri-
stici intensamente, in maniera da generare una espressività
tra grottesca e caricaturale, che gli dà una schietta indivi-
dualità.
Altra preoccupazione di questo artista è di rendere scru-
polosamente il volume e il movimento. E forse per tal ra-
gione adora la scultura policromata, poi che nella colora-
zione delle sue terrecotte egli cerca di dare più che mai la
sensazione calda e fremente della vitalità che egli teme vada
dispersa nelle riproduzioni in bronzo e, più ancora, nella
traduzione del marmo bianco e gelido.
(Sculture in terracotta).
1. Suonatore d'organetto 4. Carmela
2. Suonatrice di chitarra 5. Donna con ventaglio
3. Suonatrice di cembalo 6. Ritratto di signora
7. Provocatrice
Valmore GEMIGNANI
Nato a Carrara nel 1878 studiò all'Accademia di Firenze,
Il suo esordio fu lusinghiero, perchè espose alla Promotrice
105
un ritrattino in piedi (figura intera) di Giovanni Fattori che
gli fruttò le lodi del grande maestro. In seguito si recò in
Germania dove dimorò alcun tempo e vi ebbe dei successi.
Ritrattista e anche animalista, dalla steccata nervosa e si-
cura, solido ed espressivo, il Gemignani s' è specializzato
nei bimbi di cui si sforza di rendere l'ingenuità, modellan-
doli coll'amore dei nostri maestri della Rinascita. Il Gemi-
gnani, un solitario e sdegnoso, non è mai un mestierante,
ma nei suoi lavori c'è sempre il soffio fresco d'una ispirazione.
A 20 anni ha esposto per la prima volta a Venezia e la
sua opera fu acquistata pel museo di Costantinopoli. Da
allora ha sempre esposto nelle mostre internazionali di Mo-
naco, Berlino, Parigi, Venezia, Roma; e nazionali di Torino,
Milano, Firenze, riportando ovunque notevoli successi; a
Parigi ha avuto un diploma di medaglia d'argento per una
sua opera in ceramica. Egli ha eseguito per il palazzo co-
munale della città di Charlottemburg una fontana, riceven-
done l'incarico dall'Imperatore stesso.
Ha vissuto molti anni all'Estero e cioè in Germania, nel
Belgio, in Olanda e ultimamente a Buenos-Ayres, dove ha
eseguito lavori importanti.
1. Musica (marmo) 2. Opere in ceramica
Giulio GHELARDUCCI
Si è fatto da sé con lo studio serio e costante del colore.
Artista che conosce tutte le inquietudini amare e tutti i tor-
menti della ricerca di un'espressione lirica, ma, se nelle sue
tele appare talvolta un che di indeciso e di tormentato che
rivela la sua febbre, non è meno vero che anche nelle sue
cose più tormentate il colore è trattato e risolto felicemente,
sia nelle luci d'ambiente, sia in quelle vivide e scintillanti
dell'aria aperta. Appartiene al «Gruppo Labronico ».
Guido Vivarelli.
1. Raggio di sole (Dipinto a olio).
106
Giulio GIACHETTI
Di lui pubblichiamo i seguenti cenni autobiografici :
« Sono nato a Firenze il giorno 8 Ottobre 1887. Feci i miei
studi alla R. Scuola Professionale delle Arti Decorative di
Firenze, dove per la verità, imparai poco o nulla, come acca-
de quasi sempre in tutte le scuole d'Arte. Lavorai in seguito
di decorazione sotto varii maestri e imparai a dipingere a
tempera e a fresco sulle pareti, ma abbandonai dopo alcuni
anni questo genere di pittura e mi dedicai completamente
alla pittura ad olio. Feci la mia prima Esposizione personale
nel 1908 in via delia Colonna a Firenze, con una ventina fra
disegni e dipinti, alcuni dei quali rifiutati dalla Promotrice di
Firenze. I primi quadri da me esposti a questa mostra fecero
storcere la bocca a molti, ma proseguii lo stesso per la mia
strada senza mai pentirmi di quello che facevo.
« Nel 1914 fu acquistato all' Esposizione della Promotrice
un piccolo quadretto intitolato «Educande » per la Galleria
d'Arte Moderna di Firenze. Negli anni successivi esposi in
varie esposizioni d' Italia e feci pure delle mostre individuali.
Ultimamente fu acquistato un mio quadretto intitolato « Sca-
ricatore » per la Galleria Nazionale di Lima ( Perù ). In
tutti questi anni di vita artistica sono stato sempre alie-
no dal ricorrere a strade traverse o truccature per giungere
a risultati artistici immediati. La mia pittura è sempre quel-
la dei primi anni e soprattutto toscana - Chi è nato in questa
terra maravigliosa, come sono nato io, non può fare a meno
di amarla profondamente.
(dipinti a olio)
1. Riposo 3. Cavalli in riposo
2. Inverno 4. Ragazzi
5. Paesaggio
Maria Fernanda GIACHETTI
E' nata a Firenze nel 1899. Studiò con Alberto Zardo.
1. Testa di vecchia (olio).
107
Ugo GIANNATTASIO (Gruppo « valori plastici ^)
Fra i giovani artisti intolleranti delle abusate consuetu-
dini della pittura d'oggi, Ugo Giannattasio ci risulta fra co-
loro che si prodigarono a quegli eccessi verbali e formali
da cui talvolta si fa pure sentire una aspirazione sincera,
un tormento non ingiustificato. Non per altro vediamo il
primo tempo del suo lavoro occupare la sua intelligenza,
tutt'altro che non avveduta, anzi persino maliziosa, in una
serie di esperienze di genere futuristico le quali, secondo noi.
non hanno corrisposto alle ambizioni del fremente artista.
Dopo questa prima fase di lavoro consumata a Parigi negli
aurei giorni della nostra prima giovinezza, la guerra prese
Ugo Gianiiatiasio, e alla guerra egli attese con ardore e con-
vinzione per quasi un lustro. È soltanto da poco '^dunque,
che la sua attività di artista ha ripreso il suo corso in-
terrotto. Ripresa del resto, di buon auspicio, poiché vediamo
l'artista armato di un più maturo ideale cimentarsi con un
metodo tranquillo di lavoro, avido di conciliazione e di os-
servazioni devote.
Le nature morte che il Giannattasio presenta in questa
mostra sono saggi dai quali emerge uno studio sincero e
subordinato ad una concezione guardinga della pittura e
delle sue applicazioni. Esse chiariscono il proposito di un'ar*
tista che si vuol misurare senza infingimenti, senza nascon-
dersi gli ostacoli che insorgono una volta che ci poniamo
dinanzi alle cose senza il sostegno di vane ideologie.
E alle osservazioni nutrite quasi di un crudo realismo
egli corrisponde ottenendo risultati efficaci dei quali se ne
giova la nuova esperienza che sta acquistando.
M. B.
Dipinti a olio
i. Fruttiera S. Il Bricco
S. Bottìglia e bicchieri
108
Fiorentino GIANNETTI (Glanneta Fiorenzo)
È nato in Torino nel 1877, ed è uno degli allievi predi-
letti di Leonardo Bìstolfi. Giovanissimo entrò nello studio
del grande maestro, dal quale attinse i primi elementi della
sua arte. Esordi nelle Esposizioni della Società Promotrice
delle Belle Arti, della Società di Incoraggiamento e degli Amici
dell'Arte, con composizioni che gli acquistarono le simpatie
degli intenditori e dei cultori d'arte. Nel 1906, richiesto dal
Governo Messicano, per le decorazioni del Teatro Nazionale
del Messico, vi si recò e venne scelto come progettista del-
l'esterno del Teatro. Nel visitare i musei messicani, si en-
tusiasmò dell'arte atzeca e tanto si assimilò questa mani-
festazione artistica, che sempre nelle sue opere si affaccia
l'amore grandissimo verso questa scultura essenzialmente
decorativa.
Ritornato in Patria nel 1911, vinse il concorso per la
Galleria Florida di Buenos-Ayres, ed ultimamente ha scol-
pito in Pinerolo il monumento funebre a Pietro Villa.
È pochissimo conosciuto in Italia, e nella stessa sua
città nativa, perchè la sua modestia è molto inferiore al
merito non comune di modellatore e di artista.
1. Saper luitum natiiralis 2. Idoletto f testina in bron-
amor (bronzo) zoj
Giacomo GIORGIS
E' torinese, ma studiò a Parigi alla Scuola di Belle Arti
completando poi la sua coltura col frequentare lo studio
di qualcuno dei migliori artisti francesi. Espose più volle
al Salon dal quale fu promosso « sociétaire ». Ritornato in
Italia per la guerra tralasciò l'arte.
Riprese, una volta congedato, con fede e con amore, il
suo lavoro e i suoi studi e fu ammesso a varie esposizioni ;
109
la Biennale di Venezia, di Roma e di Napoli. Vinse il con-
corso per il Monumento ai Ferrovieri caduti in guerra del
C ompartimento di Torino, e il monumento « al Fante » a
Angera sul Lago Maggiore.
1. Pastore (bronzo)
(Gessi)
2. Il lavoro 3. La vecchietta del dolore
(Disegni)
< Otto studi dei particolari del monumento agli Eroi »
Agostino GIOVANNINI
Nato a Lucca.
1, Scugnizzo 2. BawMno
Dario GOBBI
Nacque a Firenze ventotto anni or sono. Dette i primi
passi nell'arte nello studio del padre, dal quale ereditò la
passione dell'arte. Visse sedici anni nel Sud-America e sei
nel Nord-America, ove dipinse ritratti : ma anche allora col
suo spirito viveva in Italia. Ama considerare sua maestra
la Natura. Pur seguendo con simpatia, con imparzialità ed
interesse ogni sincera e degna manifestazione d'arte, gli ri-
pugna di imitare qualcuno ed è geloso della propria per-
sonalità. Ama gli antichi maestri, ma ispirandosi alla vita
contemporanea, si propone di dipingere uomini che sembrino
« vivi » sulla tela, nell'atmosfera naturale con cui vivono,
sforzandosi di ottenere ciò esprimendosi con semplicità ed
efficacia di mezzi.
1. I sorrisi delVoro. Natura morta (olio)
Emilio GOLA
Il Conte Emilio Gola è nato a Milano nel 1852. Fece i
suoi primi studi al Politecnico, ma una volta ottenuta la
110
laurea in ingegneria, sentì sorgere in sé ben diversa voca-
zione — quella dell'arte. Alla pittura lo iniziò Sebastiano
De Albertis. Ben presto si distaccò come maniera dal maestro
e si distinse fra i giovani colleghi; cominciò a farsi un nome.
Aveva ventisette anni allorché espose a Brera un Intera o
della Sagrestia delle Grazie e una Testa di donna che mise io
in luce le sue qualità di colorista ad un tempo robusto e
raffinato. L'anno dipoi (1880) egli si affermava in modo
ancor più sicuro, esponendo a Torino: Testina di paggio ,
Mendicante, Un ritratto, e alcune delicate ed evidenti mezze -
figure di donna.
Da allora la sua arte si è svolta con una continua e ricca
evoluzione nel senso di un'espressione sempre più pittori-
camente lirica, più libera da impacci formali ed al temp o
stesso più suggestiva.
Dal ceppo della pittura del Ranzoni e del Cremona —
riaffiorare sotto rinnovate forme della lirica chiaroscurale
Leonardesca — il Gola ha innestato una sensibilità e un
accento tutto suo proprio e incomprendibile.
La sua pittura è più sensuale di quella dei suoi, prede-
cessori, più portata alle impetuose spezzature che agli in-
dugiati accarezzamenti. Frutto di un'epoca tutt'altro che ro-
mantica7(come invece fu quella in cui vissero gli aleardiani
eroi della « Scapigliatura »), piuttosto che dell'espressione
intima e sentimentale del soggetto si compiace della corposa
bellezza e dell'evidenza prettamente pittorica del colore.
Il Gola predilige le gamme calde e gravi, in cui il chia-
roscuro sembra circolare nella polpa cromatica come un
sangue vivo, suturandola e plasmando conte sue gradazioni
i diversi piani e i diversi volumi. « Studiando il vero, no n
amarlo servilmente, non imitarlo mai, ma tentar di trovare
in esso lo spunto della propria idea ».
"Questo aforisma del Gola, meglio di ogni altra parola che
noi potremmo aggiungere, caratterizza tutto lo spirito lirico
e soggettivo della sua pittura.
Ili
Eiiiil o Gola è artista dal carattere grave e austero — seb-
bene di umor gaio e cordiale — geloso e intransigente nei
riguardi della probità e della sincerità della propria arte e
dell'arte in genere. A questo proposito vale la pena di ci-
tare, anche per la sdvacità con la quale è narrato^ un aned-
doto che Renato Simoni ha raccontato nello scrivere del-
l'artista un nervoso « profilo ».
«Un giorno, sono già molti anni — racconta il Simoni
— in non so quale piccola esposizione, alla chiusura dei
conti rimase un residuo di 200 lire della somma destinata
agli acquisti ». La Commissione, tra il poco di buono che
aveva davanti a sé, fissò l'attenzione sopra due modestis-
simi quadretti, intendendo di comperarne uno con quell'esi-
guo denaro. Si rendeva conto che si trattava di due opere
meno che mediocri ; ma tant'è, doveva eseguire il mandato
che le avemmo affidato. Fu interrogato anche il Gola:
— Quale preferisci di queste due tele?
— Né l'una né l'altra.
— Lo sappiamo: ma quale ti pare meno brutta?
— Né l'una né l'altra?
— Tuttavia poiché bisogna comperarne una, quale sce-
glieresti?
— Né l'una né l'altra.
— Ma insomma se ti dicessero: « o una di queste due
tele o la morte», che cosa risponderesti?
— La morte.
A parte il tono burlesco col quale il Gola pronunciò
cotesta definitiva risposta, essa era davvero l'espressione
della sua irreducibile probità artistica.
Dipinti a olio.
1. Piazzetta di S. Marco 5. Venezia dal lido
2. Ritratto di signora 6. Testa di giovanetto
3. Studio di un ritratto per 7. Testa di ragazzo
signora 8. Testa di vecchio
4. Id. 9. Un cipresso
112
10. Figura di donna 12. Testa di donna con cap-
ii. Bacino di S. Giorgio a pello
Venezia
Edoardo GOEDIGIANI
E' di Firenze, dove nacque nel 1866. Gli fu maestro il
padre Michele Gordigiani. E' artista colto e ricercatore in-
quieto di modernità. Fin dal 1888 fece esperienze pittoriche
nel senso impressionista che abbandonò in seguito, dedi-
candosi allo studio degli antichi. Quindi per alcuni dipinse
in un divisionismo libero da impacci teorici. Oggi dipinge
senza alcuno speciale indirizzo pur cercando di mantenersi
nella linea delle più recenti ricerche.
Lavorò assai in America^ in Francia e Inghilterra, dove
espose.
(Dipinti a olio)
1. Chiesetta in montagna 2. Il bagno nel ruscello
Giuseppe GRAZIOSI
È nato a Sanguano del Modenese.
L'amore per la pittura egli lo nutriva da tempo : da quando
lo misero a scuola per imparare la storia e geografia ed egli
sui libri di testo e sui quaderni dei compiti schizzava, con
una scatoletta d'acquerello da pochi soldi, profili d'alberi e
figure. Dovevano trascorrere molti anni e le vicende della
sua vita errabonda d'artista dovevano condurlo a Parigi e
metterlo dinanzi alle tele dei grandi impressionisti, di Mo-
net, di Degas, di Renoir, di Gézanne, perchè le sue mani cor-
ressero senza più indugi ai pennelli e alla tavolozza ed egli
si rivelasse pittore. Aveva soggiornato lungamente a Firenze
e, tanto per non derogare dalla tradizione, aveva fatto anche
lui un po' di miseria allegra e scapigliata, in un gruppo dì
giovani artisti: Sacchetti, Soffici, Andreotti. Allora Graziosi
113
studiava i classici e ai classici anche oggi di quando in
quando ritorna, egli cosi libero di spirito e cosi innamorato
del vero. Poi, sempre assillato dal bisogno, spinto dal desi-
derio di conoscere e di vedere, andò a Parigi. Là bisognava
iimanzitutto campar la giornata. Per camparla scombiccherò
quadri, impastò creta: roba commerciale e decorativa. Ma
non era, quello, un mestiere per lui: Medardo Rosso e Ro-
din gli avevano aperto nuovi orizzonti di possibilità plasti-
che, gl'impressionisti gli avevano rivelato il suo vero tem-
peramento e additata la via. E quando tornò in Italia vi si
mise senza più pensare né ai maestri antichi, né ai moderni;
si mise a dipingere ed a scolpire sgombro di preconcetti,
solo con se stesso dinanzi alla verità viva, per coglierla nel
suo momento più vivo, per fermare l'attimo fuggente in cui
si rivelava.
Cominciò, da que' giorni, la serie delle sue tele e delle
sue sculture migliori.
In pittura il metodo di Graziosi è sempre lo stesso : ri-
trarre direttamente, immediatamente, quali che siano le dif-
ficoltà, le complicazioni e le produzioni delle scene da ri-
trarre.
Negli ultimi tempi questa febbre di notazione istantanea,
questa tendenza impressionistica, cosi palese nei suoi quadri,
egli l'ha un poco portata anche nella scultura.
Ma in talune opere si verifica invece un felice connubio
fra la sensibilità moderna e certe reminiscenze classiche,
certe nobiltà e robustezze di contorni che fan ripensare a
Iacopo della Quercia, del quale Graziosi é un ammiratore
fervente. Che Graziosi scultore, pur palesando un continuo
sforzo di rinnovazione, é più tradizionalista di Graziosi pit-
tore. Non il realismo gretto e fotografico, non l'accademia
fredda e compassata, non le contorsioni d'una scultura che
cerca di uscire dalle formule trasgredendo alle sue leggi
eterne; ma solidità di sagome, sempre, ed armonia di linee.
Ma l'arte in cui Grazioli più si scorda de' suoi maestri
114
mpressionisti e più s'abbandona alla fantasia, ruzzolando
italvolta anche nel romanticismo, è l'acquaforte. Là, in quelle
sue bellissime acqueforti colorate, egli sogna ad occhi aperti
e « compone » gli elementi realistici a suo grado, con tut-
t'altri fini.
— Nella pittura (mi spiega l'artista mentre dà una patina
così sapiente ad un suo gesso da trasformarlo in bronzo
colato) nella pittura l'analisi l'ho sempre sfuggita: cerco sol-
tanto di rendere l'impressione coi mezzi più rapidi. Nella
scultura, che è fatta di sagome, cerco la forma solida. L'ac-
quaforte invece mi serve come volo di fantasia, come rias-
sunto dell'una e dell'altra.
(Da un profilo di Vincenzo Bucci).
(Dipinti a olio)
i. La Zia Luigia 5. La chiesa della salute
2. Mattino 6. Trabaccoli
3. Campanaro 7. Stampe
^. Mercato 8. Statuette in bronzo
Pietro GUERRI
E' nato a Montevarchi. Studiò con Rivalla all'Accademia
di Belle Arti di Firenze. E' autore di moltissimi monumenti
commemorativi, e apprezzatissimo come ritrattista. Fu pre-
miato in varie esposizioni.
Tramonto (bronzo)
Alfonso HOLLAENDER
Nato l'aprile del 1845 a Ratibor^ specialista^negli interni
di chiese, animati da figure piene di movimento e "soffusi
di una raccolta, dolce poesia di colore. E' famoso di lui il
bel quadro « Quaresima », ma in tutte le tele di questo pen-
115
soso artista si scorgono tracce di studio indefesso e di una
probità d'espressione e d'intensità d'osservazione. E' anche
ritrattista apprezzato ed efficace. Ha esposto in innumere-
voli Mostre.
(Dipinti a olio)
1. Il coro di Santa Maria 2. Due chierici
Xovella. 3. Marina
Vincenzo IROLLI
Cosa dire di Vincenzo Irolli, nato in Napoli, il 30 set-
tembre 1860, magnifico signore del colore?
Le smaglianti tele, ove è profuso il tesoro della sua ricca
tavolozza, testimoniano meglio di qualsiasi frase delie sue
superbe qualità di artista.
Pittore largo e sicuro, di una forza ed evidenza impres-
sionanti, riscuote oggi la generale ammirazione, dopo avere
per molti anni sofferto in silenzio privazioni ed umiliazioni.
Doloroso a dirsi, l'artista oggi tanto ricercato ha visto,
fino a qualche lustro fa, disconoscere il proprio valore, te-
nere in nessun conto la sua probità e la sua valentia.
Mentre che le più cospicue esposizioni estere (Londra»
Monaco, Berlino, Parigi, Angers, Barcellona) mettevano in
bella mostra le opere di Vincenzo Irolli, mentre che accorti
speculatori stranieri facevano di tutto per accaparrare la
produzione, in Italia si ignorava questo artista fiero ed onesto.
Chiuso e modesto, in serenità e in solitudine, egli lavo-
rava, considerato dai gros bonnets dell'arte e della critica
come un piccolo artefice dedito al basso commercio.
Oggi, finalmente, l'artista insigne è tenuto nel giusto
conto. Prima deìla ricchezza e del lieto successo, quante
amarezze, quante delusioni, quanti scarti alle mostre italiane,
non è vero, Maestro?
116
Ma, pur tra gli scoramenti, mai il dubbio, mai l'atroce
sconforto che spinge al disgusto per la propria arte. Sempre
una tenacia, sempre una fermezza ammirevoli. E una fervida
aspirazione d'arte, un'acuta ricerca verso nuove forme, un
desiderio di nuove conquiste, una ardente smania di rin-
novarsi, «per non morire».
Ecco un esempio magnifico, che additiamo alle nuove
generazioni artistiche.
Federico Petriccione.
Dipinti a olio.
1. Paesaggio 5. Maria
2. Una pausa 6. Autoritratto
3. Gesù morente 7. Dopo il bagno
4^. Pesci 8. Testa (bianco e nero)
Giorgio KIENERK
E' un continuatore, meglio che un seguace dei, Mac-
chiaioli, la cui visione e la cui tecnica egli svolse nel senso
delle ricerche degli effetti atmosferici e luminosi. Mala sua
smania di ricerca non deve farcelo comprendere come un
qualsiasi arido applicatore di formule tecniche, più o meno
scientifiche. E' un nervoso e mite lirico del paessaggio. Mai
contento di sé, perchè mira ad un'espressione sempre me-
glio aderente alla sua sensibilità delicata ed inquieta.
Da molti anni espone alle migliori mostre italiane e
straniere. Nel 1905, avendo vinto il Concorso al posto di
Direttore della Scuola Civica di Pittura a Pavia, fu costretto
ad abbandonare Firenze per cotesta città.
La lontananza dalla campagna toscana, i cui aspetti e-
rano a lui cari in special modo, l'incontentabilità per tutto
quanto la propria tavolozza produceva, fecero si che da
allora attraversasse una crisi artistica che gl'impedi di par-
117
tecipare a molte esposizioni. Ma quella sosta gli servì a
riorganizzare le proprie energie. Dopo il t914, grazie alla
esperienza già acquistata mediante i suoi studi sul divisio-
nismo (1891-96) e alla costante aspirazione di conquistare
un'espressione sempre più personale per sincerità di tecnica
e di sentimento, e che tuttavia si ricollegasse a quella dei
suoi maestri « macchiaioli » — Adriano Cecimi, Telemaco
Signorini e Cristiano Banti — riprese a lavorare attivamente
con sicurezza e senza preoccupazioni. I suoi quadri di pae-
saggo e di figura sono oggi apprezzati particolarmente nel
cerchio degli artisti al Kienerk affini e ch'egli più stima.
Dipinti a olio.
1. Intorno a casa 2. Lavorando al fresco
Vincenzo LA BELLA
Vincenzo La Bella, nato in Napoli, il 24 ottobre 1873,
è artista sensilDilissimo e personalissimo, di belle qualità
pittoriche e di fiae cultura.
I suoi soggetti favoriti sono le larghe composizioni, nelle
quali abbia ad agitarsi, fremente e convulsa, la folla, ch'egli
ama ritrarre con accesa forza di colorista.
Sapiente armonizzatore di tinte, dipinge con calda foga,
dimostrando gusto aristocratico e sicuro senso di invenzione.
Gode chiara fama anche come fantasioso e originale il-
lustratore, esperto decoratore e acuto critico d'arte.
All'Istituto di Belle Arti di Napoli, ove studiò, godè la
simpatia dei suoi insegnanti, che furono Domenico Morelli
e Gioacchino Toma.
(Dipinti a olio)
1. Dalle < Mille e una notte » 2. A Basso Porto
3. Mascherata
118
Giannino LAMBERTINI
E' un eccellente decoratore ; talvolta trasporta, non senza
successo, la tecnica della decorazione nel quadro e nel ri-
tratto, acquistando cosi una vera indiscutibile originalità.
Due colonnette con putto
Lodovico LAMBEETINI
Pittore di figura, e ritrattista dei migliori. Interpreta il
soggetto con una acuta intuizione del vero, attraverso una
tecnica più appariscente che solida, ma piacevole e varia, e
ricca sopra tutto nei panni. Ha esposto più volte a Roma
a Bologna, ed altrove.
G. L.
(Dipinti a olio)
1. Il signor Giorgio 3. Testa di bagnante
2. La stiratrice 4-. Giorgina
Silvestro LEGA
Il 21 novembre 1895, in una corsia dell'Ospedale di Santa
Maria Nuova, a Firenze^ moriva di cancro allo stomaco un
piccolo uomo, ossuto e magro per natura, ma vieppiù sma-
grito dal male atroce, un ometto smunto, pallido d'un pal-
lor livido. Era giunto costi pochi giorni prima, quasi col
rantolo della morte in gola, vestito d'abiti frusti e ripic-
chiati come un vecchio « travet » : nei suoi piccoli occhi,
che dovevano essere stati un tempo ardenti e fieri, ma che
apparivano ora come annebbiati da un velo, si leggeva un
grande scoramento, una disperazione infinita. . .
Era Silvestro Lega, uno dei più grandi e puri artisti che
l'Italia abbia avuto nel secolo scorso e che l'Italia ufficiale,
l'Italia dei «vigliacchi» della Carducciana invettiva, la-
sciava morir cosi come un cane randagio, come un povero
vecchio passerotto sotto una tegola, che nessuno lo sa.
119
Era nato nel 1828 a Modigliana nella Romagna toscana
E tipicamente romagnolo era in quella sua magrezza ossuta
e vibrante, tutta nervi, e nel carattere fiero, ardente, gene -
roso, e impennantesi disdegno e d'ira in cospetto dell'im-
becillità e della cattiveria umana : quel carattere che in
mezzo ai fiorentini scettici, burlevoli e un po' perversi, era
come la calaìnita dei lazzi più sguaiati e delle burle più
pepate. Vestro — cosi lo chiamavano gli amici — si arrab-
biava, sbottava in contumelie sanguinose e in personalis-
sime imprecazioni ; e quelli' ridevano più che mai.
Che coloro i quali lo avvicinarono non prendessero mai
sul serio, né valutassero giustamente la serietà e l'ardore
del suo carattere, e l'arte sua che di quel carattere era
l'espressione più genuina: in ciò, forse, consistè il dramma
della vita di Silvestro Lega.
Direi quasi che fu troppo convinto perchè gli altri si
convincessero del suo ingegno e troppo dignitoso e insieme
troppo modesto per raccomandarlo altrui.
A Firenze era venuto a ventidue anni, nel 1850, dop o
aver fatto la campagna del 1849 in Lombardia, volontario
insieme agli studenti dell'Accademia e dell'Università di
Pisa e di Sienn. Era allora e fu sempre dipoi un fervente
mazziniano, legato di devota amicizia nel proprio paese con
quel prete liberale e patriota Don Giovanni Verità che nella
pineta di Ravenna aveva, salvato la vita a Garibaldi e aveva
visto spirare Anita, e del quale il Lega dipinse un ritratto
vivacissimo che trovasi ora nella Pi:ìacoteca di Livorno.
L'ideale mazziniano e repubblicano si attagliava a mera-
viglia al suo spirito ottimisia, romantico e un po' empirico
pur nel prv->cedi menti e nelle idee della propria arte : era
come un prolungamento, in cotesto senso, della poesia della
propna anima calda e ingenua e trovava perfino una ri-
spondenza nella sua tavolozza generosa, impetuosa, ardita
e insofferente d'ogni « fren dell'arte », nella quale la nota
dominante era un bel rosso di sangue vivo o di garofano,
120
scempio ma odoroso; nota che egli poneva immancabil-
mente in ogni suo qadro, come una sua seconda firma,
come l'emblema o la lampada votiva^ ognora accesa, della
sua fede sempremai giovane e ardente.
Era venuto a Firenze per studiar meglio Tarte e si era
m esso col Pollastrini^ il neo-quattrocentista severo e com-
passato, che insegnava allora all'Accademia di Belle Arti.
« Quando al ritorno della prima esposizione internazio-
nale di Parigi del 1885 » — scriveva con la sua solita ar-
guzia Telemaco Signorini in un opuscolo commemorativo
del pittore romagnolo — « TAltamura e il Tivoli portarono
fra noi le nuove idee d'arte, che poi generarono la macchia
del chiaroscuro, arme d'opposizione all'insegnamento ac-
cademico ; il Lega, passato allievo di Luigi Mussini, fu av-
V erso a questa rivoluzione artistica perchè ci veniva dalla
Francia, da quella nazione che era stato dolente di non aver
potuto combattere nel 1849, in Roma, a difesa della Re-
pubblica.
« Ma quando poi coll'arte del Courbet prevalse nelle arti
dei popoli di razza latina, la ricerca del realismo, il Lega
infierì ancor più, supponendo che dalla Francia ci venisse
imposto, còl realismo, un qualche re da servire. . .
« Ma poi, visto come questo realismo non fosse altro che
lo studio il più sincero della realtà del carattere nella forma,
in rapporto all'ambiente luminoso dell'aria aperta, e in op-
posizione a qualunque concetto e preconcetto accademico,
e come fosse, chi lo propugnava in Francia, il più rivolu-
zionario di tutti gli artisti, un allievo della natura; allora,
come aveva lasciata la scuola del Mussini, lasciò quella di
Antonio Ci seri della quale faceva parte ed era stato il più
strenuo difensore ».
« Una volta lanciata in una nuova via», — sono sempre
parole del Signorini — « con quel suo carattere impetuoso,
tenace e serio, era uomo da non retrocedere^ non solo, da-
vanti a nessuno ostacolo né di transigere mai, come ha fatto
121
fino agli ultimi suoi giorni, colle sue nuove convinzioni
artistiche, ma da infonderle anche in altri che non le aves-
sero avute ancora, come fece più tardi con Adolfo Tom-
raasi ».
« La sua serietà non gli faceva ammettere gli scherzi di
nessun genere, tanto che non ci fu possibile di portarlo
quasi mai al nostro caffè Michelangiolo, in quell'agape fra-
terna di bohémiens, lui, un « buveur d'eau », come chiamava
Murger gl'intransigenti; che là non voleva farci il buffone,
come sempre ci rimproverava di farci noi ogni sera, colle
nostre burle e chiassate ».
Da questo ritratto abbozzato con rapida evidenza dal-
l'acuto pittore e scrittore fiorentino emergono special-
mente tre tratti che sono le caratteristiche salienti e costanti
del temperamento del Lega: l'intensità seria, il candido in-
genuo semplicismo, la spontanea sensibilità, se non troppo
facile ad accendersi, bruciante con intensità e con entu-
siasmo una volta accesa.
Fino ad allora il Lega aveva dipinto quadri storici o giù
dì li, in quella maniera mezzo classica e mezzo romantica,
ma peraltro pittoricamente coscienziosa e nutrita, che aveva
appreso dal Mussini, allievo dell' Ingres, eppoi dal Ciseri,
artista di transizione, irresoluto fra le vecchie tendenze
dottrinarie e il nuovo naturalismo. Una Vclleda ispirata a
Chateaubriand, un Sacro Cuore, un San Tommaso che tocca
la piaga a Cristo, un Cristo che comunica Santa Caterina, un
Tiziano e Irene di Spilimbergo sono i quadri che il Lega
dipinse in quel periodo di tempo che precede la sua eman-
cipazione realistica e « macchiaiola » — quadri flei quali, a
mia saputa, si sono smarrite completamente le traccie, sep-
pure essi esistono ancora.
Con la nuova fede artistica coincide nella vita del Lega
l'inizio di quella lotta quotidiana, spietata, continua — in-
terrotta da rare e brevi parentesi di benessere e di tran-
quillità — che se condusse l'artista prematuramente alla
122
tomba e gì' impedi di dar vita ad opere di più largo re-
spiro e di elaborata costruzione, accentuò anche quella
nota lirica piena di struggimento e d' ansietà, rotta, febbrile,
vibrante di una quasi spasmodica sensibilità che è l'accento
tipico, inconfondibile dell'arte Leghiana. Accento che fa
pensare a non so quale vivo tessuto di gioia e di dolore e
che è poi l'emblema, il riflesso fedele dell'entusiasmo del
l'artista innamorato dei bei colori della natura, commisto al
vibrare doloroso di ogni giorno di ogni ora del suo orgo-
glio e della sua sensibilità messe a repentaglio con la cru-
deltà della sorte e con la feroce imbecillità degli uomini:
— rosso acceso, bianco fulgido, azurro e verde smaglianti
e grigio torbido, giallo mortificato, rosa languente, nero
fosco e disperato. Gioia e dolore : assai dolore nella vita *
ma c'era quel rosso, quel rosso che era la fiamma della sua
anima e della sua tavolozza, che lo ripagava, lo racconso-
lava, di ogni cosa, e tutto gì' illuminava dentro e fuori, sin
negli ultimi tempi della sua vita e della sua arte, quando
gli occhi non vedevano più manco per dipingere e condotto
dalla mano incerta e tremante il pennello — com'egli soleva
dire — « non toccava »...
Neil' Ital ietta di recente uscita esausta e disorientata dalle
lotte per l'indipendenza, divorata per giunta dalla vermi-
naia famelica delle camorre politiche; e più nella borghe-
sucola Firenze del panino ripieno e del diecin di vino, i
« Macchiaioli », è noto, eran considerati come fanatici e per-
digiorno, che con la scusa della « macchia » volevan na-
scondere la loro incapacità a ben designare, e se sbraita-
vano contro gli artisti illustri e rinomati era per invidia e
non per altro.
Gli artisti illustri, quelli cui toccava quel tanto o poco
di gloria e di fortuna che era possibile allora di raccogliere,
erano tutti emeriti cultori della fantocceria storico-accade-
mica, ai quali più tardi si unirono i dipintori da bombo-
niere e da ventagli. La critica dei giornali quasi tutta in
123
mano a gente digiuna d'arte, ignorante e meschina cooperava
ottimamente ad esaltare i lenoni e i lanzichenecchi ed a
schiacciare l'ingegno- Le poche voci che si levavano in
quel deserto, quella di Diego Martelli, di Adriano Cecioni,
di Ferdinando Martini, erano troppo irate e convinte per
essere ascoltate.
Tuttavia il Lega, fra il 1870 e il 1880, espose alle mi-
gliori mostre italiane : a Genova, a Parma, a Milano, a Fi-
renze : // canto dello stornello, Le bambine che fanno le si»
gnore. L'aspettativa^ La passeggiata, Una visita alla balia e,
più tardi: // vestito del bimbo, L'elemosina, La curiosità, Oli
sposi novelli, il Mazzini morente : tutti, più o meno, schietti
capolavori di colore, d'intimità, di carattere, dei quali poco
o punto si accorgevano anche coloro che eran più pros-
simi a lui e meglio avrebbero dovuti; apprezzarlo. Giacché
quelli che erano gli accenti più vivi, le note più spiccate
(Iella sua originalità di artista immediato ed emotivo — e
che noi ora ammiriamo — rendevano allora perplessi anche
gli amici e sembravano loro mancinerie.
Le sue tele che ora gli speculatori si disputano a colpi
di biglietti da mille, non gli davano da vivere. Nel 1876, per
vedere di poter sbarcare meglio il lunario, in società col
Borrani aprì una galleria d'arte in piazza Santa Trinità, rac -
cogliendovi il meglio di ciò che in fatto di pittura si fa-
cesse allora in Italia. Fu un buco nell'acqua . Dopo nem-
meno un anno dovettero chiuder le bande. E fu un rovesci o
definitivo per li fortuna del Lega. Divenne burbero, irasci-
bile, più intransigente che mai. Una malattia d'occhi che da
qualche tempo lo affliggeva, gli s'aggravò ad un tratto ; in
breve non vide il vero che per larghe masse, per tonalità
generali, non distinguendo più né i dettaRll nò i toni locali.
Ma la sventura bussando più forte alla sua porta vi
deponeva il dono di un nuovo palpito, di un nuovo accento,
di un aspetto nuovo della sua arte, più intenso, più lirico,
più sintetico e più febbrile.
124
E allora, come per il passato, più che per il passato la
sua povertà, la sua solitudine, la sua melanconia, la sua
stessa irascibilità furono alleviate e consolate dall'affetto
degli amici: la famiglia Batelli prima, poi quella Tommasi
dalla quale col suo insegnamento e col suo esempio egli
trasse tre pittori: Adolfo, Angiolino e Ludovico, e infine la
famiglia Bandini, presso la quale, fra le colline del Gabbro,
nell'aspra e accesa campagna livornese, egli visse gli ultimi
giorni, fin quasi alla vigilia della morte, e dipinse gli ultimi
quadri.
A Pargentina, alle porte di Firenze, nella pace devota
degli orti fra TAff'rico e l'Arno, dove gli ortolani chini sulle
ortaglie nei vesperi umili e miti sembran pregare ; a Bella-
riva, sulle piaggie dell'Arno fra il riso intermesso dei
pioppi d' argento, nella gran luce riflessa dall'acque : al
Gabbro, nella terra brulla, consolata solo dall'oro delle messi
e dalla porpora delle viti, il povero Vestro godette istanti
di gioia intensa e deliziosa nel suo amore inesausto per i
colori belli del Creato, cui rispondeva ardentemente il pal-
pito della sua tavolozza fluente, generosa, dalia quale la sua
vita migliore sgorgava a fecondare la bellezza del mondo
come un fiotto di sangue divino ■
E nelle modeste, dimesse eppure agiate villette borghesi
che l'ospitavano, pervase insieme all'odor di celliere, di bu-
cato e di spiconaido, di un olezzo di bontà e di amicizia,
viveva come di riflesso le dolcezze dell'intimità, della pace,
dell'idillio domestico, che poetizzate dalla sua arte e
forse dalla sua nostalgia, rivivono in tante delle sue tele.
Fu presso quelle famiglie ospitali — che lo considera-
vano come un parente più ancora che come un amico —
che il Lega colse le sembianze di quel caratteristici tipi di
donna, la cui femminilità sana, delicata, modestamente bor-
ghese, egli comprese e accarezzò con tanta sensibilità e
tanta passione coloristica nei suoi ritratti.
125
Silvestro Lega è il più lirico e il più « moderno » dei
Macchiaioli; il più indipendente da ogni influsso intel-
lettuale o tradizionale. Fattori per la sua se verità geo-
metrica e il suo stoico stilismo si riallaccia alla grande
tradizione toscana ed etrusca ; Signorini è ognora pervaso
e diviso dalle influenze che il suo intellettualismo criti-
camente tormentato riceveva dalle tendenze e dalle scuole
con le quali la sua curiosità o il caso lo portavano a con-
tatto : Lega è un istinto e una sensibilità poetica-pittorica
che ricevuta un primo impulso dal naturalismo e dall'im-
pressionismo francesi e assimilatili con le sue più pro-
fonde energie, seguita a vibrare inconsapevolmente —
specie di pila elettrica rifornentesi all' infinito nell'atmosfera,
ambiente di sempre nuove energie — di sempre nuovi
entusiasmi, di sempre nuovo lirismo.
Egli è il pittore per eccellenza, il pittore tipico, in cui
la sensualità del colore bello — squisitamente fine o acce-
samente violento — si trasfigura fir.o alla spiritualità più
alta — non per via di elaborazioni intellettuali, ma per
virtù stessa del suo fuoco interiore. Colorista il cui colore
vuole cantare spiegatamente, senza litegni grafici, senza
arginature geometriche, a tavolozza spiegata — quasi direi —
il Lega è come que' poeti che, non potendo imprigionare la
loro ispirazione in alcuna forma metrica vive, intonano
il loro canto soltanto al proprio ritmo interiore.
Sotto cotesto aspetto, la sua nervosità, la sua insofi'e-
renza di discipline formali, la sua immediatezza, il suo fre-
mito, la sua ardente e talvolta quasi ostentata anarchia
estetica, fanno del Lega un pittore modernissimo, vicino
per temperamento agi' impressionisti francesi più spontanei
e più ispirati : a Pisarro, a Sisley e a Renoir, al quale
ultimo somiglia spesso anche per la delimitazione dei larghi
e gobbi volumi mediante il solo rapporto dei toni, senz'alcun
aiuto di contorni disegnati.
126
Il mezzo col quale egli ordisce e organizza le tonalità
per entro le forme è il chiaroscuro, un chiaroscuro magico,
talvolta fosco, talaltra tenue, ma sempre gettato attorno ai
toni con una sprezzatura e un impeto magnifici, e che
qualche volta ricordano, il Corot più virile e più solido del
periodo italiano.
Ma in tutte le diverse fasi della sua arte — delle quali
non è qui il luogo di discorrere — per la sua bella foga,
per la felicità e lo splendore della sua tavolozza, per la
scioltezza e l'agilità dei suoi modi è pittore italianissimo :
la sua fluidità e trasparenza fa pensare al Correggio, la sen-
sualità e generosità del suo colore al Tiziano, la sua sobria
vaghezza tenue, varia, melanconica e gioiosa insieme, a
Federigo Baroccio; non meno di loro per natura quotato;
solo di loro meno grande perchè vissuto in un'epoca tac-
cagna e ostile all'arte, che gli tarpò le ali a voli più vasti.
Mario Tinti.
Collezione del Sig. Enrico Checcucci
1. Sposalizio sull'aia colo- 7. Ritratto dello Scaltore
nica Boys di Livorno
2. Le lavandaie 8. Ritratto del Capo-Musica
3. Ortolana che lega le ci- della Banda del Gabbro
polle 9. La scellerata (ritratto)
h. Signora al pianoforte 10. Ritratto di donna con
5. Sposini a passeggio scialle rosa
6. Ritratto del Pittore Pli- IL Ritratto di donna con
nio Nomellinini fiori
12. La lezione
Collezione del Doti. Edoardo Bruno
13. Gabbrigiana 15. Paese (Gabbro)
14^. Chiesa di Crespina 16. Paesaggio Alpestre
Proprietà del Sig. Bertini
17. Ritratto del Pittore Francesco Gioii
127
Collezione del Sig. Alessandro Gorradini
18. La massaia 20. Contadini sulla scala
19. Pagliai al sole 21. La lettura
Collezione del Cav. Fortunato Ciuti
22. Contadina Toscana 23. Uliveto
2^. Signorine che lavorano
Proprietà dello Scultore Gemignani Valmore
25. Interno
Collezione del Sig. Giulio Banti
36. L'uncinetto 27. Il bindolo {P maniera)
Proprietà del Maestro Serbatoli
28. Paese con figura
Collezione del Cav. Alessandro M agnelli
29. Nutrice 30. Signora col bambino
31. Signora che legge
Collezione del Sig. Pasquale Lazzeri
32. La ciociara 33. Testa di donna
34-. Paese con figura
Collezione del Conte De Nobili
35. Pagliai al sole 37. Gli sposini
36. Testa di giovanetta 38. Figura in giardino
Collezione della «Sig.ra Eleonora Cecchini
39, 40, Al. 42. Ritraiti dei fratelli Cecchini
Collezione del Sig. Mario Galli
45, Ritratto in rosa 51. Casa colonica e conta-
44j 45., 46, 47. Studi in una dino
cornice 52. AlV ombra
48. La conversazione 53. Strada soleggiata
49. Gioie materne 54. Signora nei campi
50. Contadinelli 55. Ortolane
128
56. Signora che ricama 59. Orti fiorenti!] i in pri-
57. La Lettura mavera f prima maniera)
58. Bambine che fanno le 60. Il Magnane
signore
Proprietà del Comuxk di Modiguana (Romagna Toscan:!)
61. Ritratto di Garibaldi 6?. Ritratto di Don Giovanni
Verità
Luigi LEVI (Ulvi Liegi)
E un altro superstite della schiera dei « macchiaioli ».
Studiò come Adolfo Tommasi, con Carlo Markò figlio, e poi
col Ciaranfi ; ma ben p'esto, seguendo il consiglio di Tele-
maco Signorini, del quale fu intimo amico ed ammiratore,
si liberò da ogni influenza accademica abbandonandosi com-
pletamente allo studio diretto del vero. Le sue prime im-
pressioni che furono giudicate di un gusto un po' « signo-
rinesco » suscitarono una quantità di discussioni animate
e di polemiche nelle quali lo stesso Signorini intervenne
per sostenere con grande calore di convinzione la promet-
tente arte del giovanissimo Levi. Nel 1898, dopoché era già
riuscito ad affermarsi in modo non dubbio, espose a Parigi
dietro invito del Manzi alcune sue impressioni che gli val-j
sero lodi incondizionate da parte dei maestri delF impres-
sionismo francese: Dégas, Pissarro e Monet. Col tempo, pur
rimanendo fedele alla tecnica impressionistica, diede alla
sua pittura un contenuto più saldo ed un carattere di mag-
giore vivacità. In questa sua seconda maniera il Levi si ma-
nifesta come colorista di un lirismo violento, acceso, spinto
talvolta fino all'eccesso e pur severamente contenuto, sem-
pre, entro una linea caratteristica e tutta sua.
È un fine ed aristocratico conoscitore e raccoglitore di
cose d'arte e possiede un' interessante collezione d'opere
129
dei più puri rappresentanti del « maccbiajolismo » toscano.
Appartiene al < Gruppo Labronico ».
Ctuido Vkxarelli.
f Dipinti a olio)
1. La Pantera alle Cascine 3. Casolari a lìoncegno
2. Primavera grigia nel Par- (Trentino)
terre h. Colloquio di hamhinaie
sulla rotonda deir Ardenza
Moses LEVY
È nato a Tunisi nel 1885. Il Levy si è dipartito da espres-
sioni di una i mpronta quasi assolutamente macchiaiola — con
un minimo di personalità e di superamento — per arrivare
a cose veramente personali, nelle quali alla fuggevolezza e
frammentarietà dell'impressionismo sono innestati elementi
di stile, di composizione, di decoralività.
Quasi tutte le sue « impressioni» — od «emozioni» che
dir si voglia — gli sono ispirate da quel paese voluttuario
che è la spiaggia di Viareggio, con il quale il suo tempe-
ramento di semi- orientale simpatizza particolarmente. Colà
i colori vivaci e chiari delle vesti femminili si moltiplicano
per tutte le probabilità della luce, ne] l'abbagliante riverbero
marino. Il Levy rende òttimamente — in un senso emotivo
e quindi personale — cotesta accensione coloristica, senza
preoccuparsi degli « effetti » derivanti dalle vicende atmo-
sferiche e luminose, appartenenti ormai al repertorio del
più abitudinario impressionismo. Egli ha penetrato con spi-
lito e curiosità, piuttosto che con profondità^ il carattere pre-
valentemente femmineo e sensuale di quel mondo frivolo
e « festivallico », di quel paese di eccezione. La sua pen-
nellata, volta a volta densa come il succo di un fruito orien-
tale, magra e trasparente come una pietra cristallina, si
stende in notazioni piatte e giustapposte di superficie, con
130
quella geometrizzazione dei piani e degli spazi, che, se è avver-
tibile quale frutto meramente intuitivo nei Macchiaioli, nella
pittura del Levy assume un aspetto volontario, cerebrale.
Da tali sintesi strutturali e dinamiche deriva alla pittura
di Moses Levy il suo carattere decorativo e stilistico più
originale e interessante, che vieta al soggetto e al colore di
cadere in una gustosità troppo futile.
Nella sua più recente maniera il Levy si è particolar-
mente interessato del problema del volome e del chiaro-
scuro, imprimendo alla sua pittura un carattere più espres-
sivo, seppure meno brillante.
Mario Tinti.
{Dipinti a olio).
1. Momento drammatico 2. Veglione
Sedici incisioni f punte secche)
Raffaele LIMAURO
Nato in Pontecorvo, provincia di Caserta, il 18 marzo 1884,
Raffaele Limauro è un autodidatta, giacché non può dirsi
abbia studiato all'Accademia di Belle Arti di New-York, da
lui. frequentata per brevissimo tempo.
Ha esordito in una mostra del Water Color Club della
grande metropoli americana, dove espose due acquarelli
assai pregevoli.
E' paesista di spiccate qualità, studioso e accurato. Ama
ritrarre la natura trasfigurandola secondo una propria vi-
sione interiore, espressa in stilizzazioni eleganti e piene d'un
sottile garbo.
Di ritorno dagli Stati Uniti, ove ha soggiornato per quasi
tre lustri, partecipò con entusiasmo alla guerra, ove gli toccò
una gloriosa ferita.
Federico Petriccione.
(Dipinti a olio)
1. // tormento dello spirito 2. Ora solenne
131
Llewlyn LLOYD
È nato a Livorno il 30 di Agosto del 1879, ed ebbe i
primi insegnamenti dal pittore Guglielmo Micheli, allievo
di Giovanni Fattori.
Conosciuto poi il grande Maestro, venne a Firenze; e
avuti da lui preziosi consigli, si dette a studiare da solo,
senza frequentare né l'Accademia né altra scuola,
A diciotto anni, nel 1897, espose per la prima volta alla
Società di Belle Arti; e ben presto si fece notare per certe
sue audacie divisionistiche, che sollevarono qualche protesta
ma che già rivelavano in lui un temperamento di artista.
Da allora, lentamente, sinceramente, logicamente, con
un lavoro tutto interiore, senza baciare — cosa ben rara —
a mode e andazzi, il Lloyd trasformò ia sua prima maniera
foggciandosi una personalità ben definita, arrivando ad ui;o
stile che lo distingue ormai da ogni altro. Quasi riassorbendo
a poco a poco ({uel suo divisionismo che pur gli aveva dato
modo di dipingere marine e paesi aureati e luminosi, e
diventato sempre più sommario e sintetico. La luce e l'aria
hanno ravvolto masse sempre più solide, mentre i tocchi
sottili e minuziosi si fondevano in una pennellata sempre
più larga e robusta che sapientemente costruiva e definiva
le forme. Ma alia tonalità rimaneva ed è rimasta sempre
l'antica ariosità e luminosità; e qualche volta in un lembo
o in una distesa di cielo permane — poiché qui è possibile
e logico — un po' del vecchio divisionismo, ma di una
attenuala sobrietà.
Il Lloyd ha partecipato a tutte le esposizioni nazionali
e internazionali, tanto italiane che estere; dal 1905 espose
a Venezia ove da varii anni è invitato; è stato premiato
quattro volte a Firenze, una volta a Bruxelles, ed una a
Barcellona.
Opere sue già si trovano nelle pubbliche Gallerie d'arte
moderna: a Roma « // castagno morto » ; a Firenze < // giar-
132
dino in fiore »; a Lima (Perù) <iCrepascolo all'Elba», e « V orcio
fiorito ».
Vive e lavora a Firenze e all'Isola d'Elba, che gli ha
suggerito quasi tutte le opere di questi ultimi anni: paesi
e marine, e studii di figura e ritratti intesi come motivo
d'interno o pretesto a ricerca ed a resa d'ombre e di luci
in un giardino assolato.
Nello Tarchianl
(Dipinti a olio).
1. Sosta 3. Sole d'estate
2. Porta chiusa h. Barconi in disarmo
Giovanni LOMI
E livornese; nato n^el 1889; autodidatta. Si è svolto nel-
rammirazioue del Puccini. Ama i motivi ricchi di vivido
colore e di contrasti della sua Livorno, che interpreta con
una tecnica fervida e libera. Ha esposto in varie notevoli
esposizioni.
1. La Darsena di Livorno verso il tramonto (olio)
Mario LOMINI
É nato nel 1887 a Redonesco (Mantova). Si dedicò alla
pittura ancora giovane, nello stesso tempo che frequentava
i corsi dell' Istituto Tecnico. Sul « vero », e senza maestri,
studiò tanto il colore che il disegno. L'originalità del suo
tirocinio consiste nell'aver fatto della forma e del colore
due oggetti separati di ricerche, riassumendo dipoi nel quadro
questi due elementi e cercando di dare al suo insieme la
massima organicità. « Tonalità e linee », egli intitolava, in-
fatti, i primi suoi quadri, volendo con ciò porre in evi-
denza questi due elementi semplici che costituiscono i suoi
mezzi di espressione e che egli cerca tuttora di distinguere
e nello stesso tempo di unificare nella loro funzione.
133
« L'arte per me consiste — egli scrive — soltanto nella
espressione chiara, e quanto è possibile potente, di questi
due mezzi, in quanto che non vi si può arrivare che sco-
prendo nelle nostre emozioni (o per ricerca, o per medita-
zione, o per fantasia) quelle tonalità e quelle linee che in
fondo costituiscono il nostro mezzo di espressione. La na-
tura e la vita mi si mostrano sotto l'aspetto di tonalità e
linee: tonalità e linee servono a me per esprimere la natura
e la vita secondo la mia emozione. L'arte è tutta li».
Il Lomini nel 1920 fece una mostra personale alla Galleria
Pesaro di Milano, assieme ai pittori mantovani Bresciani
da Gazoldo e Vindizio Nodari-Pesenti, e in quell'occasione
la critica più colta gli fu favorevole. Dal 1919 il Lomuii vive
e lavora a Milano.
Dipinti a olio.
1. Paesaggio 2. Paesaggio
Cesare MAGGI
Cesare Maggi è nato a Roma il 13 gennaio 1881. Adole-
scente studiò a Napoli con Esposito, a Parigi da Cormon e
a Torino con G. Grosso. In seguito ad un breve soggiorno
al Maloja (190)) subi il fascino della montagna e del suo
grande interprete : il Segantini. Ma in breve l'osservazione
ed il temperamento proprii lo distaccarono dalla maniera
divisionista e glie ne diedero una tutta personale.
Fra le sue principali opere ricorderemo Mattino di festa
(esposto a Venezia nel 1905, acquistato dalla Galleria della
Nuova Galles). La malinconia del sole, (acquistato nel 1906
dalla Galleria Gruliey). Ultimo fieno ("1900). Primavere (espo-
sto a Venezia nel 1907, acquistato dalla Galleria Nazionale
d'Arte Moderna). La montagna meritò nel 1908 il Premio Fu-
magalli e fu acquistato da S. M, il Re; La Thnile d'inverno
fu premiato con medaglia d'oro all'Esposizione Internazio-
nale di Monaco del 1909.
134
Sin dal 1907 Maggi era invitato all'Esposizione Interna-
zionale di Venezia e alla quadriennale di Torino. Nel 1908
vinceva la targa d'argento del Club Alpino Italiano e nel
1 910 veniva nominato socio onorario della R. Accademia di
Brera. Il quadro attualmente esposto segna l'inizio della sua
n uova maniera, avviandosi, egli verso una forma semplice e
sintetica.
1 Abeti sotto la neve (dipinto a olio)
Ubaldo MAGNA VACCA
E' nato a Modena nel 1885. Studiò a Napoli con Salva-
tore Postiglione. E' uno dei più apprezzati acquafortisti ita-
liani. Sapiente in tutti i segreti della tecnica, ha inoltre
una visione largamente decorativa e suggestivamente pitto-
resca che consiste in special modo in un senso lirico dei
chiaroscuro. Ha vinto il concorso Poletti e il concorso in-
ternazionale Curlandese del 1915 per la incisione. Anche alla
prima Biennele di Napoli (1920 guadagnò il premio per il
bianco e nero. Opere sue si trovano ai musei di Tokio
e di Liverpool; al castello Sforzesco di Milano; al museo di
Lima nel Perù. Ha venduto le sue acqueforti a S. M. le Re-
gina Madre, al Comune di Roma, alla Società Promotrice
di Torino.
1. Le due mucche (pastello)
Enzo MAIORFI
Studiò a Siena— dov'è nato nel 1893 — frequentando
quell'Accademia. Passò, in seguito, all'Accademia di Firenze,
dove consegui il diploma sotto la direzione del Prof. Arturo
Calosci. Fu combattente sul Piave e sugli Altipiani.
Dipinti a olio.
1. Ulivi 2, Tramonto
135
Giovanni MALESCI
E' di Vecchio, nel Mugello, dove nacque nel 1884. Fu
allievo del Fattori, all'Accademia di Firenze e ha derivato
dal grande maestro livornese lo schema della propria arte,
movendosi in quello con un sintetismo coloristico ispirato
ad artisti più recenti.
Dipinti a olio
1, Paesaggio magellano 2. Barroccio toscano
Antonio MANCINI
Nato a Roma il 14 Novembre 1852, trova, ancora ra-
gazzo, la sua ispirazione di pittore in un circo equestre.
Passa a Narni i primi dodici anni della sua vita, senza
maestri e senza esempi. Sente la pittura alla prima visione
di colore e di movimento che a lui s'affaccia nel circo de-
gli zingari.
Lo mandano a Napoli a studiare. A Napoli vi era Mo-
relli, dominatore per quella sua franchezza semplice, per
quella sua tranquilla e piacevole abilità di composizione.
Mancini vi apprese la serenità e vi rafforzò la fede. L' am-
biente allora era vibrante, impetuoso, operoso.
Nove anni trascorrono. Siamo nel 1873. La grande eru-
zione del Vesuvio oscura il sole per lunghi giorni, getta in-
torno terrore e dolore. Non può resistere a quel tormento
fisico e morale il pittore della luce piena. E va a Parigi.
Già aveva prodotto a Napoli opere di meravigliosa bel-
lezza. Il pittore e l'artista si erano in lui affermati con una
impressionante potenza.
A Parigi portava la sua personalità; altri sosteneva un
metodo, e carezzava una moda, o sfoggiava un soggetto. Egli
si piazzava con la sua arte. Individualista senza sforzo e
senza discussione, insegnava a tutti come si può dominare
la vita senza violenza. La legge giusta anche nel dominio
della bellezza è una forza immancabile di vittoria.
136
Un grande negoziante, Goupil, gli compra i quadri, ed egli
lavora in libertà senza ritegno e senza falsità. Poi viene il
pittore Mesdag, quasi il solo che senza interesse portò al Man-
cini l'occorrente per vivere in agiatezza e produrre in libertà.
Se pensate che allora (sono passati quasi 40 anni) il
pittore amico giunse a dare al Mancini fino a 2000 lire al
mese, voi potete valutare il signorile disinteresse di Mesdag.
Né di tutta l'opera da lui raccolta, fu venduto pezzo. Ne
fece una sala che donò al museo deirAja.
Eiassumo la cronistoria per mettere in rilievo i fatti. ^
Lasciato Mesdag, Mancini va in Inghilterra con Lane,
direttore del museo di Dublino. Giungeva in Inghilterra con
la fama di Parigi e con la presentazione entusiastica di un
pittore caro alla grande aristocrazia inglese: Sargent.
In Inghilterra Mancini lavora col più grande successo.
E' l'ultimo periodo della sua meravigliosa arte sincera e
sentita. Il pittore non si smentirà mai, ma l'artista si vedrà
preclusa la via dal gusto degli altri, dai committenti.
E bisogna aggiungere — attraverso la fastosità di Mes-
singer e la signorilità di Du Chene — al trionfo di Venezia
per ritrovarlo magnifico nella sua piena libertà.
Mancini è tanto più grande perchè non esce dai limiti
della tradizione. Il fenomeno della sua pittura è fenomeno
di dimensione, di lirismo, di equilibrio. Non mai forse s'è
veduta cosi chiara visione della verità, espressa con tanta
e ommossa e vibrante potenza coloristica. Grandi dipintori
d'ogni tempo son partiti da un insegnamento, si sono svi-
luppati non perdendo mai più nella espressione pittorica
i vincoli della tecnica e della emozione d'inizio. Mancini ha
saputo spogliarsi completamente d'ogni ricordo: perchè ha
voluto escludere dalla sua pittura ogni vanità di coltura,
ogni rigidità di metodo, ogni preoccupazione di estetica. E
sarebbe stato uu barbaro se non avesse trovato nella luce
e nella vita della sua terra la bellezza dell'armonia che ha
dato alla sua libertà prodigiosa il senso della misura.
17 137
A volte questo suo istinto stagnante di primitivo (non
parlo di primitivismo estetico-religioso) furoreggia nel bar-
baglio dei colori che si ammassano, si addensano, danno
rilievi e movimenta ai piani; a volte questo suo istir.lo
tumultuoso di passione resta sotto cortine mal definite come
il fuoco d'un vulcano ; a volte si abbandona ad accenni ner-
vosi di temi; ma sono queste manifestazioni della sua tor-
tura d'ordine comune, che rode il suo desiderio, che impone
alla sua attività l'obbedienza o la dipendenza.
Non ha parentele vicine o lontane : dicono che ripeta il
Velasquez, e non intendono che la sua povertà di soggetti
ha tanta più ricchezza delle opere del pittore spagnolo, e
non vedono che, là dove Velasquez ferma nella linea deco-
rativa la vivacità e la bellezza del suo colore, il Mancini
rinunzia ad ogni lenocinio formale per riportare sulla tela
i tumulti dell'anima. {Da un profilo di Guido Guida).
Dipinti a olio
1. Il modello 3. Offerta
2. Ritratto di Guido Guida 4. Autoritratto
5. La finestra
Ferruccio MANGANELLI
Nato nel 1883 a Colle Val d' Elsa si dedicò alla pittura
per la dimestichezza che n' ebbe avvicinando i pittori Sal-
vetti e Meoni. Dedica all'arte le ore che gli lascia libere la
sua professione. Nel 1911 l'Accademia di Belle Arti di Fi-
renze conferì la medaglia d'argento ad un suo quadro esposto
alla Promotrice.
1. La valle ombrosa.
Giuseppe * MANZONE
E' nato nel 1887 ad Asti, dove adesso ricopre la carica di
Conservatore del Museo Civico. Studiò all'Accademia Alber-
138
tina di Torino. Ha preso parte alle principali esposizioni
italiane, dove S. M. il Re acquistò alcune sue opere. Alla
Esposizione Internazionale di Torino nel 1921, gli fu asse-
gnato la medaglia d'argento. Opere sue si trovano nella Gal"
leria d'Arte Moderna di Torino. Si affermò di primo acchito
con alcuni lavori, che sembravano intagliati nel legno. Del
legno avevano almeno l'aspro ed asciutto vigore. Poi parve
sviarsi. 0 meglio si chiuse in sé stesso, e si cercò. Frutto
della solitudine voluta, e forte, una serie di lavori ineguali,
anche poveri di contenuto e di tecnica, ma dai quali tra-
spariva sempre un'onestà di intendimenti, una forza di con-
vinzioni degni di rispetto, e di attesa. Di quando in quando
poi, un disegno, che vi recava una eco della grande voce
dei quattrocentisti, e non per isterile spirito di imitazione,
per analogia di sentimento di fronte al vero.
Il Manzone, alla Mole Antonelliana, conserva negli studi
di figura le sue qualità di disegnatore, penetrante, ostinato,
capace di comprendere — e sovralutto deciso a far com-
prendere — quanto valore espressivo possa derivare da una
semplice linea, che sembra nulla, ed è invece lungamente
meditata e studiata. Pochi sono come il Manzone, capaci di
tanta sobrietà. Pochi possono gareggiare con lui nella sin-
cerità. Ed anche nella vita la sincerità è tutta angolosità
durezze, squilibri!, che offendono. Ma, poiché è dei forti
essa si impone. Con sincerità uguale il Manzone s'è fatto
interprete dell'anima del paesaggio in quanto ha di meno
attraente per il grande pubblico droghiere. Si direbbe che
essa rifletta la fatica umana. Cosi, anche nella gioia della
luminosità, é riarsa; non ha giocondità; non ha seduzioni,
né di tavolezza, né di linee. Ci parla un linguaggio severo
« non scevro di asprezze.
(Dipinti a olio).
1. Paesaggio del Monferato 2, Una via di Asti
3. Marina
139
MArD MAQUAY
Di Firenze. Allieva di Spinelli e di Marfori-Savini.
1. Crepuscolo (olio).
Giovanni MARCH
E in arte da pochi anni e già si è validamente aflfer-
mato. È giovanissimo. Ammiratore fervente ed entusiasta
della pittura di Mario Puccini; ha cominciato a dipingere
sotto il lascino che si sprigiona dall'arte formidabile del
suo maestro prediletto. Ma poi ha trovato una strada sua e
la percorre con la baldanza propria dei giovani che han
fede di arrivare alla mèta. La sua pittura rude e schietta,
tutta semplicità e tutta forza espressiva, scili va di ogni sorta
di « effetti » e di convenzionalismi, appare a chi lo conosce
da vicino come lo specchio fedele della sua pura, dritta e
sdegnosa anima di selvaggio. Appartiene al « Gruppo La -
bronico ».
Guido Vivarelu.
1. Ritratto di vecchio barcaiolo (Dipinto a olio)
Litografie
2. Maniscalco 5. Bovi ali aratro
3. Maniscalchi 6. Contadini giuocatori
A, Contadini a riposo ■ 7. Trapelo
Giannino MARCHIG
È nato a Trieste, ma da diversi anni vive a Firenze E
un autodidatta. Nel 1919 vinse il premio Stibbert. Alcune
opere sue sono nella Galleria Nazionale di Roma, nella Gal-
leria di Bologna e nel « Gabinetto Disegni e Stampe » degli
Uffizi. E' artista coscienzioso e delicato. Ama le tonalità
basse e le armonie tenui. Coltiva con provetta capacità tec-
nica e senso del chiaroscuro anche l'acquaforte. Alla «Fri-
140
maverile » si presenta con opere più vigorose e di più largo
respiro di tutte quelle eseguite per il passato.
Dipinti a olio
i. Donna nuda 3. Fanciulla
2. < La briseghellina * 4^. Ritratto di un armatore
5. Il vecchio cocchiere
Filippo MARFORI-SAVINI
È nato a Firenze.
Allievo del Morelli, buon pittore di figure e d'interni,
esordi alla Promotrice nel 1906 con una « Messa in Duomo »
e in séguito si dedicò all'insegnamento, anche dell'acqua-
forte che tratta con bravura. Buon disegnatore, la sua scuola
privata in Borgo S. Apostoli è molto rinomata e frequentata.
1. Paranze nel porto canale di Fano (acquaforte).
2. Buoi (xilografia), 3. Vecchia che prega (xilografia)
Mario MARENESI
È nato a Este, in provincia di Padova nel 1888; è dunque,
un lontano discendente di quelli artisti ferraresi, che alla
leggiadria e dolcezza delle forme univano una tanto feste-
vole e prodiga fantasia. Il Marenesi in queste due tele espo-
ste alla Primaverile ha saputo contemperare ad un gusto
decorativo ricco e imaginoso, tutto attinto alla realtà for-
male delle cose, una sensibilissima poesia del colore. La sua
« Sinfonia Verde » è insieme un arazzo e un quadro ben
dipinto, in cui l'indugio amoroso nel ritrarre la forma .di
ogni fogliolina e il tono di ogni fronda assurgono nell'in-
sieme ad una visione piena di fantasia e di gusto.
1. A seconda del vento 2. Sinfonia verde
141
Raffaele MARINO
Raffaele Marino, nato in Napoli, il 29 maggio 1868, al-
lievo di Giovan Battista Amendola e di Achille D'Orsi, è
st udioso acuto e appassionato dell'arte greca, naturalmente
portato verso la statuaria classica.
Ha partecipato alle più importanti Esposizioni italiane
e straniere, conseguendovi numerosi premi, medaglie e di-
plomi d'onore, e vendendo opere a diverse gallerie moderne.
Ha vissuto per molti anni a Parigi.
Nel 1902, il governo francese lo decorò delle palme ac-
cademiche.
Federico Petriccione.
i. Broncio (marmo).
Maria Grazia MARTELLI
Nata a Firenze nel 1889. Autodidatta. Espose in varie
mostre italiane.
Litografie.
1. Canale Cesenatico 2. Studio
Arturo MARTINI (Gruppo « Valori Plastici ^J
Si narra di un monaco cronista del medio evo che, invasa
la sua città dai barbari,- invaso il monastero, lui, nell'arida
colletta, fra il sangue e la distruzione, continuava a scri-
vere, a scrivere, a scrivere gli annali del suo tempo. ]\la
quel monaco, uomo benedetto da Dio, possedeva riferimenti,
notizie, dati precisi : noi miserelli, che possiamo dire intorno
ai fasti biografici di Arturo Martini? Che codesto uomo
esista, viva, il fatto è indubitabile; rammentiamo persino di
averlo visto talvolta, in persona, in carne — in una carne
un po' turbata da Dioniso Bromio, a dir vero. Taluni dicono
che lo scultore Martini sia nato a Treviso, altri,, con ferma
persuasione, gli fanno veder la luce in Eomagna; quando
142
da famiglia villereccia, quando da nobile casato e sangue
antichissimo... Ma ci si perde: il tempo giudicherà, e intorno
alla vita di Martini, detto in altro modo Martini della Valle,
passato dall'Italia nella misteriosa Russia, e dalla Russia in
Germania, e dalla Germania in Francia, le penne degli sto-
rici fioriranno in isquisite fantasie.
Quanto più facile è parlare delle opere scultorie di questo
artista girovago e invaso dal dèmone del moto! I suoi la-
vori, uomini interi e animali, bassorilievi, placidi paesaggi
di gesso, drammi fermati per sempre nella tersa compo-
stezza dei minerali, ci guardano con una espressione tra
caricaturale e intenerita, che rivelano nell'anima di chi li
formò a poco a poco con urti violenti e carezze, un senti-
mento volenteroso ma un po' bisbetico degli aspetti ridicoli
e appassionati, profondi e dolcissimi, che le creature di Dio
e le piante che adornano il mondo, acquistano sotto la luce
sconsolata del sole.
Nonostante la floreale presentazione che abbiamo fatto
di codeste sculture, ci pare doveroso aggiungere che Ar-
turo Martini non si accontenta di riprodurre sia nel gesso,
sia nel legno, gli aspetti vacui e superficiali, come usano
in genere gli attuali epigoni di Prassitele e di Scopa, ma
tende con isforzi tenacissimi, a ritrovare quella espressione
complessa ingenua, e scaltra nello stesso tempo, che di-
stingue tanto le opere della statuaria primitiva dei greci,
quanto la tipica rigidità del nostro Quattrocento. Siamo si-
curi d'altra parte che Arturo Martini, esaurite le esperienze
e i travagli che l'hanno costretto, prima a forzare e a de-
formare la natura, quindi a ispirarsi alla matura compo-
stezza della grande scultura italiana, non riesca presto ad
acquistare quella indipendenza e pienezza di mezzi proprii,
che segnerà l'attuazione totale di quei valori che finora
egli ha enunciato con una passione un poco acerba.
Alberto Savinio.
143
stallie in gesso.
1. Il Dormiente o. Le stelle
2. Testa di cjiovane 0. Fecondità
3. La pulzella d'Orléans 7. Il pastore
4. Ritratto di mia madre S. Busto di donna f terracotta)
Fabio MAURONER
Di Tessano Veneto. Acquafortista esperto della tecnica
ed efficace interprete di effetto delicato e di motivi ricchi
di chiaroscuro.
Acque forti
U Subiaco 2. Assisi
Emilio MAZZONI-ZARIXI
Pittore di paesaggio delicato e luminoso si dedicò ben
presto alla difficile arte dell'acquaforte di cui è diventato
notissimo.
Ha esposto nei saloni di bianco e nero di tutte le grandi
esposizioni, nazionali ed estere, ed è stato acquistato spesso.
Ultimamente ha avuto un vero successo nel Belgio, dove
l'acquaforte ha cultori famosi. Pochi giungono a rendere
come lui il mistero della frappa e le difficoltà dell'acque e
dei cieli. Ammiratore del Fattori, ha studiato da sé, con
fede tenace, in silenzio.
Acquaforti
1. La Rocca 4-, Convento ad Assisi
2. Pontevecchio 5. Fontana a Boboli
3. La valle umbra 6. Nonna Rosa {Puntasecca)
Roberto MELLI
E' nato a Ferrara nel 1885. Il Melli ha il merito, oggi
proprio a pochissimi artisti, di possedere appieno la tecnica
144
di tutte le arti belle, e quel che più importa, di sapere rife-
rire ad ogni tecnica lo spirilo che le è adeguato e che si
confà alle diverse materie. E' un vero artefice, nome che ora
molti, che praticano l'arte disdegnerebbero e che pure costi-
tuiva tanta parte della grandezza dei maestri del Rinascimento.
Egli coltiva con egual sicurezza la scultura, la pittura,
la xilografia, la ceramica e lo sbalzo su metalli. Fu tra i
primi cultori della silografia in Italia, contribuendo al movi-
mento di rinascita di quest'arte. La sua arte si svolge sopra
una linea di evoluzione che sarebbe facile dividere in pe-
riodi ben precisi e determinati a seconda delle aspirazioni
e dei criteri dell'artista e dei resultati ottenuti.
In un primo periodo (1909-10) il Melli lavora con lena
tutto in braccio alle sue facoltà istintive e scusabili, senza
preoccupazioni di ricerche. Di questo periodo è la Testa di
fanciulla esposta nella Primaverile della quale Edoardo De
Albertis ebbe a dire che era «il più nobile e più gustoso
frammento della moderna scultura italiana».
Dal 1912 al '14 invece procede per tentativi intesi a dare
valori di volume e di colore in un tutto plastico espressivo.
Le opere di questo periodo hanno soltanto valore di fram-
mento e rimangono nel campo del «saggio» o meglio del-
l' « assaggio plastico » e fan parte di un sondaggio delle
proprie facoltà poste a repentaglio con la materia.
A un terzo periodo (1915-1920) interrotto da tre anni di
guerra, appartengono molteplici tentativi di pittura.
Nell'attività artistica del Melli negli anni 1914 e '15 è
degna di rilievo l'opera condotta nel restauro degli sbalzi
sacri abruzzesi, eseguita per conto dello Stato; opere che
dà al Melli una completa e originale fisonomia di orafo.
1, Ritratto di mia moglie 3. Maschera (bronzo) (Pro-
(bronzo) prietà Girar don)
2. Ritratto del pittore Costan- 4. Signora col cappello
tini (Pietro) (bronzo)
5. Ritratto di mia moglie (dipinto a olio)
19 145
Giuseppe MENATO
E' nato a Bovolone (Verona) nel 1874. Si dette all'arte per
istinto e per passione. Primo fra i suoi meriti: fu un auto-
didatta e come tale domandò alla propria fede soltanto il
segreto per riuscire.
Fede che Menato animò e ravvivò di giorno in giorno,
quanto più sentiva esultare nell'anima la poesia infinita
della natura alla quale seppe temprare, con lo studio, le
facoltà native.
Nella prima maniera l'artista riusci con una tavolozza
svariata e forte a rendere, attraverso assidui studi analitici
del vero, una nota di calma e di serena mestizia; nei suc-
cessivi pervenne ad afferrare e tradurre efficacemente nel
quadro, con grande evidenza e senso plastico, la sintesi
cromatica dei momenti più suggestivi della natura.
Nei lavori dell'ultimo periodo balza, in modo particolare,
nitida l'individualità dell'artista, che ha saputo felicemente
conciliare la tradizione dei migliori impressionisti, con le
ricerche delle tendenze moderne, elevando il paesaggio ad
una forma distinta e tutta personale, che pone il Menalo
fra i notevoli temperamenti artistici.
Dipinti a olio
1. Il tramonto sali Adige a 4. Nella Valle dei Mulini
Verona ' (Veneto Veronese)
2. Gala la sera 5. Tramonto a Torri del
3. Face montanina Benaco
Vittorio MEONI
Nato a Colle di Val d'Elsa circa cinquant' anni fa, vive a
Lucca con la famiglia, (è padre di sei figli ormai grandi) e
commercia. Dipinge, nei momenti liberi, per istinto. Predilige
la tecnica divisionista, perchè lui è un paziente, benché fer-
voroso, adoratore del vero. Aria, spazii, poesia, ecco la
146
caratteristica delle sue tele di cui è sempre, e solo, protago-
nista il paesaggio che questo pittore di cosi raccolta, intima
religiosità guarda colla gioia amorosa di un San Francesco
o meglio, di un fra Giovanni da Fiesole.
Una distesa di campi, monti lontani, nuvolette rosee
veleggianti sull'orizzonte e, in primo piano, un albero,
un tralcio di macchia, un fiore. Ma di là da quell'albero,
da quel tralcio, da quel fiore, quali lontananze tutte vibranti
di atomi di luce e di colore che, fusi nella nostra rètina, ci
danno l'illusione d'affacciarci a un balcone e respirare!
F. P.
1» Autunno (olio)
RuBALDO MERELLO
Nel gennaio di quest'almo è morto Rubaldo Morello,
mirabile artista, solitario, sdegnoso, che fu sfruttato da molti^
sconosciuto, amato solamente da pochi eletti : morto ancor
giovane e povero. Chi ha opere sue ne è geloso : e speriamo
non voglia farne la solita speculazione, che a volte tradisce
la memoria stessa dei morti gloriosi, seppure non ne ritardi
il riconoscimento, come sempre impedisce che spiriti egregi
e disinteressati rendano loro il tributo che merita.
Ringraziamo il Gav. Alfredo Giannoni di Novara per aver
voluto concederci, unico fra quanti furono da noi sollecitati,
un gruppo di opere del morto.
Il quale viene solitario, sperduto fra gli scogli della Li-
guria, prima a S. Fruttuoso di Portofino, fra le tombe dei
D.oria e le granitiche maestà del monte a picco sul mare ;
e poi a S, Margherita Ligure. Fu pittore e scultore nell'ul-
timo tempo : poeta sempre ; pensoso di continuo, come uno
strumento eloquente e rivelatore di natura.
Come pittore, il Merello, artista d'istinto caldo ed esu-
berante, è fra i pochissimi che ponendo a base della propria
espressione pittorica la tecnica divisionistica, non la intese
147
in modo meccanico e in vista di « effetti » fisici obbiettivi
di irradiazione luminosa o di soffusione atmosferica, ma
come un mezzo per moltiplicare e corroborare la propria
lirica, assimilando, cioè, completamente quel mezzo tecnico
alla necessità emotiva del proprio spirito. Quella specie di
serrato e sapiente ordito strumentale cbe è il divisionismo
del Merello non si ingrettisce mai in modi abitudinarii e
teoretici, ma s'insangua e brucia del traboccante amore
dell'artista pei colori fulgidi e intensi della divina Riviera.
L'abbagliante riverbero del mare, fra gli scogli roggi o dia-
sprati del litorale ligure, che fonde ed elabora come la
vampa di un forno vetrifero, gli aspetti ricolanti di luce
del colore, ha suggerito e imposto al Merello quella tecnica,
divisa eppure compatta e succosa, per cui i suoi quadri,
oltre che per la potenza evocatrice dei luoghi raffigurati,
sono stupendi per l'arabesco sontuoso delle tinte : intese
nella loro pura musicalità decorativa, risplendenti fra i
castoni di forme solide e stagliate, come un prezioso mo-
saico di gemme cristalline e di pietre dure. Merello è il
cantore che con voce più squillante e gioiosa abbia cele-
brato le bellezze di quella terra benedetta dalla natura, in
cui tutti gli aspetti sembrano essere invasi da un delirio
dionisiaco, moltiplicato dalla profusione dei doni di una
flora prodigiosa, sotto l'azzurro intenso del cielo, cui ri-
sponde la nota più profonda, ma non meno splendida e
vibrante del mare.
1. La scala del Convento di 4. Pini e rocce
San Fruttuoso 5. Tramonto sul mare
2. Pini sul mare 6. San Fruttuoso
3. Ulivi in Riviera 7. Disegni a sanguigna
Roger MICHAHELLES
E' nato a Firenze nel 1898. Studiò con Julius Rolshoven
e con F. Marfori-Savini ; per il disegno ha seguito un corso
nella scuola inglese di Londra.
1, Natura morta (olio)
148
Alberto MICHELI
Pittore delicato e aristocratico disegnatore elegante. È
molto luminoso, la sua pennellata è fluida, il suo tòcco si-
curo, preciso. Buon ritrattista, predilige le silhouettes fem-
minili, le testine dei fanciulli e le toilettes di cui accenna
con bella sintesi e con chiaroscuro efficace i panneggia-
menti. Ha esposto varie volte a Venezia e a Firenze ripor-
tando sempre notevoli successi.
Dipinti a olio.
1, La Piazza di Assisi 2. La Valle del Tescio
3. Paese
Corrado MICHELOZZI
È, come egli ama definirsi, un pittore dinamico. Dina-
mismo e velocità sono infatti le qualità peculiari della sua
arte che si esprime a pennellate larghe, rapide, mosse, sin-
tetiche. Talvolta l'esuberanza del suo irresistibile tempera-
mento di livornese-guascone che non conosce indugi e
profonde meditazioni e crea in fretta alla « brava » sotto
l'inspirazione del momento, dà ai suoi quadri una innega-
bile impronta di superficialità. Ma quando riesce a contenere
la sua foga tutta meridionale, a dimenticare che la pittura
è qualche cosa di più che un semplice giuoco di abilità
ma è indagine, studio, passione, ricerca, Corrado Michelozzi,
detto il « Borchia », si rivela un artista capace di dire sul
serio qualche cosa di intimamente suo e di dirlo in un
linguaggio sobrio, efficace, tutto evidenza di colori e d'im-
magini. Appartiene al « Gruppo Labronico ».
Guido Vexarelli
Dipinti a olio
1. L'uomo seduto 3. Sul palcoscenico
2. Cantante di strada 4. Mia madre
5. Marta
149
Vincenzo MIGLIAEO
Vincenzo Migliare è nato VS ottobre 1858. Ora gaia e
sentimentale, ora cupa e drammatica, Napoli tutta vive nelle
tele di Vincenzo Migliaro, con una sincerità e con una pro-
fondità d'indagine che non ha eguali.
1 vicoli sudici e pittoreschi, i fondachi bui e misteriosi,
i bassi ove s'annida la variopinta miseria degli umili, le lu-
minose piazze inondate dal sole caldo e buono hanno il loro
storico e il loro poeta in questo pittore solitario e scontroso,
acuto e sincero, caratteristico e vigoroso, che ha saputo poi
glorificare in maniera definitiva, nelle sue personalissime
mezze figure, la calda bellezza ammaliante delle popolane
napolitane.
Federico Petriccioxe.
1. Tipo di popolana 2. Plenilunio
Arrigo MINEREI
É nato a Ferrara nel 1881. Non ha avuto maestri, né ha
frequentato Accademie.
« Ho lavorato e studiato in silenzio per vent'anni —
«sono sue parole — e ho acconsentito ad esporre le mie
< opere la prima volta nel 1919 alla Galleria Pesaro.
«Non ho preoccupazioni di tecnica e di stile, non cerco
«d'essere personale ad ogni costo, abborro la retorica, la
«fredda statuaria, il bianco gelido.
« Ascolto battere il mio cuore e lavoro. Nnll'altro ».
Del Minerbi ha scritto Carlo Bozzi in occasione, appunto,
di una sua mostra nella Galleria Pesaro :
Si direbbe che, non per la scultura contemporanea, ma
proprio per quella del nostro Minerbi, André Michel abbia
scritto fino da vent'anni fa: « Bien plus que par la gesti-
culation, c'est par la qualité du modelé que la sculpture
est expressive ». Come riesce interessante confrontare, il
150
modellare di questi due grandi scultori. Il Minerbi mostra
di voler conservare la massa, le forme della realtà e ne
arricchisce l'insieme con squisite finezze di piani e di sfu-
mature e trae da una sola materia appareuti differenze di
consistenza, di ètoffe... Ottiene cosi una vita d'arte della ve-
rità che. in qualcosa di plasticamente assoluto, ci offre
secondo le luci e il punto di vista, una sorprendente varietà
in una definitiva unità. Una scultura che aborre gli «scuri»
e resiste nelle penombre, di una fattura cosi minutamente
vibrante che pare circondarsi di una emanazione luminosa,
quasi, l'esalazione di un profumo... Vi è inconsapevolmente
ripresa e continuata l'arte di Mino e del Laurana e seguita,
uscendo dalla simmetrica compostezza e semplificazione
stilistica del Quattrocento, con la espressione tutta del nostro
tempo di una personale quasi spasmodica sensibilità che
ci accompagna fin sulla soglia dell'inesprimibile...
Carlo Bozzi
(Gesso)
1. U Annunziazione 2. La Comunione
3. Mattino di primavera
(Marmo)
4^. La Vittoria 6. Ritratto di V, Grabicy
5. Il Falco 7. Giovanna
6. Crisalide 9. Autobiografia
10. Fanciullo che ride
(Bronzo)
IL Cesare Battisti : VApo- 12. Bimbo
stola ; V arresto a Monte
Corno ; il Martire
(Targhette in argento)
13, S. Cecilia U. Ritratto
151
Aurelio MISTRUZZI
Nacque a Villaorba (Udine), nel 1880.
Il Mistrazzi coltiva con singolare amore l'arte delicata
della medaglia.
L'attitudine e l'abilità per la tecnica speciale del basso-
rilievo lo hanno posto in grado di competere con i meda-
glisti di maggior grido.
Fra i suoi lavori di questo genere annoveriamo parecchi
di speciale importanza, cioè le medaglie commemorative
ufficiali della consegna della bandiera di combattimento
alla regia nave « Roma », del Congresso artistico interna-
zionale all'esposizione di Roma nel 1911; del centenario
della proclamazione dell'indipendenza della Grecia; del
congresso degli Orientalisti in Atene; dei benemeriti della
Lega navale italiana, ecc.
Meritano particolare menzione le due grandi medaglie
che la nazione rumena ha decretate alla benemerenza dei
propri sovrani durante la recente guerra, lavori che ora si
stanno coniando a Vienna; e le medaglie annuali pontificie
del 1920 e del 1912.
Sono or ora uscite per i coni della zecca nazionale le
due medaglie dantesche del Gomitato delle onoranze a Dante
in Ravenna, e del Gomitato cattolico sorto allo stesso scopo.
Testò il Mistruzzi fu chiamato a modellare la medaglia
dal Gomitato per le onoranze al Milite Ignoto in Roma la
magnifica grande medaglia che le città friulane di Aquiieja^
Gorizia ed Udine deposero sulla cassa che racchiude le
gloriose spoglie del Milite Ignoto.
Eseguì inoltre il monumento Frey al Monumentale di
Milano, quello Limo al Verano, ecc.
Recentemente vinse il concorso per il monumento ai
Gaduti di Gastel franco Veneto.
Studio dal vero di S.S. Bene- Dieci modelli di medaglie
detto XV (targa in bronzo) f bronzo)
Quattordici medaglie coniate Due medaglie fuse
152
Iginio MONTINI
E' nato a Rimini nel 1877. Studiò con Antonio Garella.
E' autore della prima Statua di Dante nel Sud-America (Ar-
gentina) e un buslo colossale di Dante ha modellato (1913)
per la Università di Lima nel Perù. Attualmente è Direttore
della R. Scuola per l'Arte della Ceramica di Sesto Fi arentino.
Bronzo.
1. Capra 2. Struzzo
Giorgio MORANDI {Gruppo « Valori Plastici »),
Non siamo un popolo fatto per impinguire nella vita
borghese. Il più ricco e soddisfatto dei nostri borghesi ha
sempre nell'imo fondo della sua natura qualcosa di più in-
quieto e scontento del più povero contadino figlio di paesi
più nordici e più felici perchè meno tepidi e meno chiari.
Che tanta fatale miseria aguzzi la nostra visione del
mondo è fatto ormai indiscutibile. L'arte italiana in quello
che essa contiene di più scheletricamente bello è cosa dura,
pulita e solida. Da tali forme, nude d' ogni infrasconatura,
cosi come d'ogni entusiasmo sfrenato e d' ogni impudica
gioia, nasce quello spirito casto, asciutto e di prim' ordine,
che della grande pittura nostra, dai primitivi a Raffaello, è
il maggior vanto.
Enorme è oggi la confusione che opprime le arti; e la
cattiva qualità della pittura che allaga i continenti con tor-
renti di colore grasso e oleoso, è diffìcile a definirsi ; c'è
della sufficenza balorda, molta incoscienza, moltissima bana-
lità, sensualità di cattiva lega, e, in quanto allo spiritò, tu
lo cercheresti invano.
Pertanto è con somma simpatia e con dolcissimo senso
di conforto che noi vediamo da qualche anno sorgere, svi-
lupparsi e maturarsi con lenta, faticosa ma pur sicura mente,
degli artisti quali Giorgio Morandi.
«>ft 153
Egli cerca di ritrovare e di creare tutto da solo : si
macina pazientemente i colori e si prepara le tele e guarda
intorno a sé gli oggetti che lo circondano, dalla sacra pa-
gnotta, scura e screziata di crepacci come una roccia se-
colare, alla nitida forma dei bicchieri e delle bottiglie. Egli
guarda un gruppo di oggetti sopra un tavolo con l'emozione
che scuoteva il cuore al viaggiante della Grecia antica allor-
quando mirava boschi e valli e monti ritenuti soggiorni di
divinità bellissime e sorprendenti.
Egli guarda con l'occhio dell'uomo che crede e l'intimo
scheletro di queste cose morte per noi, perchè immobili,
gli appare nel suo aspetto più consolante: nelV aspetto suo
eterno.
Egli partecipa in tal modo del grande lirismo creato
dall'ultima profonda arte europea: la metafisica degli oggetti
più comuni. Di quelli oggetti che l'abitudine ci ha resi tanto
famigliari che noi, per quanto scaltriti nei misteri degli
aspetti, spesso guardiamo con l'occhio dell'uomo che guarda
e non sa.
Non invano Eraclito d'Efeso disse essere la natura piena
di dèmoni.
*
* *
Nella sua vecchia Bologna, Giorgio Morandi canta così,
italianamente, il canto dei buoni artefici d'Europa.
È povero, che la generosità degli uomini amanti delle
arti plastiche l'ha finoradimenlicato. E pe r poter proseguii e
nel suo lavoro con purezza, di sera, nelle squallide aule
d'una scuola governativa, egli insegna ai giovanetti le eterne
leggi del disegno geometrico, base d'ogni grande bellezza e
d'ogni profonda malinconica.
Giorgio di Chirico
Dipìnti a olio
1. Paese 3. Paese
2. Paese A. Paese
154
5. Anfora 12 Nature Morte.
6. Fruttiere e pane Acquarelli
7. Vasetto con rose Disegni
Pietro MORANDO
Pietro Morando è nato ad Orti (Alessandria), si accostò
all'arte, giovanissimo, per naturale impulso e per l'acceso
fervore suscitato in lui dalle opere di Pellizza, dal quale si
recava spesso nella quiete laboriosa di Volpedo.
Non seguì alcun corso regolare di studi, ma — autodi-
datta — attinse insegnamento prezioso dalla vicinanza di
illustri maestri, quali Angelo Morbelli e Vincenzo Gemito,
Frese parte a parecchie importanti esposizioni nazionali;
partecipò, volontario, alla grande guerra, e ne fermò la tra-
gica drammaticità in una serie di disegni a bianco e nero,
ai quali si interessò vivamente la critica.
(Disegni).
1. La resa 2. Trincea al Monte Santo
Antonello MORONI
Ancora giovane, essendo nato a Savignano di Romagna
nel 1889. Dopo avere studiato all'Accademia di Belle Arti di
Firenze, passò a Bologna, sotto la guida del De Carolis, il
quale stava frescando il magnifico salone del Palazzo del Po-
testà. Con lui, il Moroni si perfezionò nell'arte dell'incisione
in legno; e benché la sua derivazione dal maestro sia evi-
dente, nondimeno egli è riuscito a dare alle sue xilografie
un carattere originale e una morbidezza di linee delicate e
di sfumature che gli è affatto particolare e lo distingue dagli
altri. Ha esposto a Monaco, a Venezia, a Firenze (Mostra
Internazionale di Bianco e Nero), dove ottenne una men-
zione onorevole. D uè stampe di lui figurano nella Galleria
d'Arte Moderna di Roma; una nella Galleria di PaleriKo;
155
una nel Museo Imperiale di Tokio. Da qualche tempo si è
dedicato con successo alla decorazione e alla illustrazione
del libro, con una produzione copiosa e ricca di fantasia.
Giuseppe Lipparini.
Dipinti a olio.
1, La merle 2. Circe
3. Odisseo
4. Mantello rosso 5. Ritratto
6. La coppa d'oro
7, 8. Due cornici {ex libris) Otto tele stampate di Ro-
Le quattro stagioni magna
Dante MOROZZI
È nato a San Colombano, presso Firenze, nel 1899.
Studiò con lo scultore Augusto Passaglia.
Figura muliebre (bronzo)
Alfredo MULLER
È nato a Livorno nel 1869.
Studiò a Firenze col Giarampi e col Gordigiani e a Parigi
ove si recò nel 1888, con l'Hameng. E' artista di un'indole
aristocratica e raffinata. La sua arte piuttosto che d'istinto
é fatta di un'intelligenza curiosa e vivace : — di gusto e
di cultura. Ama l'arte più assai della natura e chiede a
quella, di preferenza, le proprie ispirazioni. Il suo carattere
stesso lo na condotto spesso ad interessarsi dei « movimenti
d'avanguardia » dell'arte francese e a seguirli, temperandoli
sempre, peraltro, con una vena di arguto scetticismo e di
prudente moderazione. Fu il primo a portare in Italia —
verso il 1890 — il nuovo verbo dell'impressionismo lumi-
nista Monettiano. Mi ricordo di un suo quadro fatto a quel
tempo a Livorno e raffigurante i Bagni Panccddi, che per
molti pittori fu allora come il libro di lesto dal quale ap-
156
presero il gusto delle gamme chiarissime e quella nuova
tecnica a piccole pennellate corpose, divise e sfarfallanti,
intesa a rendere la vibrazione della luce e dell'atmosfera.
Tornato a Parigi nel 1895, divenne amico di Pisano,
dì Renoir, di Lautrec, di tutti, insomma, i fondatori de Les
Indépendents e del Salon d'Automne. Prese parte alla Mostra
del Champs de Mars.
Avvicinò anche Cezanne.
Allo scoppiare della guerra europea il Mùller ritornando
a Firenze col culto di Cezanne e di Renoir, ebbe qui nume-
rosi seguaci e imitatori : e alcuni pittori, alcuni anche in là
ormai con le esperienze, sul suo esempio, raschiarono la
tavolozza e rinnovaron maniera.
Mùller adottando la norma di certi periodi più maturi
dell'arte antica, nell'orbita d'influenza dei suoi maestri elet-
tivi, si é andato creando una propria « retorica », una pro-
pria convenzione, nella quale applica tutte le risorse della
sua tavolozza ormai raffinata e abilissima. Quando egli guarda
direttamente il « vero » — e lo guarda raramente — lo con-
sidera, piuttosto che come il soggetto, come il pretesto della
propria arte, un canevaccio sul quale va ricamando delle
armonie cromatiche e lineari traslate e arbitrarie.
Cosi, discorrendo della sua pittura, egli non vi parla di
rapporti giusti e di toni evocativi, ma preferibilmente di sim-
patia di gamme argentine, dorate, calde o fredde, e si com-
piace esplicitamente allorché una sua figura ha raggiunto
nel gesto, neUa linea, nell'espressione qualcosa che ricordi
l'esemplare di qualche grande maestro o evochi qualche
vecchia stampa. Come si vede, la sua é una mentalità del
tutto opposta a quella dei naturalisti e dei sensazionisti. La
pittura del Mùller ha un sapore prevalentemente decora-
tivo, anzi : ornamentale. Peccato che questo artista non abbia
a sua disposizione una moderna « Savonnerie ». cui poter det-
tare le sue armonie gustose e divertenti, mignardes — come
dicono i Francesi. Mario Tinti.
157
/. Donna nuda addormentata 4. // Geloso
2. Le arlecchinate 5. La fuga
3. Il Labirinto 6. L'appuntamento
Antonio NARDI
È nato a Cerea (Verona) nel 1888. È allievo dell'Accade-
mia di B. A. di Verona.
Figure e case folio/.
Fausto Maria NATALI
Allievo dell'Accademia di Firenze, è dei più promettenti
giovani scultori toscani. Ha eseguito molti ritratti alla mi.
gliore società fiorentina. Molle volte la stampa s*è occupata
delle opere sue, nelle quali ricerca con bella eleganza la
forma, ìa rassomiglianza e l'arnjonia delle linee. E' nato a
Firenze il 17 ottobre 1884.
1. Ritratto.
Renato NATALI
Questo livornese puro-sangue non è davvero un acca-
demico. Tutti gli artisti hanno avuto almeno il fac-simile
di un maestro. Renato Natali non ha mai avuto maestri. E
l'istinto che, dopo avergli imposto di dipingere, gli ha in-
segnato anche tutti i segreti dell' arte o, per ripetere un suo
termine favorito, del mestiere. È nato pittore e pittore nel
senso più giusto della parola, anche se alcuni suoi critici»
andando a ricercare la fonte della sua ispirazione, si sono
illusi di trovarla se non fuori della pittura, per lo meno al
confine fra pittura e letteratura. È un illustratore della vita
di Livorno e specialmente della vita notturna: all' idillio
preferisce però il dramma. Le sue opere più significative
appartengono tutte a quello che egli chiama il «ciclo livor-
158
nese » e che ritrae gli ambienti più caratteristici della sua
città natale. Certe sue « risse t>, han valso a procurargli una
meritata notorietà: luci bizzarre e fantastiche; contrasti vio-
lenti, quasi brutali, di colore; strani giochi d'ombre; grup-
pi di figure meravigliosamente vive e confuse in mischie
feroci e, come sfondo, qualche via della vecchia Livorno.
Ma il segreto di quest' arte, rude impetuosa ed istintiva,
risiede, oltre che nelle sensazioni intensamente drammatiche
che riesce a dare, nella linea secondo la quale ogni quadro
appare saldamente costruito e nell'armonia che regola e
fonde tanta forza e vivacità di contrasti. Appartiene al
« Gruppo Labronico ».
Dipinti a olio.
1. Borgata 5. Quiete
2. Musica rusticana 6. Case
3. Allegria rusticana 7. Carabinieri
4. Ponte Dair 8 al 13 litografie e ac-
queforti
Giovanni NICCOLINI
Nato a Palermo nel 1872, ancor giovanissimo era venuto
a Roma a studiare nello studio di Giulio Monteverde. Ben
presto il maestro apparve insufficiente all'ardore, alla stessa
abilità plastica del giovane siciliano. Egli non doveva rite-
nere nulla della fredda tecnica e della debole spiritualità
di Giulio Monteverde.
La sua prima opera esposta fu una battaglia e una vit-
toria. E' un opera che appartiene un poco al vecchio mondo
letterario. Ma quanta umanità in questa. Piccola vedetta ! La
figura del fanciullino eroico creato dal De Amicis, trov^^va
nell'opera di Giovanni Niccolini una nuova degna celebra-
zione.
Il bronzo fu acquistato dal Ministero della Pubblica Istru-
zione per il Museo Nazionale di Palermo.
159
Una delle opere più caratteristiche del Xiccoiini sono
J figli della zolfara, una rappresentazione impressionante
della miseria e del tormento dei minatori siciliani. Ne I fal-
ciati, il bel lavoro che trovasi nella (Talleria nazionale d'arte
moderna di Roma, la forza costruttiva di Giovanni Xiccoiini
si afferma e la scultura serve ad una delle finalità che l'arte
si propone: commuovere per educare.
/ falciati rappresentano l'epoca della maturità nell'arte
del Niccolini, o, per meglio dire, l'epoca d'^'ll' equilibrio. Ma
dalle opere della prima p^iovinezza a questo lavoro di uma-
nità tutto un mondo di figure, di forme plastiche sono uscite
dal fervente spirito creativo di questo artefice. Figurazioni
mitologiche, pagane nella forma e nella vitalità sana; forme
ritmiche di corpi nudi, sonisi di volti vivi, dalla Naiade
alla Lattaia, dai ritratti larghi e studiati a quella pensosa
Chimera del Polo esposta al Salon dei 1^06 ed acquistata
per il museo di Carlsbad ; dalla soave testa d'Ofelia al Ri-
sveglio; tutta questa vasta e organica opera forma al Nic-
colini una meritata rinomanza.
11 Niccolini ha altresì modellato non pochi monumenti
che adornano varie piazze d'Italia.
1. Testa fiamminga 2. Adolescente
Quattro disegni
ViNDizio XODARI-PESENTI
È nato in Medole (Mantova) nel 1879. Allievo del pittore
D. Pisenti. Ha partecipalo a varie importanti Esposizioni
nazionali e ad una Quadriennale di Monaco.
1. Xinì (olio).
Plinio NOMELLIXI
Plinio Nomellini, nacque a Livorno nel 1866. Studiò al-
l'Accademia di Firenze col Fattori, del quale si gloria di
considerarsi discepolo.
160
Nomellini venuto a Firenze a studiare l'arte, nel fare
i suoi primi passi aveva subito fortemente l'ascendente dei
macchiaioli, i quali, rappresentando allora l'estrema sinistra
della pittura, dovettero guadagnare subito lo spirito batta-
gliero del giovane livornese. Gli artisti cbe ebbero una deci-
siva influenza su di lui furono il Lega e il Fattori. Osservand o
le opere del periodo di formazione del Nomellini noi po-
tremmo ritrovarvi, non solo i modi stilistici, ma perfino
molti dei toni e delle naances di colore di cotesti due maestri
Nel periodo di formazione il Nomellini è veramente uno
scolaro — del Fattori, prima, eppoi del Lega — uno scolaro
al buon modo antico, che si propone di seguire i suoi
modelli con quella dedizione completa che è il migliore
tirocinio per conseguire l'originalità e per il quale essa si
forma con un processo interiore pressocchè inconsapevole .
Ma, a fianco dei fermi e sobri macchiaioli, il giovane di-
scepolo, con nelle vene l'urgenza dinamica del sangue la-
bronico, acceso dagli eccitamenti di un' epoca che già si an-
nunziava turbolenta, provava dinanzi al « vero » l' insofferenza
di un giovane pulledro. Egli doveva intormentirsi e smaniare
in quelli stretti e pii colloqui con la natura, a fianco dei suoi
maestri; la sua mano era intollerante dei limiti severi im-
posti dal sagomare fattoriano; mentre le ansiosità nervose
del Lega trovavano nel suo temperamento sonoreggiante
un'eco esasperata Finché un giorno egli comprese che
dentro l'austera regola dei maestri gli sarebbe stato mala-
gevole affermare un proprio dominio personale, e l' orto mite
e devoto dell'arte macchiaiola sembrò troppo angusto e
troppo chiuso al suo estro balzano.
La personalità del Nomellini si affermò allora, più che
come un'evoluzione dalle forme « macchiaiole », come un
atto di secessione e di ribellione, una ribellione qualche
volta un po' troppo formale, analoga a quella che si era
verificata nel campo delle convinzioni politiche del pittore.
21
161
La sua originalità sbocciò con la violenza di un fiore
scarmigliato e sgargiante.
Si è parlato a pr oposito del Nomellini di pittura Secen,
tesca e in realtà il pittore livornese, reagendo all'intimità
emotiva e al rapportismo dei macchiaioli, si rifece alla lirica
cromatica e all'eloquenza esuberante di alcuni Secentisti;
se non alla sodezza plastica d"un Caravaggio o d'un Crespi
bolognese, piuttosto alla sprezzatura d'uno Strozzi o di un
Sebastiano Ricci.
Nomellini ha ripreso altresì nella sua opera, molti ele-
menti che l'episodismo naturalistico aveva bandito dalla
pittura, e fra gli altri la impnginatura, l'euritmia della
composizione, la poetica del soggetto. Questo ritorno della
pittura a un senso più decorativo, faceva parte di tutta una
reazione antirealistica — « eroica > — verificatasi verso il '90
non in pittura soltanto, anzi più accentuatamente in lette-
ratura.
La insofferenza per una interpretazione aderente, diretta
e logica delle cose,che ho notaio parlando del periodo di forma-
zione del Nomellini, è quanto nelle opere mature alimenta gli
aspetti pi ù significativi e geniali, ma benanche i difetti della
sua pittura. Perchè T arte, essendo, appunto, trasfigurazione
e idealizzazione delle forme sensibili, esige un nesso evidente
con queste forme, senza del quale viene a mancare alla sua
equazione il termine più necessario e quella possibilità
di riferimento da cui nascono le sue analogie e le sue an-
titesi.
Ma quando questo nesso èrispettato nell'arte del Nomellini
essa ci dà opere calde, pittoricamente piene e sostanziose,
che rimarranno fra i migliori esempi, nella nostra epoca, di
un risalire spontaneo alla tradizione italiana di pretto sen-
sualismo coloristico, in contrapposto alle influenze intellet-
tualistiche francesi e allo spiritualismo della grande tradi-
zione toscana.
Mario Tinti.
162
1. I cipressi di Volterra 5. I doni dell' autunno
2. Mattino a Capri 6. Bagni di Tiberio
3. Libeccio 7. Fossa dell'Abate
4. Azzurro 8. Porpora ed oro
Francesco NONNI
Squisito ed elegante fregiatore di libri, è uno dei più
preziosi disegnatori d' Italia. I suoi disegni, ricordano l' a-
more dei preraffaeliti ; ma con grazia veramente italica e con
misurata eleganza che forse gl'Inglesi non conobbero. Le
sue xilografie profonde di segno e pur sottili di linea sono
vanto di quel che volgarmente si chiama <^ Bianco e nero»
italiano. Il Nonni è di Faenza; è ancor giovane ed il suo
nome meriterebbe una risonanza maggiore.
(Xilografia a colori)
1. Sera 3. Maschere
2. Chiaro di luna 4. Bagnanti
(Disegno)
5. La Sbobba 8. La disinfezione
6. I pacchi 9. Appello
7. La 73 n. 15. ceramiche.
Emilio NOTTE
È toscano, nato circa trent'anni fa. Si è fatto quasi com-
pletamente da sé, senza maestri, pezzo a pezzo, con la tenacia
e l'alacrità del lavoro, traendo volta a volta dalle ricerche
e dalle esperienze delle quali le nuove tendenze dell'arte
moderna gli proponevano il tema, il nutrimento di quella
che poi doveva essere la sua visione necessaria, personale;
ma anche in questa opera preliminare di esplorazione, di
revisione, di sondaggio egli serbò sempre l'impronta della
sua indole tormentata e inquieta, il riflesso lirico del suo
163
mondo interno, cui gli prestava il volto delle sue creature
dolorose e l'aspetto del suo colore fervido, ma come pervaso
di un drammatico afflato.
Il suo soggiorno prolungato a Venezia, nella consuetu-
dine dei grandi maestri del Cinquecento, lo condusse ad as-
similare i loro modi pieni di espressione drammatica e la
loro particolare sapienza nell'armonia della composizione.
Questa tappa nell'ascensione del Notte costituisce, non solo
un fenomeno importantissimo e significativo in questo
momento in cui l'arte italiana tende a risalire alle sue pure
e grandi sorgenti, ma annunzia la maturità di un artista in
cui le doti naturali si contemperano di riflessione e di studio.
La fede che consuma e guida il Notte ci riserba molte me-
raviglie.
[Dipinti a olio)
1. La Cieca Cantastorie 10. Ritratto di mio padre
2-9. Particolari del qua- 11. Natura Morta
dro < La Cieca Canta- 12. La Carlotta
storie * 13. Vecchia mendicante
Quattordici disegni a matita.
Ernesta OLTREMONTI
E' nata a Venezia nel 1901. Ha studiato con Emilio
Nolte.
1. Vecchia mendicante 2. Signorina in rosso
C. E. OPPO Gruppo ''Valori Plastici,,
E' sardo. Annotiamo per primo il luogo di nascita, non
solo per ragioni di esattezza topografica, ma soprattutto per-
chè nella sua pittura si ritrovano quella irruenza, quella
gravità e quell'amore alle colorazioni ferme e un poco crude
che la Sardegna ispira più che nessun' altra terra. Codeste
facoltà native, Oppo le concilia con le più moderne espe-
164
rienze della pittura, così che, volendo stabilire un raffronto
fra lui e altri pittori, il nome di Henri Matisse ci viene na-
turalmente alla memoria.
Cipriano Efisio Oppo ha studiato pittura all' Istituto di
Belle Arti, in Roma. Oltre che pittore, è caricaturista brio-
sissimo e critico d'arte all' 7c?ea Nazionale.
Alberto Savinio
1. Paese {917) 2. Paese {917)
3. Ritratto del mio bambino (921)
Gabriella OREFICE
S'è affacciata alla vita dell'arte dal «mezzanino» di Pa-
lazzo Pesaro. E' ancora molto giovane; fece, credo, i suoi
primi tentativi a Firenze dove è stata allieva di Galileo
Chini. A Venezia si impose poi rapidamente tra gli espo-
sitori di Cà Pesaro, di temperamento più vivace pur es-
sendo per natura tutta raccolta e contenuta. Ma ha l'ardi-
mento nello spirito che ne regola la pittura. Dipinge, di pre-
ferenza, nature morte e interni. Sa tuttavia affrontare il ritratto
all'aria libera ; realizza i valori plastici e i toni di luce colore
degli oggetti con un intuito felicissimo. Quando un movimento
di «plebe» riesci ad alterare la fisonomia di esposizioni di
avanguardia, squisitamente intellettuali, di Cà Pesaro, ella
passò con i «dissidenti» alla Galleria Gerì Boraievi ove si
fece notare con una natura morta a base di «bianchi» di un
gusto raffinatissimo. Ha esposto anche alle Internazionali
veneziane.
Dipìnti a olio.
1. Signorina al tavolino 2. Signorina
3. Arabesco
(Tempera)
4. Natura morta 5. Natura morta
165
Cornelio PALMERINI
« La mia vita » — scrive egli di sé stesso — « è stata
assai dolorosa nel cammino tuttaltr o che agevole dell'arte-
A 13 anni, poi cìie ebbi manifestata la mia vocazione, venni
messo come apprendista in un laboratorio industriale mar-
mifero di Pietrasanta. Per recarmi colà da Carrara, mio
paese nativo, dovevo fare ogni giorno con qualunque tempo
18 chilometri a piedi. Questa specie di « via crucis» quoti-
diana durò per tre anni. Ma quei lavori commerciali non
mi soddisfacevano davvero e allora me ne andai a Carrara,
dove m'iscrissi a quell'Accademia. La frequentai per due
anni. Restava però in me vivo e insoddisfatto il desi-
derio di conoscere meglio l'arte. Allora mi recai a Firenze
(il mio grande sogno) dove con Rivalla, che mi prese assai
a benvolere, feci l'ultimo anno d'Accademia. Nel frattemp o,
nelle ore libere, per guadagnare qualcosa lavoravo il marmo,
giacché la mia famiglia era tuttaltro che agiata ».
«Nel 1913 andai a Roma e il Dazzi mi accolse nel suo
studio, dove, mentre aiutavo lui nella traduzione in marmo
di certi suoi lavori, usufruivo anche dei SJoi consigli, dei
quali molto mi avvantaggiai. Ma il mio carattere mi portava
a desiderare la libertà, sicché passato un anno me ne tornai
al mio paese, dove munito soltanto della mia fede, mentre
andavo continuando i miei studi, volli tentare il legno, ve-
dendo in quella materia qualcosa che non è nel marmo —
il colore ».
Cornelio Palmerini non è oggi alle prime armi.
Dal 1914 in poi egli ha preso parte con successo di cri-
tica e di pubblico alle maggiori esposizioni italiane, guada-
gnando parecchi premi e vendendo a enti e a privati.
(Legno)
1. Più lontano
2. Adriana 3, Giovane portatore
4. Testa di cieco (marmo)
166
Gilda PANSIOTTI
E' nata a Milano. Delicata descrittrice d'interni.
1. Cameretta di campagna 2. Cameretta di campagna
3. La stanza degli sposi
Delfo PAOLETTI
E' nato a Cortona (Arezzo) nel 1895. E' allievo di Do-
menico Trentacoste.
1. Busto (bronzo)
Ferdinando PAOLIERI
E' nato a Firenze il 2 Maggio 1878. Troncò nel '96 gli studi
liceali per darsi alla pittura. Nel 1903 esordì come critico
d* arte nel giornalismo. Così divenne scrittore e dettò un
poema campestre « Venere agreste». Scrisse, quindi, varie
commedie fra cui, « Il pateracchio », « La Madonna di Giotto »,
«gli Antidiluviani»; novelle rievocanti la maremma che
gl'insegnò ad amare Giovanni Fattori di cui fu allievo dal 98
al 902, anno in cui andò soldato, e vari romanzi dei quali
l'ultimo «Natio borgo selvaggio» è una specie di saporosa
a utobiografia che lo dipinge alla perfezione. Espose nel 1903
a Firenze un suo quadro di soggetto sociale «L'amaro di-
stacco», nel 1904 e nel 1906 paesaggi diversi e, nel 1905, fu
accolto a Berlino «Vento caldo» che non era piaciuto a Fi-
renze, ;[dove imperavano gli accademici capitanati da Arturo
jFaldi. Dopo la guerra, compiuta da tenente, presso la 11^
e IV'^ armata, pure essendo critico della Nazione è tornato
in parte ai pennelli. Ha dipinto poco, due centinaia d'opere
in tutto, la maggior parte delle quali si trovano presso colle-
zionisti e amatori privati. Il suo quadro raffigurante « La
messa di Natale all'lmpruneta» è slato acquistato per la
Galleria Italiana d'arte moderna di Lima nel Perù. Sincero
167
in pittura, come in letteratura tradizionalista, si definisce,
da sé, « L'ultimo dei macchiaioli > : è un perfetto toscano ;
forse uno dei pochi autentici che vivono ancora in questa
nostra terra imbastardita. C. L.
1, Il fico (olio) 2. L'aratro (olio)
Francesco PAEENTE
È uno scultore delicato e sensibile.
Nei suoi lavori, modellati con agile leggerezza di pollice,
non vi sono soltanto belle doti di grazia e di espressività,
ma sopratutto il resultato di un'accurata e sensibile inda-
gine psicologica.
R Ritratto di Signora — una delle sue opere più signifi-
cative — esprime infatti il rapimento lirico di un'anima
sensibile e vibratile accarezzante l'armoniosa leggiadria di
una giovine donna : — scultura signorile e soavemente sug-
gestiva.
Il Parente è nato in Napoli, nel 1885.
1. Ritratto della Baronessa 2. Il riso (bronzo)
3. Campagna (marmo)
Giulio PASSAGLIA
Ha una sessantina d'anni, ed èjfiglio del celebre artista
lucchese Augusto Passaglia autore del famoso Benvenuto
Cellini fanciullo e di due porte della facciata di S. Maria
del Fiore. Dal padre ha ereditato l'onestà dei costumi, l'a-
more al lavoro, il rispetto alla forma, al disegno; l'attacca-
mento alla tradizione classica. Ha esposto in varie esposi-
zioni con lode e fortuna e s' è schiuso il più lusinghiero
avvenire.
F. P.
Ritratto (bronzo).
168
Roberto PASSAGLIA
E' nato a Firenze. E' figlio dello scultore Giulio Passa-
gli a.
1. Natura morta (olio)
Decimo PASSANI
E' nato a Carrara nel 1884. Studiò da sé stesso. Prese
parte a varie esposizioni.
1. Autoritratto (bronzo)
Italo Amerigo PASSANI
Nato a Carrara il 22 Giugno 1882. Solitario, scontroso, so-
gnatore, buono fino all'ingenuità sotto un aspetto fiero, è un
ribelle alle imposizioni di tutte \q mode e di tutti gli snohs. E*
l'innamorato dei Greci e attaccato alla forma. Dunque un clas-
sico e non un neo-classico. Ciò nonostante non è ancora
professore residente, come gli si spetta per diritto, dell'Ac-
cademia. Misteri della complicata psiche di certi accademici!
Espose a Parigi al salon « Il satiro freddoloso », a Firenze
nel 1911 «L'errante» formidabile testa che fu premiata
con medaglia d' oro, oggi acquistata dalla galleria Italiana
di Lima nel Perù. « Verso la mèta » pure esposta a Firenze,
venne acquistata da S. M. il Re. poi a Venezia fu molto
ammirata « La madre » testa dov 'è la forza sincera dei quat-
trocenteschi. Dopo la guerra, combattente in prima linea sul
Pasubio e in altre località storiche, espose a Venezia il
<s Ritratto del pittore Nomellini » e a Firenze « Il Cranio »
bellissima testa di putto testé riprodotta in marmo, pigliando
il primo premio. « Il Demente » pure esposto a Firenze ebbe
il premio della Camera di Commercio. Ha testé ultimato
un gruppo di grandi dimensioni e di enorme effetto « Passa
22
l'iavasore >. Della forza di chiaroscuro del Passani fa fede
Y auto-ritratto che si ammira alla mostra Primaverile.
F. P.
1. Giovinezza dei boschi fgesso)
2. Ritratto di Augusto Rivalla (bronzo)
3. Autoritratto (sanguigna)
Norberto PAZZINI .
Una sera lontana (era l'inverno del 1870) in una bottega
dove si lavorava da calzolaio, ma dove convenivano, anche
per conversare, i personaggi più ragguardevoli di quel
paesello di Romagna, tre uomini sedevano intorno al de-
schetto, foggiando scarpe, ed un ragazzo di quattordici
anni, figlio del principale. Egli s'atFaticava a scolpire con
una lesina, sopra un pezzo di marmo, una figurina di Ma-
donna. Ma la lesina apparteneva a uno di que' due lavoranti
del padre, il quale era fermamente convinto che tale arnese
dovesse servire solo per forar suole non per scolpire Ma-
donne ; e tanto ne era convinto che in uno scatto di ribel-
lione contro questo abuso, esclamò rivolto al ragazzo :
— Ma, infine, che cosa credi di diventare con i tuoi
bambocci ?
Al quale scatto il ragazzo rispose con vivacità :
« Diventerò uno il cui figlio ne scriverà la vita >.
Questo ragazzo era mio padre. Ed ora che egli è stato
richiesto di alcune note biografiche, sento il dovere di scri-
verle io stesso, perchè si avveri quello che egli disse ac-
canto ai deschetto di suo padre, quando aveva quattordici
anni.
*
Quattro anni dopo, in una nebbiosa alba romana, scese
alla stazione di Termini un giovinetto ancora spaurito dal
lungo e faticoso viaggio notturno Era il ragazzo che aveva
170
scolpito la Madonna nel marmo, adoperando quella tale
lesina.
Aveva voluto venire a Roma per studiar pittura, da Ve-
rucchio, il suo paesello nativo, quasi sul confine della re-
pubblica di S* Marino ; era venuto solo, col borsellino scar-
samente provveduto, avventurandosi a Eoma, la città che
tanto fascino esercita su chi sente l'arte, per continuare, o
meglio, per intraprendere la strada che la natura gli aveva
indicata. Spinto dal desiderio di venire a Roma, egli aveva
fatto di tutto per raggranellare dei soldi che gli permettes-
sero almeno di fare il viaggio: imbiancò camere, dipinse
pareti, intagliò ornati per una chiesa.... Tutte le economie,
tutti i lavori che potessero aiutarlo nel suo intento, non
furono risparmiati.
Prima di partire conobbe un pittore allora in voga, anche
lui romagnolo, che gli domandò se, per venire a Roma a
studiare pittura, fosse disposto a soffrire la fame. Egli ri-
spose di sì ; ma questa condizione poi gli si presentò molto
più dura, nella realtà, di quel che avesse potuto supporre
da ragazzo. Non ebbe però mai un rimorso, mai uno scon-
forto per avere intrapreso una via cosi penosa, ma condu-
cente alla realizzazione del suo sogno.
Appena giunto a Roma, fu ospitato temporaneamente da
una modesta famiglia sua compaesana, che abitava tre mi-
glia fuori di Porta Gavalleggeri, ove doveva recarsi a notte
fatta e da ove la mattina doveva muovere all'alba per tro-
varsi a Roma in tempo per le lezioni nell'Istituto di Belle
Arti. Costretto poi a guadagnar qualche cosa, oltre allo stu-
diare, che questo non rende nulla, dovette adattarsi a far
da servitore in casa di una famiglia titolata, ora scomparsa,
che in cambio de' suoi servizi gli accordava soltanto un
bugigattolo a pian terreno, in un cortile, una specie di sot-
toscala, umido e buio, dall'apparenza di prigione. Questo è
il periodo delle maggiori sofferenze, poiché alla fame si
unirono umiliazioni di ogni sorta. Ritirandosi la sera nel
171
suo stambugio, non avrà certo potuto far a meno di ricor-
dare un'altra stanza, quella di casa sua, dove le ristrettezze
dei mezzi erano vinte dalla solerzia, dall'amorevolezza della
madre. E avrà certamente pensato al suo lettino odorante
di spigo e di bucato una sera, quando^ coricandosi, sentì
gemere sotto il peso del suo corpo una famiglia dì topi
che aveva fatto il nido nella paglia del suo giaciglio.
Ebbe in quel periodo triste un amico, un padre che an-
cora ricorda con venerazione. Era il P. Margarucci, gesuita,
uomo di bontà e di dottrina. Da lui ebbe conforto, da lui
ebbe il pane, quando nella città grande, nella città di sco-
nosciuti, entrambi gli mancavano. E tutte le sere, quando i
padroni non reclamavano i suoi servizi, egli andava da lui,
al Garavita, in cerca di chi gli volesse bene e gli dicesse
una parola buona.
Ma in seguito, nel 1880, un altro amico appare nella sua
vita; non un erudito, un apostolo, ma un uomo semplice e
buono, il sor Antonio, che teneva una modesta trattoria al
Vicolo d'Ascanio. Questo arrivò a dirgli: — « Voi mangiate e
bevete e non pensate al conto. Mi pagherete, quando po-
trete *. E mi pare che, per un trattore, questo sia il colmo!
Anima semplice e generosa del buon popolo romano, che
va purtroppo sparendo coli' imbastardirsi della razzai
Nel 1883, per un apprezzamento ingiusto di un suo pro-
fessore, se ne tornò al suo paese, dove rimase però soli
pochi mesi. Tornato a Roma, trovò lavoro, illustrando un
giornale per conto di un altro, disegnando per architetti,
per dottori; frequentò così le sale incisorie, dove ebbe com-
missioni di disegni anche dal celebre Panizza.
E siamo ora al momento decisivo per la sua arte, all'av-
venimento che doveva dare carattere speciale alla sua pit-
tura: la conoscenza di Nino Costa, nel 1885. Essa però non
ebbe luogo senza difficoltà, forse per poco benevola inten-
zione di gente che circondava il Maestro, e si dovette al
172
benevolo interessamento del conte Lemmo Rossi Scotti, se
potè avvicinarlo.
Le prime parole che il Costa ebbe per lui, furono quali^
nella sua modestia, egli non si sarebbe mai aspettate :
« Conosco i suoi figliuoli, di buona razza, e rari in questi
tempi » — parole che sonarono certo conforto e incorag-
giamento per lui.
E d'allora in poi seguitò la sua arte sotto la guida di
Nino Costa, lavorando con alacrità in tutte le ore del giorno.
Fece parte di una società da quello fondata e che ebbe un
titolo quale poteva darglielo un'anima come quella di Costa
* In arte libertas>. E questa società contò parecchi nomi
della buona vecchia scuola, quali Cellini, Parisani, Rossi,
Scotti, Morani ed altri.
Così la sua arte, nata accanto a un deschetto da calzo-
laio, allevata negli stenti, si delineava e assumeva forma e
sicurezza sotto lo sguardo e la carezza paterna di tanto
uomo, uomo dall'anima ardente e buona, battagliero e poeta,
che sapeva farsi amare e temere e che anche ora che dorme
là, nel];Pincetto del Verano, in cospetto della sua campagna
romana che egli tanto poetizzò col suo pennello, sa susci-
tare, con il ricordo, il rimpianto.
E la storia è finita. 0 meglio continua ritmica ed uguale.
Gli fu scuola una gioventù di stenti che l'abituò alle cose
semplici, mentre l'arte l'abituava ad amare il bello.
In estate tutte le albe del suo paese lo vedono desto con
la cassetta de' suoi colori e col suo cavalletto ; e forse per
.questo i suoi quadri hanno qualcosa della freschezza, della
semplicitàXdella rugiada.
Adalberto Pazzini.
dipinti a olio
1. Silenzio (Romagna)
2. Ore Meridiane (Romagna)
3. Bosco Sacro (Roma)
173
Pedano PEDANI
E' nato a S. Gimignano (Firenze) nel 1877. Studiò con
Niccolò Cannicci.
1. Paesaggio toscano (olio)
Eugenio PELLINI
Eugenio Peliini, nato nel 1864 in uni delle dolci vallate
del Varesotto, portò nell'arte le più pure caratteristiche della
sua terra : paese di agricoltori e costruttori, ove l'aria è lim-
pida e i cuori rudi e leali. La sua arte ne trasse quella so-
lidità sobria che è lontana così dall'accademismo frigido
come dall'avanguardismo snobistico^ e in cui la sana poesia
del sentimento e un'umanità accorata ma scevra di metafi-
sicherie, attingono forza dalla semplicità.
Sceso giovinetto a Milano, non tardò pur attraverso a
mille stenti, a rivelarsi con una produzione che, prevalen-
temente, s'ispirò al più delicato e al più forte dei senti-
menti : la maternità. Se fa una Madre che, a lui giovanissimo
fece avere il premio Tantardini, e procurò la prima noto-
rietà, a quel tema, approfondito in aspetti sempre nuovi e
intimamente sentiti, egli diede altre opere ammirate : Sor-
risi, La pietà, L'Idolo, la Gioia nel dolore...
Come era naturale,' anche l'infanzia, altra faccia deìlo
stesso affetto, fece vibrare l'anima del Peliini. Quell'amore
che egli ricercò nelle sue madri, quasi si trasfonde in lui
ed anima la sua osservazione vigile, la sua penetrazione, la
versatilità e l'affettuosità delicata dell'esecuzione quando egli
ritx^ae il fanciullo nei cento atteggiamenti della sua vita :
dalla grazia quasi ornamentale del nudino Conquista, o un
po' leziosa di Bimba che lancia il cerchio, al verismo di
Cesto d'ava, alla melanconia già pensosa di Capriccio, di
Pagine d'album e di tante altre sue testine stupefatte o sor-
ridenti.
174
Questa stessa ricchezza di sentimento, che non è mai
sentimentalità o declamazione, il Pellini trasfuse nell'arte
funebre, a cominciare dal suo famoso Gethsemane, la sua
prima opera di lena (1891), ove, in una sola figura ritta ed
assorta di Cristo, il chiuso dolore ha una delle sue espres-
sioni più schiettamente ed intensamente umane. Traboccante
di realistico dolore è il monumento Pranzetti (cimitero di
Milano) ed altre opere sepolcrali mirabili sono, tra le molte:
Rose, Angelo del dolore. Le due sorelle, ecc.
1. Adolescente (marmo rosa) 2. Silhouette d'été (bronzo)
3. Sorelline
JoANNY Napoleon PELLIS
E' nato a Ciconiccio (Udine) nel 1899. Autodidatta.
1. Carneuale in Sauris (Alta montagna) (olio).
Piero PERSICALLI
E' di Zara, dove nacque nel 1886. Studiò con Habermann,
a Monaco. E' colorista vivace^ che con una tecnica preva^
lentemente divisionista, vuol rendere le accese tonalità degli
aspetti naturali della spiaggia adriatica, e gli sgargianti co-
stumi dalmati, investiti dal fulgido riflesso marino. Nei suoi
quadri predomina sempre, sia per il taglio che per la com-
posizione, il senso decorativo.
Dipinti a olio.
1. La Sirena 4. Giovane contadino
2. Bonaccia 5. Contadino di Sebenico
3. Cardi in riva al mare 6. Contadina di Zara
Carlo Alberto PETRUCCI
Carlo Alberto Petrucci nacque a Roma, da vecchia fami-
glia romana, il 4 Agosto del 1881. Avviato agli studi comm er-
175
ciali e diplomalo in ragioneria si trovò per parecchi anni a far
cabale computistiche in un ufficio importante di una grande
banca. Ma c'era l'Accademia del nudo, la sera, all'uscita dall'uf-
ficio, ch'egli frequentava con altri artisti, anch'essi venuti
oggi in fama, che lo ripagava in contanti del lungo tormento
del giorno. Poi, appunto, le sue innate qualità di acuto di-
segnatore si addestrarono alle più difficili prove. Sfogliare le
pagine degli alburas riempiti allora di disegni fulminei, tutti
nervi, concisi e precisi, fatti come di sorpresa, aiuta a inten-
dere il profondo nutrimento di questa arte. Dopo avere
esposto nel 1907 alcuni pastelle, studi, cose tutto di buon
gusto, si rivelò nel rigoglio delle sue giovani forze 1' anno
successivo, alla Mostra Romana degli Amatori e Cultori, col
« Ritratto della Nonna » tela di grandi dimensioni che ottenne
un successo pieno, di pubblico e di critica.
Negli anni seguenti il Petrucci si dedicò con ardore
all'acquaforte. La serie delle sue acquetinte romane è lar-
gamente diffusa ed apprezzata. Quanto alla pittura, questo
artista assai colto e curioso di ogni problema connesso alla
sua arte, non poteva restare estraneo al turbamento che
scosse così dal fondo il nostro mondo artistico in questi
ultimi anni. Ripugnante per temperamento dall' accodarsi a
una scuola, o dal buttarsi cogli scapigliati, egli tuttavia, dalla
sua stessa inquietudine di ricerca si trovò sbalzato fuori dalla
bella via maestra per dove s'era messo con p^ssi cosi alacri
ai suoi primi esperimenti. Tuttavia alla prima Secessione
romana figurava una sua bellissima tela, chiara, solida,
ariosa, « l'abside di S. Martino ».
Dopo la guerra, è tornato alla pittura con spiriti rinno-
vati, con un ardore di riconquista, e con l' intimo disegno di
riallacciarsi, senza più preoccupazioni teoretiche, alla sua
prima maniera che usciva dal grande segreto di non ascoltare
che gl'interni dettati. S' intende che a un nomo di vivo e
conclusivo ingegno, coni' è appunto il Petrucci, anche gli
anni perduti non nuocciono per intero : anzi da quelli ha tratto
176
preziose esperienze, tutto quanto di buono potesse derivare
al suo proficuo lavoro.
Ora egli attende a una grande serie di acqueforti di
Roma e della Campagna Romana, di cui ha dati saggi egregi
con «il Bimessino»^ « la Capanna Morta», «il Sole di Roma»:
rami di una rara onestà e maestria, dove tutte le vecchie
virtù dello schietto disegno vengono richiamate; e dipinge
ritratti dove la sua pittura tende rigorosamente a semplifi-
carsi, a essenzializzarsi^ rinunziando a ogni bizzarria e a
ogni bravura.
Il Petrucci è anche un cultore fantasioso e originalis-
simo di arti decorative: gioielli, ex-libris, copertine di libri,
vasellame di argento, improntando ciascun oggetto del suo
finissimo gusto e del suo rispettoso amore per la materia
che tratta.
Giuseppe Zucca.
Dipinti a olio.
1. Ritratto delVAvv. D'An- 3. Ritratto della Signorina
gelantonio Gianna Rossi
2. Il primo Sole A. L'ultimo Sole
5, Vento e Sole f acquatinta e vernice molle)
Acqua tinta pura
6. La Fontana di S. Pietro 7. Il Sole di Roma
8. Ritratto del Maestro Molinari {acquaforte pura)
9. Tre ex lìbris (acqueforti)
Matilde PIACENTINI FESTA
È nata a Roma nel 1890 ; studiò con Paolo Forcella.
Moglie dell'architetto Marcello Piacentini è anche compagna
di lui nell'arte ; di gusto squisito e educato, e si è dedicata
particolarmente alle arti decorative. Ha esposto nelle più
23 177
importanti mostre nazionali e straniere e riusci seconda nel
Concorso per il Pensionato Nazionale.
(Tempere)
1. La Porta Santa 2. Mercato
3. Villaggio d'Egitto
k. Ballerina egiziana (Pastello)
{Disegni)
5. Contadina egiziana 6. Ballerina egiziana
7. Un pannello di stoffe riportate ^
Marcello PIACENTINI
E' nato a Roma nel 1881. Studiò col padre, Pio Piacentiiìi.
(Progetti di architettura)
1. Stadi per la sistemazione 2. Schizzi prospettici
di via Nazionale e di via 3. Studio per la sistemazione
Cavour a Roma di Piazza Vittorio Ema-
nuele a Firenze
Aldo PIANTINI
Non ha ancora trent'aiini. E' nato a Siena dove ha stu-
diato all'Accademia di Belle Arii. Ma l'insegnamento sco-
lastico non giovò in alcun modo a sviluppare le sue doti.
E^ìì non seppe rassegnarsi a calcare le orme di un passato che,
per quanto grande, non rispondeva alla sua mentalità. Anciie
il soggiorno nella città natia, refrattaria nel suo misoneismo,
alle correnti novatrici, l'angustiava, e il Piantini lasciò Siena
per recarsi a Milano dove, nell'ambiente intellettualmente
più aperto e generoso della grande città, potè compiere sia
pure fra difficoltà e lotte, il suo tirocinio. Non tardò ad af-
fermarsi per le sue qualità di originale disegnatore % per
178
un fine senso decorativo-pittorico sostanziato di commossa
interiorità ed espresso in uno stile aristocratico.
Le Madri — Le tre Marie — Pace e Lavoro — Sintesi
musicale, ecc., opere già esposte a Verona, a Vienna ed a
Praga, hanno procurato al giovane artista uno schietto suc-
cesso.
Dipinti a olio
1. Canzoni di nostalgìa 2. Impressione musicale
Umberto PINZAUTI
E' nato a Firenze nel 1886. Studiò senza maestri. Espose
alle mostre internazionali di Venezia nel 1907 e nel 1909 ;
in quelle internazionali di Monaco nel 1910; in quelle di
Roma nel 1908,10 e 21.
1, Fanciullo sulla rena 2. Studio
3. La trincea {basso rilievo)
Ferruccio PIZZANELLI
E* pisano — nato nel 1884 — e lavora in riva al lago
di Massaciuccoli, a Torre del Lago, fra Pisa e Viareggio,
paese caro ai pittori toscani, ricco e vario di motivi. Co-
minciò a praticare l'arte con lavori in cuoio colorato, lavo-
rati a sbalzo con fregi decorativi che specie a Milano, dove
il Pizzanelli lavorava allo/a, ebbero molto successo. In se-
guito si dette alla pittura di cavalletto. I suoi primi lavori
davano a divedere un apprezzamento sensibile delle tona-
lità, ma erano spennelleggiati in un impressionismo futile
inconsistente. Da qualche anno, con uno sforzo che gli fa
onore, il Pizzanelli si è interamente rinnovato, producendo
opere più costruite, più solide e meglio composte, frutto di
una più seria e annosa indagine. Anche la sua tavolozza si
è irrobustita, serbando tuttavia una sobria delicatezza.
M. T.
179
Dipinti a olio.
1. La calza 3. Gruppo di cuoi decorati.
2. Il coniglio 4. Gruppo di stoffe decorate.
Guglielmo PIZZIRANI
Nato a Bologna nel 1886, si diplomò presso il locale Isti-
tuto di Belle Arti; ma si compiace di chiamarsi discepolo di
se stesso e della bella natura. Pittore nato, artista d'istinto,
egli sdegnò le teorie e le scuole, e si propone d'interpretare
le cose attraverso l'anima sua. E' un visivo e un sensuale,
non un cerebrale. Ha esposto a Venezia (1920), alla Seces-
sione romana (quattro volte), alla Biennale romana (1921),
alla Francesco Francia, e in molte altre mostre minori. Il
suo quadro Figure in ambiente si trova nella Galleria d'Arte
Moderna di Bologna. E' ritrattista e paesista. Ne i suoi paesi
si ammira una tecnica larga, viva, spesso potente, ricca di
respiro. I ritratti, ch'egli espone qui numerosi, si segnalano
anch'essi per l'onestà, la solidità, la semplicità dei mezzi,
il disdegno delle leccature e dei particolari inutili, perchè
meglio risalti caratterizzato il soggetto.
(Dipinti a olio)
1. Ritratto del Capitano k. Ritratto della Signora
Grandi Rothlin
2. Rosa 5. Ritratto del piccolo Xoldo
3. Ritratto del Doti. Partali 6. Paesaggio dell Appennino
toscano
Michele PIZZUTI
Michele Pizzuti — nato in Napoli, il 29 novembre 1882
- è allievo dell'Accademia napoletana di Belle Arti. Si è
fatto sempre notare per una accorta e disinvolta valentia di
corretto disegnatore. Ha molto viaggiato, specialmente nel
180
Nord d'Europa, riportando dai suoi viaggi notevoli impres-
sioni e appunti artistici. *
La figurina che espone è, infatti, un simpatico ricordo
di una sua crociera nello Zuiderzes (Olanda).
11 Pizzuti ha decorosamente esposto in più d'una mostra
internazionale.
1. « Mutié » piccola olandese 2. «La nonna > Marken
(Volendam) (Olanda!
■ r
Alessandro POMI
Cammina, adagio, verso i trentacinque anni. Ha studiato
figura all'Accademia di Venezia con Ettore Tito. Si fece no-
tare quando era ancora ragazzo con dei disegni di teste
nervosi ed efficaci, che incoraggiarono gli organizzatori delle
mostre di Cà Pesaro ad invitarvelo. A Cà Pesaro si mise
sempre più in evidenza con una pittura larga, fluente e facile
che impiega in quadri di figura e ritratti. Espose poi alle
Internazionali veneziane; a Roma, a Milano, a Torino, a Ve-
rona; fu eletto giurato di esposizioni regionali ; fa parte della
presidenza del Circolo Artistico di Venezia.
Dipinti a olio.
1, Piazza S. Marco 3. Sulla spiaggia
2. Siesta 4-. Nudo
5. Ritratto
MisciA PORTNOFF
Cosi egli parla di sé stesso e della propria arte:
In un giorno pieno di neve, il 20 dicembre del 1885»
sono nato a Elisabettgrad — città nel sud della Russia. I
miei genitori erano buoni e profondamente religiosi.
Il mio primo maestro era il mare.
La sua immensa superficie, per me bambino, era la
meravigliosa tavolozza di spendidi colori. Il mare mi ha
181
nsegnato il misterioso canto di colori. Sono cresciuto nel
mare Nero ad Odessa. Ho vissuto nella sterminata steppa
del Dniepr quando è un mare sconfinato di grano maturo.
Ho vissuto nei boschi secolari, ascoltando il silenzio della
neve. Ho studiato diversi anni nell'Accademia di Belle Arti
di Odessa e di Pietrogrado con diversi maestri, ma il mio
più gran maestro è la Natura.
Soltanto questo maestro insegna a dipingere la luce
l'aria, lo spirilo.
n mio sogno era di venire in Italia, dissetarmi alla
Fonte universale dell'arte. Molti anni ho vissuto nelle gal-
lerie e musei, studiando la tecnica e lo spirito dei grandi
maestri italiani. I miei prediletti sono Leonardo da Vinci
Michelangelo, Botticelli, Giorgione e sopia tutto mi è caro
Beato Angelico. La pittura, per me, è la vita, che corre
attorno di noi, la vita profo?^da, misteriosa dello spirito.
La pittura pensa, parla, canta, suona prega in colori. La
pittura, come mezzo è essenzialmente colore.
Come contenuto, la pittura è lo spirito che ha per dimora
il gran Tutto.
A Firenze ho fatto la mostra individuale dei miei quadri
nel Marzo 1920. Ho esposto all'Esposizione Primaverile della
Società delle B. A. lo stesso anno, e alla XH^ Internazionale
di Ventzia.
• (Dipinti a olio)
1. Fiorenza in primavera 3. Monte Morello fra i man-
2. La nuvoletta incantata darli fioriti
{Stampa a colori)
A. San Giorgio .5. Al chiaro di lana
Umberto PRENCIPE
È un'artista di razza, che ha bisogno di dipingere come
di respirare.
182
Nato a Napoli nel 1870, è poi rimasto estraneo quasi
del tutto agli Istituti di Belle Arti incominciò ad esporre
tardi, a Roma, nel 1904.
La sua oltavozza intonata in sordina, tutta intrisa di
colori grigi e gemmata di lacrime, i soggetti stessi dei suoi
quadri, espressi da un mesto e tragico sentimento della
vita, non gli giovarono a conquistare per intero l'attenzione
del pubblico. Gli sorrise invece, più presto, la fama d'acqua-
fortista, proprio in quelli anni che l'Italia era quasi estranea
al bianconero e a chi lo praticava.
Oggi, Umberto Prencipe può dirsi un pittore che ha toc-
cato la pienezza conclusiva de' suoi mezzi. Le sue tele ser-
bano sempre quel segno addolorato d'una volta, ma hanno
raggiunto una potenza musicale che non sfuggirà agli in-
tenditori.
Questi effetti di controluce, con guizzi e carezze crepu-
scolari, azzurri discreti che ci trasportano come in sogno
dai solitari vespri orvietani alla tristezza forse men cruda
delle dune di Maremma, diffondono per gli occhi una pen-
sierosa dolcezza.
Ecco un pergolato verde e lucente che si spande ai piedi
del rosso colonnato di mattoni; ecco un mandorlo in fiore,
mite come un'immagine sacra sulle umide muraglie. Qui
vedi, nella serenità invernale, il torrente turchino che di-
scende dalle Apuane e se ne va placato tra le folte schiere
dei pioppi; altrove le plumbee coste di tufo, i dorsi brulli
di viti, con le querele secche le quali macchiano di rosso
le bluastre ombre autunnali. Poi, dai ruderi di un vecchio
convento trecentesco in un orto abbandonato, di calde to-
nalità verdi e arancione frammiste a toni neutri, si passa
ancora ad un cielo livido di Maremma, sul quale balzano
dei pini scuri e solenni a petto dei ginepri fioriti; e laggiù
all'orizzonte sul mare lontano, vigila tra i veli un piccolo
specchio roseo, ridente.
Umberto Prencipe conferma in queste opere le sue qua-
183
lità concrete, che scoprono un sentimento delicato, una fe-
conda nostalgia, e la padronanza d'una tecnica che aderisce
ai soggetti come il corpo all'anima.
Francesco Sapori.
Dipinti a olio,
1. Tristezza maremmana A. Primavera orvietana
2. Borgo Toscano 5. Paesaggio etrusco
3. La Versilia 6. Vespro orvietano
(Stampe)
7. Piazza Napoleone 8. Mercato di notte
9. Mattino romano
Rodolfo PROCACCIA
Il suo pseudonimo è Profolco d'Acciaro. E' nato a Li-
vorno, dove abita, nel 1904. E' autodidatta. Fa parte del
« Gruppo Labronico » insieme al quale prese parte que-
st'anno, con pitture, disegni, xilografie, all'Internazionale di
San Remo e agli « Amatori e Cultori » a Roma.
Notturno (olio)
Alfredo PROTTI
È forse il più personale fra i pittori bolognesi, benché
talvolta si noti in lui la maniera. Ma è un colorista rigoroso
e certe sue luci e talune sue tinte e certe morbidezze dei
panni e, più ancora, delle carni femminili, sono senz'altro
incantevoli. È uno squisito amatore e conoscitore della donna,
e ama tradurre sulla tela la perfìdia lasciva e tranquilla.
Scrive egli stesso di sé medesimo : < Ho cominciato a stu-
diare pittura a sedici anni (1898) nella Accademia di Bologna,
dove ho imparato pocuccio: se mi sono fatto un po' meglio
è perchè ho sgobbato dentro le gallerie d'Italia ed anche un
po' di fuori ». Nella sua città ha vinto parecchie volte il
184
premio della «Francesco Francia» e del concorso Curlandese
ha esposto assiduamente a Venezia e a Milano, a Roma, a
Torino, a Monaco, perfino in America, ogni volta notato e
lodato dalla critica e dagli intenditori.
Dipinti a olio.
1. La toilette 6. La limonata
2. Allo specchio 7. Il piumino
3. Effetto di sera 8. Lo strappo
4. Puntura 9. Fanciulla che si veste
5. La prima posa 10. Gatto che dorme
11. Riflesso
Silvio PUCCI
É nato a Firenze, circa venticinque anni fa ; ha studiato
senza maestri. E specialmente decoratore e appartiene alla
giovane « avanguardia » fiorentina.
1. Paesaggio (olio)
Domenico RAMBELLI
Domenico Rambelli, scultore, è nato nel 1886 a Faenza
dove ha avuto anche i primi e gli ultimi insegnamenti alla
« Scuola d'Arti e mestieri ».
Giovanissimo s'avventurò a Firenze e a Parigi, lavorando
e cercando, invece delle Accademie, la compagnia di artisti
provetti e maturi di sapere.
I suoi lavori hanno interessato la critica alle Esposizioni
di Roma, Venezia, Firenze, Milano e altrove.
Tornato dalla guerra ricominciò la sua tacita e operosa
vita tutta dedita religiosamente all'arte: prese parte al con-
corso per «l'Ossario al Fante», del quale Margherita Sarfatti
ebbe a scrivere molte lodi, cosi terminando il suo dire: «chi
ha immaginato questa concezione plastica e per di più l'ha
34 185
espressa con tale pensosa nobiUà spirituale, quegli non è
uomo volgare né ingegno di cui oggi in Italia ci si possa dare
il lusso di non tener conto».
Questo scultore preferisce di raffigurare nelle sue opere
le grandi concezioni in cui possano assommarsi molti e sva-
riati aspetti della natura. Tali sono appunto le opere qui
esposte, immaginate ad ornare le prore delle navi italiane.
La «Portatrice» vuol rappresentare la nostra stirpe leale
e sana apportatrice nel suo grembo dei frutti onde il mondo
s'arricchisce e s'abbella. Anche il «Canto» è il particolare
di una statua destinata alla prora di una nave. Gl'intendi-
menti del Rambelli sono sopra tutto volti a rendere l' a-
spetto delle cose circonfuse dall'immensità dell'aria e della
luce.
1. La Portatrice 2. Il Canto
Gastone EAZZAGUTA
Tutto ciò che l'esistenza degli umili e dei reietti ha di
più triste, di più desolato e di più tragico si rispecchia nel-
l'arte robusta di questo strano suscitatore di sensazioni
violentemente drammatiche. È, come il Natali, un illustra-
tore dei « bassi fondi », e i suoi personaggi non li va davvero
a cercare fra i gentiluomini in frak e le damine bene
agghindate ed incipriate. Ma si differenzia da tutti gli altri
artisti livornesi per il tono caricaturale e grottesco che dà
alle scene più lugubri, agli spettacoli più miserandi e più
ripugnanti di disperazione, di vizio, di abbrutimento. Le sue
visioni, rese con un segno tutto personale che sembra in-
cidere tanto è netto e marcato e una tecnica coloristica che
ha talvolta dell'ingenuo e del primitivo, sono altrettanti
paradossi dai quali emana però un profondo senso realistico .
Disegnatore più che pittore, questo artista che non mira ai
successi facili ma va continuamente, se pur lentamente,
affinandosi e temprandosi alla dura scuola dell'osservazione
186
e della ricerca, è un terribile, spietato, feroce critico di se
stesso. Di qui la relativa scarsezza della sua produzione
che mai, nemmeno nelle cose minori, reca la « marca di
fabbrica » dell'improvvisazione o dell'abile, disinvolto, pre-
tensioso e pur vuoto virtuosismo tecnico. È uno degli ani-
matori più ardenti del « Gruppo Labronico ».
Guido Vivarelli.
(Acquerelli)
1. Gli scaricatori 3. Il piccolo annegato
2. L'aquila abbattuta 4. Epilogo
(Acqueforti)
5. Nella « gargotta > 7.1 coniugi
6. La vedova 8. Ombre
Mario REVIGLIONE
È nato a Torino nel 1873. Studiò all'Accademia Albertina,
Dipinti a olio
1. Frammento di una nascita 3. Sera Veneziana
di Venere A. Studio
2. Pastorale 5. Notturno
6. Vaso di viole
Gennaro RICCI
È nato a Napoli nel 1891, ma vive e lavora a Firenze,
ed è uno dei giovani « avanguardisti » fiorentini. Le sue au-
dacie gli meritarono il rifiuto ad una precedente mostra fio-
rentina, episodio che il Ricci segna all'attivo della sua car-
riera artistica e che non lo ha dissuaso davvero dal prose-
guire nella via che gli è tracciata dal proprio temperamento.
Le sue tonalità sono spesso, tenui e soffuse sempre colte con
187
molta sensibilità, e vogliono «rendere» più che gli aspetti
fisici delle cose l'emozione dell'artista.
(Dipinti a olio)
1. Paese 2. Paese
3. Nudo
Guido RIGHETTI
Nato a Milano, una quarantina d'anni or sono, da ven-
tanni espone, né manca ad alcuna mostra importante. Fi-
gurò nelle prime Esposizioni Nazionali assai onorevolmente:
a Brera, alle Mostre tutte della Società Permanente o di
Belle Arti; e nel 1914 ebbe notevole successo all'Esposi-
zione Internazionale di Venezia, in gara coi migliori anima-
listi esteri, il che gli valse di estendere la sua fama e di
vedersi accolto all'Esposizione Mondiale di San Francisco
di California.
Guido Righetti ha direttamente studiato sul vero, nella
loro forma, come nelle loro abitudini le specie più diverse,
facendo vita con esse. Ed è vivendo a conlatto diretto coi
suoi modelli, nei serragli e nei giardini zoologici, che egli
specialmente in questi ultimi anni, è divenuto il più pro-
duttivo ed il più vario degli animalisti viventi.
Guido Righetti appare oggi nella maturità dell'arte sua.
(Bronzo)
1. Scimmia [Papione Ha- 6. Scimmie giapponesi
madryas 7. Antilopi giganti
2. Bufalino d'Africa 8. Giovane puma
3. Giovane elefante africano 9. Pellicani
4. Gruppo Fenicotteri 10. Antilopi (Trittico inbas-
5. Sterrabusi sorilievoj (bronzo)
Impressioni dal vero di animali (disegni)
188
Annibale BIGOTTI
Nacque a Torino nel 1870. È uno studioso appassionato
dell'arte antica. Viaggiò molto e fu anche nel Siam, dove
fece importanti lavori per la Corte. Prese parte con successo
a molti concorsi. Si deve a lui la trasformazione decorativa
della Mole Antonelliana.
Progetti di architettura
1. Scuola di Mantova. ^. Casa degli « Amici del-
2. Facciata per un edificio V Arte »
da Esposizione 5. Padiglione per Esposizione
3. Palazzo della Pace al- 6. Tomba della famiglia Novi
VAia
Giuseppe RISPOLI
È nato nel 1888 a Napoli. Studiò col Gasciaro.
1. Caprette (olio)
Augusto EIVALTA
Augusto Rivalla nacque in Genova nel 1835 ed ivi fece i
primi studi nell'Accademia di Belle Arti. Nel 1857 si trasferi
in Firenze ove ebbe a maestro il Duprè. Durante la guerra
per l'indipendenza si arruolava volontario fra i carabinieri
genovesi.
Vinse molti concorsi di monumenti che restano tuttora
a dimostrare le sue forti qualità di artista e per cui va col-
locato nella schiera eletta dei più illustri scultori contempo-
ranei. Fa parte del collegio accademico fin dal 1870. Nel 1874
fu nominato insegnante dell'Istituto.
1' membro della Giunta Superiore di Belle Arti.
Bronzo.
1. La prima morte 2. La sacra famiglia
3. Ercole che abbatte il Centauro.
1&9
Ferruccio EONTINI
Pittura saldamente costruita e di una singolare evidenza
di rappresentazione, larga, robusta, quella del Rontini; pittura
che non deriva da una cifra e niente ha in sé di accademico,
cioè di convenzionale e di compassato Eppure questo artista
di buona tempra è venuto dall' accademia e possiede un
sonoro titolo ufficiale: quello di professore di disegno. È
dunque un ribelle ai dettami dell'insegnamento scolastico,
un insofferente delle formule apprese seguendo un corso
regolare di studi a Firenze. Un bel giorno — e non per vana
ostentazione di indipendenza o per mania del nuovo o per
calcolo, ma per una necessità invincibile dello spirito —
egli ha buttato via l' ingombrante bagaglio dei principi e
delle teorie e avanza ora libero col solo aiuto della sua
personalità davvero feconda di promesse.
Guido Vivarelli.
(Dipinti a olio)
1. Le chioccie 3. Rose melanconiche {Na-
2, Mercato di Vicchio (Mu- tura morta)
Giovanni ROMAGNOLI
Tra i giovanissimi è forse il più potente. Giovanissimo
veramente, perchè nato a Faenza nel 1893. Si licenziò dal-
l'Accademia di Belle Arti di Bologna nel 1911; ma il servizio
mihtare, la guerra, e poi l'insegnamento gli hanno tolto e
gli tolgono molto tempo alla pittura. Ha esposto tre volte
alla Secessione romana, e nella Biennale romana; e assiduo
nelle mostre bolognesi della « Francesco Francia » dove ogni
anno, dal '17 al '21, è stato premiato. Ha ottenuto pure il
premio Curlandese (1917) e il premio Baruzzi (1920). Un suo
quadro « Figura femminile » .è stato acquistato per la Gal-
leria d'Arte Moderna a Roma. E' un giovane di grande ^e
190
sicuro avvenire. Dipinge il corpo umano, e quello femmi-
nile in particolare, con una solidità quasi classica, con bei
toni di carni chiare e bionde. Odia ogni artifizio cerebrale
o programmatico, e si tiene evidentemente, ma sinceramente,
sulla via maestra della tradizione.
Giuseppe Lipparini
Dipinti a olio
1. Riflesso di sole 6. Verdazzurro
2. Bimbo convalescente 7. Penombra rosata
3. Armonia in tre toni 8. Frutta estive
A. Trasparenze e opacità 9. Controluce
5. Violacciocche
Gino ROMITI
&^Fine anima di poeta. Squisito temperamento. Spirito
malinconico di interprete della natura. Son queste le de-
finizioni del Romiti che più ricorrono nei giornali e nelle
riviste che, ad ogni esposizione, si occupano di lui. Quelli
che vogliono stroncarlo se ne liberano facilmente chiaman-
dolo un « sentimentale ». Ma non si sa precisamente ciò
che intendano dire con questa parola che, nelle loro inten-
zioni, dovrebbe avere un significato leggermente ironico
e spregiativo. Perchè, se sentimentale si fa derivare da
sentimento, quella qualifica è perfettamente giusta.
Gino Romiti è in arte fin da ragazzo. Cominciò a di-
pingere sotto la guida di Guglielmo Micheli che gli imparti
i primi insegnamenti. Anche Giovanni Fattori fu, verso il
giovane pittore, largo di ammonimenti e di consigli ma la
sua vera scuola il Romiti, l'ha fatta sul « vero ». In cos-
petto alla natura, libera, aperta serena la sua pittura (fine
ma non mai sdolcinata, coscienziosa senza mai cadere
nella ricercatezza, equilibrata senza mai essere freddaj, è
andata temprandosi ed il « vero » delle campagne e delle
191
marine livornesi che gradatamente ha formato la personalità
di questo innamorato delle armonie grige, delle tonalità
meno calde, delle sfumature più delicate. E' anche un pittore
fantasioso della flora e della fauna del mare e bisogna
riconoscere che egli « canta » e desrrive gli abissi marini
con un piacevole^senso della decorazione e con raffinato
buon gusto. Appartiene al^« Gruppo Labronico».
Glido Vivarelli
Dipinti a olio
1. I giardini del mare (Le 2. l giardini del mare (flora
meduse) marina)
3. Primo canto della sera 4. Inverno
Studii per i Giardini del Mare (acquerelli)
Rina EOMOLI
È nata a Firenze nel 1897. Studiò senza maestri.
Dipinti a olio
1. U idolo 2, Il ventaglio
Ezio ROSCITANO
L'anima della sua terra chiusa tra mare e monte è tutta
nelle sue creature plastiche irrompenti e pensose.
La sua prima esposizione è recentissima: a Roma nel
1917; ma ha proseguito di poi con successo le mostre nazio"
nali ed internazionali di questo ultimo periodo e dandoci
opere quali «la notte di Ronchi», ove nell'adolescente che
marcia è verità e poesia, e i ritratti di rara schiettezza, come
quello dell'incisore Carbonati.
A Roma, ove vive solo nel lavoro e per il lavoro, con-
serva i suoi ideali puri e semplici, cercando e lottando.
Egli molto può darci e deve darci.
192
Ezio Roscitano è nato a Reggio Calabria nel 1889.
G. Cipri ANI.
Bronzo
1. Testa di vecchio 2. Madonnina
Edgardo EOSSAEO
E' di Vercelli dove nacque nel 1882. Fu guidato nei suoi
primi passi nell'arte da suo padre: Ferdinando Rossano.
Studiò in seguito nelle Accadeniie di Venezia e Torino;
ma più che nelle Accademie, sul vero e nelle Gallerie — di
Firenze e di Roma specialmente.
Il quadro che egli espone nella Primaverile è il primo
— pur lontano dalla perfezione da lui vagheggiata — che
si accosti a quella significazione pittorica che da tanto tempo
si sforza di raggiungere.
jf. Volti ed anime nella casa di Arrigo Minerbi (tempera
a smalto)
Giorgio ROSSI
E' giovanissimo, essendo nato nel 1892 a San Piero a
Sieve, nel Mugello. Allievo dello scultore Bortone, trasse dal
suo insegnamento il senso dignitoso dell'arte e la coscien-
ziosa ricerca del vero. Le sue prime opere erano ispirate
soltanto ad una indagine fedele e amorosa, ma poco a poco
si andò volgendo verso quelle forme più decorative e sin-
tetiche, che gli erano suggerite anche dalle mutate aspira-
zioni dell'arte : a tali forme s'ispira l'opera che figura in
questa esposizione, la quale rappresenta l'ultimo periodo della
sua arte. Espose per la prima volta a Firenze nel 1911 e da
allora prese parte con successo a vari concorsi e a molte
esposizioni nazionali e internazionali.
1, Crisantemi (bronzo)
25 »93
Giuseppe ROSSI
Nato a Firenze. Studiò all' Accade iiiia Fiorentina delle
Belle Arti e si affermò subito come un puro ritrattista della
vecchia scuola e solido disegnatore. Dopo i primi successi
che i suoi ritratti ebbero alle Esposizioni si dedicò a questo
difficile ramo dell'arte e all'insegnamento.
Dipinti a olio.
1. Ritratto di mio figlio 2.' Ritratto del sig. Ubaldo
Rossi.
Quirino RUGGERI ^!r2%%Zlf^
Si dice di un'abito ben tagliato : è una scultura. Grazie
a Quirino Ruggeri, codesta frase ora si traduce in fatto.
Ruggeri^ sarto per signore in un primo periodo della sua vita
da pochissimi anni si dedica alla scoltura, con una grazia,
una morbidezza di tocco e, si può anche dire ormai, con
una perizia, di cui testimonianza migliore è l'opera qui
presente.
Quirino Ruggeri, il quale, per debuttare, ha esposto alla
1* Biennale Romana, confessa di essere stato allievo del Dazzi.
Egli pensa tuttavia di mettere in pratica il precetto di Leo-
nardo : Tristo quel discepolo che non avanza il suo maestro.
Alberto Savinio.
1. La Serena (bassorilievo)
Giulietta RUSCONI
E' nata a Massa nel 1889, ma venuta dopo due anni a
Firenze può dirsi fiorentina. Ha studiato con Galileo Chini,
nel cui studio ha appreso la tecnica e coltivato il gusto
della decorazione. Ha già esposto nelle più notevoli Mostre
Italiane, fra le quali le Biennali di Roma e di Venezia.
i. Ritratto del Sig. V. Vignali (olio)
194
Ada SABBADINI
E' nata a Livorno nel 1892. Ha studiato con Edoardo
Glorgiani.
Dipinti, a olio
1. Ritratto 2. Paese
Giotto SACCHETTI
E' nato a Roma nel 1887. Figlio di artista e vissuto nel
culto dei maestri macchiaioli, guardando al loro esempio,
studiò da sé stesso.
Dipinti a olio
1. Al pianoforte ' 2. Nei campi.
Bartolomeo SACCHI
Veneziano, è giovanissimo. Ritrattista elegante, paesista
strano, ha esposto a Cà Pesaro, alle Biennali di Venezia,"à
Milano, a Roma. ecc.
i. // fico in primavera (Tem 2. Bambino /"Terracotta)
pera)
Alberto SALIETTI
Alberto Salietti nacque a Ravenna or sono trent'anni.
Non si sa se « fin da bambino » abbia dimostrato spiccate
attitudini per la pittura ; è noto invece che frequentò rego-
larmente l'Accademia di Brera, dalla quale usci alla vigilia
della guerra. Nel breve tempo trascorso tra la fine degli
studi e l'inizio della vita militare, si era fatto conoscere con
qualche disegno e qualche quadro, nei quali manifestava
già una individualità poco ligia alle tradizioni accademiche
e intenta a ricercare un proprio modo di espressione.
La guerra che tenne il Salietti per molto tempo lon-
195
tano dai pennelli e lo costrinse a un lavoro interiore di os-
servazione e di rielaborazione, aiutato soltanto da qualche
appunto a matita su brevi paginette d'album, giovò ad evi-
targli i tentennamenti e i tentativi spesso indisciplinati e
contraddittorii di cui son vittime i giovani all'inizio della
carriera, allorché meno vivo e vigile è il senso critico e più
affannosa la fretta di arrivare.
Tornato dalla guerra il Salietti aveva già trovala la sua
via, e l'opera sua fin da principio è caratterizzat.i da una
nota di sincerità che non sarà smentita più tardi: il primi-
tivismo che in molti è infantilismo e maniera, pel Salietti
è il particolar modo di espressione della sua sensibilità
estetica e lirica — e, chi lo conosca personalmente, può
dire anche della sua umanità.
La sincerità del Salietti è documentata dalla coerenza.
Egli non si sbanda alla ricerca di un metodo o di una scuola,
e non si scapriccia a tentar le varie «mode ». Si è fissato
su un terreno suo proprio, e lo coltiva con intelligenza e
con studio coscenzioso, allargandone a poco a poco i con-
fini^ ma sopratutto lavorando in profondità. I suoi quadri
della prima maniera sono prevalentemente composizioni de-
corative e liriche, sinfonie di colori piatti, lievi vibrazioni
sentimentali di gradevolissimo efletto ma di scarsa emoti-
vità. In questo periodo l'artista ha bisogno di conoscersi,
di scoprire se stesso e procede con prudenza; sembra quasi
col timore di sperdersi o di deformarsi in tentativi troppo
audaci e in uno sforzo superiore alle sue possibilità. Ma
quando è sicuro di se stesso, quando il bisogno di sempli-
cità e di spiritualità si è fatto arte, incomincia la nuova ela-
borazione pittorica con la ricerca dei valori plastici. L'ar-
monia cromatica non gli è più sufficiente. Ha bisogno del
chiaroscuro e del volume. E lo studio dei maestri del tre
e del quattrocento, verso il quale lo porta l'istinto, gli in-
segna gli accorgimenti di una tecnica più solida e robusta,
e di una composizione più ricca ed armonica.
196
Il « Paesaggio umbro » qui esposto è un saggio notevole
della maturità a cui è giunto il giovane pittore ravennate,
« invitato » anche quest'anno a Venezia e noto ormai in tutte
le più importanti esposizioni.
Paesaggio umbro (olio)
Antonio SALVETTI
Nato a Colle Val d'Elsa nel Settembre del 1854-.
Architetto di valore, lasciò ben presto i compassi per
prendere i pennelli, dandosi allo studio del vero. Espose d
fu premiato varie volte alle Internazionali di Parigi e di
Monaco di Baviera, a quella della Royal Academg di Lon-
dra, a Venezia, Milano, Torino, Roma. Ha eseguito molti
ritratti, anche all'estero dove ha viaggiato fino ai trent'anni,
e ultimamente, con gran successo a Roma, tanto da esser
nominato Commendatore di Motu proprio dal Re. Sue carat-
teristiche sono la fluidità, la pastosità e la vivezza delle
tinte, la poesia che emana dai suoi paesaggi, il forte chia-
roscuro delle sue teste, e le originali cornici che si diverte
a fabbricarsi da sé con una resistente mistura dorata.
F. P.
1. Campagna toscana (olio)
Vincenzo SAN MALATO
Nato a Catania nel 1886, non ha avuto maestri; ma la
vigilanza e la fede di Vincenzo Frolli lo assistono sempre.
È colorista sensibile e possente.
1 Primi affetti (olio)
Francesco SARGANTI
E' nato a Londra nel 1870. E a Londra studiò architet-
tura con l'esimio T. G. Jacksson autore del campanile di
197
Zara e di molte opere ad Oxford I primi elementi del di-
segno li aveva appresi dalla sorella Mary Florence Sarganti
pittrice specialmente dedita all'arte decorativa e all'affresco,
Studiò anche sculura alla Slade School, prima sotto la dire-
zione del Prof. Henry Tonksy, e in seguito, nel 1899, trasfe-
ritosi in Italia con Adolf Hildebrand. E' suo il monumento
a Florence Nighintigale nel Chiostro di Santa Croce, a Fi-
renze ed ha vari lavori in Inghilterra. Ha esposto molte
volte a Parigi, Londra, Vienna e Monaco di Baviera.
/. Lamia f bronzo).
Ferruccio SCATTOLA
È nato a Venezia nel 1873.
Egli dice della propria vita e della propria arie :
« Finiti pochi corsi di studi, mi misi a dipingere da solo,
senza guida, rimanendo da principio alcun poco titubante
fra l'entrare all'Accademia o mettermi con qualche maestro.
Non decisi né l'una cosa né l'altra e continuai a studiare
da per me la natura. Ma la natura, lo st idio e l'amore che
le ho dedicato, non mi portano davvero ad amare nell'arte
le forme troppo obbiettive ; al contrario sono convinto che
l'eccellenza di un'opera consista nel tradurre il vero, attra-
verso la sensibilità delTartista, in quella forma elaborata e
commossa che si chiama stile ».
Lo Scattola quale si presenta adesso, nelle sue opere
più mature, é un poeta della tavolozza, il quale all'espres-
sione emotiva della figura e del paesaggio, unisce uno spic-
cato senso decorativo della forma e del colore, e un sa
piente gusto dell'armonia della composizione.
La sua carriera artistica la iniziò felicemente a ventun
anno, vincendo il premio Fumagalli con un Interno di
San Marco e da allora le sue aspirazioni e la sua visione
si sono andate affinando ed elevando verso un'arte sempre
più spirituale.
198
Hanno opere deìlo Scattola: la Galleria Nazionale di
Roma, la Galleria Internazionale di Venezia, la Galleria di
Udine, il Museo Revoltella di Trieste, la Galleria Stampalia
di Venezia, il Museo del Lussemburgo a Parigi.
Dipinti a olio
i. Val Brembana 2. Lo scialle cinese
3. Crisantemi
Pio SEMEGHINI .
Pio Semeghini è nato una quarantina d'anni fa a Ban-
danello di Mantova.
Gli ostacoli opposti alla sua vocazione, l'arte, gli fecero
abbandonare, giovanissimo, ogni altra scuola. Cominciò a
studiare la pittura seriamente, tardi, dopo un lungo periodo
di vita avventurosa e vagabonda. Andò a Parigi dove espose
per la prima volta nel 1903. Non ebbe insegnanti, e suol
dire che frequentò l'accademia ed i cenacoli appena quel
tanto che bastava per imparare a fuggirli. Studiò invece le
opere dei maestri antichi e moderni esaminando in esse sé
stesso, ma rifuggendo dalie imitazioni. Cosi conobbe la uti-
lità e la gioia di dipingere dal vero « dal movimento fran-
cese della seconda metà del Secolo XIX cui l'arte contem-
poranea deve tanto e che è tanto di moda, ora, rinnegare o
spregiare ». Ha cercato la nobiltà dello stile nello studio
devoto ed appassionato degli antichi, specialmente dedicato
agli affrescatori del nostro quattrocento. Dal 1903 in poi,
ammonito dal confronto delle opere sue con le altrui, si
chiuse in un più severo isolamento e non tardò ad esporre
se non nel 1919 a Venezia, e dopo essersi unito spiritual-
mente alla « pleaide » di Burano, della quale facevan parte,
allora il povero Umberto Moggioli, lo Scopinicli, Gino Rossi,
ecc. A Venezia cominciò con una piccola «collettiva » nelle
Salette della « Ca' Pesaro » e s' impose subito con le sue
impressioni di affreschi visti ad occhio nudo dalle distanze
199
obblicjate pei visitatori ordinari di chiese e palazzi; con
altre impressioni di vita all'aperto, con ritratti e studi di
ritratti; con certe sue sensazioni caricaturali che denota-
vano l'acutezza dell'osservatoreo Itre che del pittore. Da allora
rimase «veneziano»; meno poche fughe in montagna, sot-
tosegnate da piccole tele ricavate dal vero e condotte con
sintesi quasi cezannesca di masse, ha ritratto la città lagu-
nare con una finezza e una sensibilità acuta che si rivela-
rono successivamente in un'altra « collettiva » nella Galleria
Ceri Doratevi a Venezia, all'ultima esposizione di Roma e
nella Mostra delle « tendenze d'oggi » alla Galleria Pesaro
di Milano. 11 Remeghini, che nello studio dei moderni non
s'è fermato agli impressionisti, ma è venuto più in qua e
s'appassiona egualmente alla ricerca dei volumi, riesce a
fissare con la sua pittura, tutta fatta di intonazioni vapo-
rose, la forma solida delle cose non meno che la vibrazione
della luce intorno ad esse.
Venezia vive nei suoi quadri con una intensità che ri-
corda Monet. Buon ritrattista, Pio Semeghini si afferma con
un disegno incisivo e martellato che, perfezionato da nota-
zioni misurate ma sapienti di colore, rende per emozione
la figura del modello. E in questo campo e per questi suoi
procedimenti, egli è oggi uno dei più originali pittori d'Italia.
Certo tra i giovani pittori d'Italia è uno dei più degni di
attenzione e si comprende come intorno a lui sia cresciuto
negli ultimi tempi l' interesse della critica e del pubblico.
Gino Damerini.
(Dipinti a olio).
1. Canale Veneziano 5. Pieve di Cadore
2. Ponte Veneziano 6. Gulagna - Alpi Reggiane
3. Casa di Barano 7. Ritratto F.
4. La Giudecca - Venezia 8, Ritratto M.
Disegni a sanguigna
200
Telemaco SIGNORINI
Nacque in Firenze il 18 Agosto 1835 da Giovanni Signo-
rini, pittore del Granduca di Toscana, e da Giustina Santori.
Appena ventenne andò a dipingere calli e canali a Ve-
nezia insieme a Vito d'Ancona e a Federico Maldarelli, e
quando ritornò a Firenze, tutto abbacinato dai colori vivi
e puri dei quaii s'era deliziato, la cosi detta Promotrice ri-
fiutò i suoi lavori perchè gli occhi degli accademici, abi-
tuati al bitume sporco e ai cieli biaccosi, rimasero ofiFesi
dalla vivacità del chiaroscuro.
Vagabondò, d'allora in poi, senza preoccuparsi di scuole
o di mode; però, per quanto ribelle, solitario e innamorato
della luce, non trascurò mai il disegno né la prospettiva e
seppe essere audace senza diventare ridicolo, una cosa que-
sta che oggi non usa più!
Sono una prova dell'amore di Telemaco Signorini alla
forma, ai volumi e agli effetti prospettici, i disegni a penna
e a matita delle sue « bigherinaie » dei suoi tipi strani o de-
formi, e le grandi distese di terra sulle rive del mare vedute
dall'alto e circonfuse di aria trasparentissima, dov'è un tale
senso delle distanze da darci l'idea veramente d'affacciarci
ad un balcone in cima a una montagna.
Il Signorini giunse alla « macchia » passando per tutte
le stazioni della dura via -crucis del «provando e ripro-
vando » e prima d'arrivare alla gioia intensa della pennel-
lata autorevole posata con sicurezza sulla tela, conobbe il
ormento interiore della disciplina e della ricerca. Termi-
nata la campagna del 59, che egli fece in qualità d'artigliere,
si stancò dei soggetti militari e andò a Parigi con Cristiano
Banti e con Cencio Gabianca e, ai ritorno, si fermò in Liguria
che Io attirava colle sue esplosioni di colori purissimi,
ardenti.
Psicologo sottile, amò ugualmente le cose, le bestie e le
persone, purché avessero una loro fìsonomia speciale.
201
Lo interessarono la storia d'un uscio vecchio tinto e
ritinto, la civettuola pompa delle persiane e delle facciate
delle case dipinte a colori sfacciati, la rassegnata pazienza
d'^n ciuco fuori d'uso e le stimmate ataviche sui volti della
povera gente brutta o defìcente o sui corpi deformati dalle
malattie del lavoro. Benché trapeli, dalla sua arte, una in-
nata aristocrazia, non fu mai chic. Acre nella polemica,
odiatore della volgarità e del cattivo gusto, ipersensibile
eppure equilibrato, fu assolutista nei giudizi, rudi e sinceri
come il tocco del suo pennello ; e nel 67 fandò con Diego
Martelli «Il gazzettino delle arti del disegno» che visse un
anno, interessante raccolta di documenti sul movimento pit-
torico dell'epoca ; poi si ridusse in Siena dove ritrasse strade
e piazze medievali e incise all'acquaforte, genere in cui di-
ventò in breve maestro. A tal proposito, tralasciando le
troppo note acque forti del Ghetto fiorentino, il più bel pezzo
di colore del mondo distrutto all'ammirazione dell'Italia e
dei forestieri da una cecità incomprensibile, ricorderemo le
bellissime incisioni eseguite per due libri di Diego Martelli,
uno di « novelle » l'altro intitolato modestamente < Primi
passi » col sottotitolo di « fìsime letterarie ».
Irrequieto, sempre in cerca di novità, antiaccademico per
istinto, affermava che i suoi quadri dovevano, prima di tutto,
piacere a lui.
Intanto cominciava a farsi notare : nel Novembre del 1870
alla Promotrice Fiorentina fu premiato un suo quadro, ma
già l'instabile artista, sempre in cerca di nuovi motivi, s'ac-
cingeva a mutar aria. E andò in Inghilterra, fermandosi
prima a Parigi col de Nittis, dove fu subito compreso ed
ebbe commissioni dal famoso Goupil; per eseguire le quali
dimorò alcun tempo nelle campagne tra la Senna e la Marna.
Nel 76 tornò a Vinci, il bizzarro castello nell'Empolese^
patria di Leonardo, dei cui aspetti aveva già esposti alcuni stu-
di a Milano nel 72, e colà fece nuovi schizzi saporiti e densi di
colorito ; nulla era prosa per lui, dal vero sapeva trarre in
202
ogni circostanza, motivo d'armonia. Un affiche rosso e tur-
chino sopra la facciata d'una casa Scozzese, il cartello d'una
bottega toscana, un baroccio, i finimenti d'un cavallo, assu-
mevano per questo religioso del vero la stessa importanza
d'un albero, d'un bosco, d'un panorama, di una folla; e in
tutto conservava il senso dell'ora. Vedete quell'alba all'isola
d'Elba, dove si sente, se così può dirsi, i] primo sole che ac-
cende una casa nuova bizzarramente decorata di celeste:
una donnetta fa bere il ciuco alla fonte; nel cielo, sopra i
monti dorati dall'aurora, impallidisce languidamente nell'az-
zurro la luna.
Contro il falso, contro il quadro di genere, contro l'in-
competenza borghese e scolastica, dettò, in sonetti, « Le 9&
discussioni artistiche di Enrico Gasi-Molteni » ; caricature in
versi semplici e arguti, accompagnate da disegni bizzarri.
Nel 78 tornò a Parigi per visitarvi quella mostra inter-
nazionale, ma non si sciupò lo stomaco e il cervello colle
pazzie; rimase lui, toscanissimo, e dopo poco gli olivi di
Settignano, delle cui molteplici tinte vaporose conosceva
tutti i segreti, lo rividero dipingere quietamente in com-
pagnia d'un giovinotto, scoperto da lui, Ruggero Focardi.
Un fulmine a ciel sereno gli fu la nomina a professore del-
FAccademia di San Matteo ! Dalla paura di guastarsi, rifiutò
e scappò a sognare e a pitturare, feraiandosi prima sul Monte
Amiata. Dipinse, allora, soggetti che altri non s'erano mai
sognati neppure, s'arrampicò per le erte viuzze di Pian Ca-
stagnaio, visitò l'isole dell'arcipelago e il penitenziario di
Portoferraio, i paesi reconditi dell'Elba, e poi le cime so-
lenni di Pietramala dove sugli smeraldi dei pascoli veleg-
giano le nuvole gonfie e bianche, riposò lungo la spiaggia
ligure, suscitando armonie di rossi di gialli e di blu da quelli
sfarzosi giardini, ma contenne sempre la sua forza di colox'e
in una linea di misura e d'arte ; non strafece, non gridò,,
perché l'innato buon gusto lo persuadeva a distinguere il
canto armonioso dagli urli roboanti.
203
Da giovine aveva imparato a rispettare la divina propor-
zione e ne è una prova il quadretto della collezione del fra»
tello Paolo, raffigurante un gruppo di fanciulli abbracciati
in faccia al mare in una luce calda d'occaso dorato.
Da cotesto senso geometrico degli aggruppamenti derivò
forse il suo modo mirabile di tagliare il quadro. Nel «Mer-
cato del Ghetto » v'è una figura d'uomo appoggiato al muro,
veramente statuaria, che da sola « fa quadro » mentre dei
corbelli di pesche dimostrano come avesse il senso dei vo-
lumi, e uno sporto di bottega verde smeraldo, illuminato dal
sole, quello dei rapporti armonici fra le tinte.
I soggetti veri e propri! furono sempre non comuni; di-
pinse il levarsi delle cortigiane d'infimo ordine in Toilette
del mattino. V abbrutimento dei forzati nella fosca luce
della galera in visita al bagno e l'oscuro abisso della
follia nella tela Le agitate acquistato dalla Galleria d'arte
internazionale di Venezia, ahimè dopo la sua morte.
Scorbellato, ma buono, fu stretto d'amicizia coi maggiori
dell'epoca sua e incoraggiò i giovani di vero talento come
erano, allora, il Terroni, il Tommasi, il Cantinotti, il Bale-
strieri, il Selvatico, il Ciardi, il Xomellini. Nel 1893 scrisse,
con arguzia tutta toscana, il divertente libro « Caricaturati
e caricaturisti al Caffè Michelangelo » che è la più autentica
e genuina storia dei « macchiaioli » che possediamo, e nel
1895 un libretto di ricordi su Eiomaggiore pubblicati da suo
fratello, post mortem.
L'arteriosclerosi lo spense a sessantacinque anni il 10
febbraio del 1901.
Tel'-maco Signorini può essere annoveralo con .Silve-
stro Lega e col gran Giovanni Fattori, tra i pittori più signi-
ficativi del secolo decimonono. La sua visione dal vero era
sincera, senza ostentazione; gli acrobatismi d'oltralpe non
gli s'attaccarono, come non gli s'attaccò la mania del com-
mercio e dello chic, perchè egli era, sopra tutto, un disin-
teressato.
204
Vedeva il buono, e lasciava il cattivo, senza calcoli! Il
suo tòecoo fu rude e sicuro, amoroso fino all'estasi nelle pic-
cole cose, fluido e libero, nelle tele di gran formato. I sob-
borghi popolosi di Ravenna o della Spezia, di Riomaggiore
o dell'Elba, le vie formicolanti o silenziose di Edimburgo
€ di Firenze, le quiete straducce incassate tra i muri, i vi-
coli deserti, le solitudini alpestri o marittime, tutto egli ab-
belliva, circonfonde lido di luce, d'aria... E al di sopra del
suo valore pittorico, l'arte di lui rimane eterna per il sofifio
di poesia che la domina e che nessuna accademia o scuola
potrà mai riuscire a insegnare. La poesia che portano dentro
di sé certi vagabondi sublimi.
Ferdinando Paolieri.
Mostra individuale composta con le collezioni più impor-
tanti. Prima di tutte quella del fratello Paolo che
riunisce tutte quelle opere che erano nello studio del
maestro ; e poi^ la raccolta Gheccucci, Colò, Galli, Bar-
hérUy Boncinelli, ecc.
Nella sala trovasi un elenco a parte.
Eenzo SIMI
E' nato a Firenze nel 1889. E allievo del proprio padre,
il pittore Filadelfo Simi.
3. Mattino di autunno (olio).
Primo SINOPICO (Raoul de ChareunJ
È sardo, nato a Cagliari nel 1890. Vive a Milano. Ha già
conquistato — nonostante la età giovanissima — fama di
ottimo illustratore — artista arguto e signorile, dal segno
incisivo ed espressivo che commenta le cose oltre che de-
scriverle.
205
Disegni colorati
1. L'Uomo nella nicchia 3. La palestra
2, Il Vincitore 4. Danze moderne
5. La roulette
Vari bozzetti per cartelloni « reclame *
Carlo SIVIERO
Ecco quanto egli scrive di sé e della propria arte: sono
nato a Napoli il 2-2 luglio 1882. Ho compiuto di malavoglia
gli studi letterari, poiché era vivissimo desiderio mio dedi-
carmi alla pittura.
Soltanto verso il 1889, vincendo le gravi opposizioni pa-
terne, riuscii ad essere ammesso in una scuola serale di
disegno per gli operai e la frequentai un anno.
L'anno seguente esposi piT la prima volta, con felice
risultato, alla Promotrice Salvator Rosa di Napoli « quattro
studi di paese » e un « ritratto ».
Nel 1905 (avevo continuato ad esporre a Torino a Roma
a Napoli) mi presentai al concorso per il Pensionato Arti-
stico Nazionale — fui scelto per una gara definitiva coi pit-
tori Alciati e Spadini : ma il concorso fu annullato avendo
ritenuto la commissione giudicatrice che anche in quella se-
conda prova nessuno di noi tre riuscisse a staccarsi molto
dai due competitori.
Partii per Parigi. Esposi nel 1906 al « SaloQ d'Automne »
poi a Monaco, a Milano, ancora a Roma, a Firenze.
•*,;,. Nel 1909 e nel 1910 fui in Olanda per studiarvi la pit-
tura degli antichi maestri. Vi eseguii alcuni ritraili e pae-
saggi che esposi in gruppo all'Aja, (Galleria Mùller) con
buon esito artistico.
Nel 1911 esposi a Roma e lavorai anche nel Padiglione
della Compagia nella Mostra Etnografica di Piazza d'armi.
Ho esposto cinque o sei volte a Venezia.
206
Sono stato in viaggio di studio in Inghilterra, in Francia,
in Austria, in Germania, in Russia.
Prediligo il ritratto ; ma amo tutte le forme della pittura,
nelle quali cimentandomi, cerco di raggiungere come so e
come posso, ma sempre con schiettezza, le aspirazioni della
mia anima.
Dipinti a olio
i. Cortile bianco 5. Ritratto
2. Ferri e figure 6. Porta rosa
3. Porta bleu 7. Testa
A. Testina con cappello 8. Interno bianco
9. Paesaggio
Carlo SO GRATE {Espone coi grappo « Valori Plastici »
Viene dall'Argentina. Appena sbarcato in Italia, il suo
spirito si senti rapito e come travolto dai fasti della civiltà
occidentale, sicché le molte esperienze pittoriche eh' egli
ebbe a fare sino all'attuale periodo che, a nostro giudizio,
costituisce quasi una fase matura, si risentono delle varie
influenze e delle simpatie diverse che via via operarono
sull'animo di questo artista sincero e profondamente ricer-
catore. Nelle sue opere precedenti, spiacevano un poco le
tinte amare e certo aspetto scheletrico dei volumi; ma sog-
giungiamo subito che i lavori del periodo presente segnano
già dei progressi grandissimi, uno studio più preciso e at-
tento del disegno, una maggiore morbidezza di colore, e
come una spiccata tendenza ad approssimarsi air arte ^dei
grandi veneziani, e particolarmente a Giorgione.
Carlo Socrate ha già esposto in varie mostre nazionali,
né vanno dimenticate le sue briose scenografie per i Bal-
letti Russi, fatte in collaborazione con Derain e Picasso.
Alberto Savinio.
207
Dipinti a olio
1. Venere dormente 3. Natura morta
2. Susanna 4. Paese
Guido SOMELLI
Guido Somelli è nato a Firenze nel 1881. Studiò senza
maestri. Espo-e per la prima' volta alia « Promolrice s> di
Firenze nel 1900 e poi alla « Internazionale >; di Ron.a nel
1911. Fu combattente nella guerra mondiale dal 1915 al 1918-
1. Ritratto (olio)
Raffaello SORBI
Nato a firenze il 24 febbraio 1844.
Allievo di Antonio Ciferi, a 18 anni esordi col lavoro
« Corso Donati ierito e ricoverato dai Monaci di S. Salvi »,
che ottenne il premio nel concorso triennale del 1861. Vinto
nel 63 il Pensionato di Roma, non volle lasciare Firenze e
pose fine al quadro raffigurante « Il Ratto di Piccarda Do-
nati » che lo rese celebre e infine, ottenute commissioni da
negozianti stranieri, tra cui il Goupil di Parigi, si mise a
dipingere piccoli soggetti storici meravigliosi per la paziente
cura dei particolari, tanto da venir paragonato, non sappia-
mo con quanta precisione, al Meissonier. Quasi tutti i sog-
getti prescelti da questo pittore sono fiorentini, dal medio-
evo, ed è notevole il rispetto al costume e la ricostruzione»
meticolosa degli ambienti. Ha esposto in molte esposizioni,
è Accademico della R. Accademia di Firenze e onorario di
altre Accademie.
F. P.
Dipinti a olio
1. La festa di Bacco 2. Dal liquorista
208
Armando SPADINI (Grappo ^ Valori plastici »).
Il nome di Armando Spadini pittore, è da riconnettere
a quel periodo di grande fervore in cui gli artisti italiani
s'ingegnarono ad eguagliare le esperienze e i frutti degli im-
pressionisti di Francia. Questo non è il luogo per soffermarci,
vagliare, giudicare i risultati di uno sforzo cosi vasto e com-
movente. Ad evitare possibili fraintendimenti che le nostre
precedenti parole avessero potuto far sorgere, diremo subito
che l'arte di Spadini non costituisce un semplice esempio
di mimetism) dai francesi, poiché nel suo lato più interes-
sante e vitale, rimane pur sempre italiana e tende a ritro-
vare la corposità dei volumi, i turbamenti coloristici, l'imma-
ginoso giuoco delle luci e delle ombre del seicento caravag-
gesco.
Nonostante la sua situazione di pittore arrivato, noi come
si è visto, facciamo l'onore ad Armando Spadini di consi-
derarlo artista giovane, battagliero e occupato tuttavia a
battere l'eroica strada del progresso e del rinnovamento.
Piace a lui medesimo considerarsi a questo modo : e quel
suo tormentarsi di continuo, quella sua scontentezza che lo
turba senza posa, ci danno sicuro affidamento sull'arte sua
che, liberandosi da certa quale frammentarietà che ancora
la indebolisce in qualche luogo, raggiungerà quella sostanza,
precisione e limpidezza che sono i costanti propositi di que-
sto artista.
D'altra parte, lo stesso atto spontaneo e cavalleresco col
quale Armando Spadini si è aggregato al gruppo dei Valori
Plastici, dimostra in chiaro modo come questo pittore, reso
edotto da una lunga e fìerissima esperienza di artista, inteude
collaborare a sua volta, con quelle grandi qualità pittoriche
che gli sono proprie, alla costituzione di quell'arte italiana
più luminosa e severa che varrà a illustrare nel futuro 1»
nostra pittura del ventesimo secolo.
Alberto Savinio.
37 209
Dipinti a olio
1. Ritratto di Bambina 2. Paese
3. Bovi nella stalla
Guido SPADOLINI
Nato a Firenze nel 1889, studiò con Tito Lessi. Espose
a tutte le Mostre nazionali e internazionali fiorentine, dal
1911 in poi, nonché a Milano e a Napoli. Varie volte alle
esposizioni fiorentine le sue opere furono comprese negli
acquisti ufficiali di S . M. il He e del Ministero di P. I. L'a-
cquaforte qui esposta, La Campana della Torre del Corno,
figurò a Londra nel 1916 alla 1* Esposizione d'Incisione Ita-
liana e venne acquistata per il Museo Imperiale di Tokio.
(Acquaforte)
i. Il Ponte Vecchio 2. La campana
Ga-tano spinelli
Nato nell'Agosto del 1877 a Bitonto in provincia di Bari,
studiò a Napoli sotto Morelli e Palizzi. Ma il suo maestro
fu poi il vero. Colorito, innamorato di contrasti delle figure
in primo piano contro gli sfondi luminosi delle campagne
e del mare, chiese alla Sardegna, dove visse alcun tempo e
dove prese moglie, le sue inspirazioni migliori. È insegnante
di ornato alla Accademia di Belle Arti di Fiienze.
(dipinti a olio)
1. Sul prato 2. I primi passi
Pierangelo STEFANI
Di origine trentina, ma residente in Vicenza, Pier An-
gelo Stefani, ancor giovanissimo, persegue con amorosa pas-
sione e con nobile spirito di sacrifìcio, nella città palladiana,
210
il suo sogno d'arte. Disdegnoso di ogni banalità e di ogni
volgarità che possa procuragli il facile successo, egli ha sa-
puto, sia liberandosi dalla metodica fissità accademica, sia
frenando i troppi impetuosi ardimenti della ricerca novis-
sima, raggiungere un'espressione d'arte serena e riposata
per la quale egli ottiene col minimo sforzo tecnico e colo-
listico il maggior rendimento estetico. La sua è essenzial-
mente pittura di anime : le sue figure appaiono nella loro
pienezza interiore e per essa s'impongono più che per la
loro forma esteriore ; cosi come i suoi paesaggi vibrano più
del palpito dell'anima dell'artista che li riproduce sulla tela
che non delle loro forme e rapporti esteriori. Egli è, e tiene
ad essere, un ingenuo dell'arte, non nel senso della non co-
noscenza tecnica, ma nei senso del rendere, cosi come sente,
senza artificio, quello che il suo spirito crea.
Accolto alla XII Veneziana, egli espose il quadro «Madri
e vedove » che, suscitando le più ampie discussioni, lo pose
in luce e gli fu largo di resultati morali e materiali. Alla
I^ Esposizione Vicentina tenne una mostra personale, nella
quale i suoi quadri: «Monache» — «Morta» — «Profughi»
— « Mutilati » commossero vivamente per la potenza del-
l'espressione e del sentimento ; cosi come le stesse opere
riscossero larga messe di plauso a Firenze, in una succes-
siva mostra. Espose ancora, individualmente, a Milano, quando
già la sua arte, con la «Madre» eia «Donna alla finestra»,
togliendosi dalla pura astrazione psicologica si avvicinava
vieppiù alla natura. Questa che può chiamarsi la sua trasfor-
mazione, egli l'ha, si può dire, compiuta con l'ultimo suo
quadro di grandi dimensioni intitolato «Inno alla vita», col
quale egli si presenta quest'anno alla XIII Veneziana e che
traspotta l'arie di questo coscienzioso artefice ad altezze
maggiori.
1. Dopo il bagno
211
Ottavio STEFFENINI
É nato a Cuneo nel 1889. Fece gli studi classici, ma dopo
il second'anno di Università si dedicò completamente alla
pittura, che già coltivava con passione, frequentando all'Ac-
cademie di B. A. di Roma lo studio del pittore Spagnuolo
Bernejo. Nel 1912 fece un viaggio in Spagna. Confortato dalla
stima dei pittori spagnuoli Bened ilo, Lopez, Masquita e Ber-
nejo, studiò l'arte spagnuola e a Madrid si distinse fra gli
stranieri nell'Esposizione della primavera del 1915- La guerra,
che combattè come capitano dei Bersaglieri, lo tolse all'arte
per cinque anni. Congedato si s-tabili a Milano dove ha espo-
sto nelle Primaverili e nelle Biennale di Brera.
U Sogni 2. Impressione
Alberto STRINGA
E' nato a Caprino Vermese. Prima di dedicai si all'arte
fece gli studi classici e si laureò in legge. Studiò l'arte da
sé stesso nell'osservazione ed ammirazione degli antichi mae-
stri, visitando l'Italia e la Grecia, soggiornando a Parigi (1904-
1905) dopoché si stabilì a Vienna (1907). Colà dimorò sino
alla dichiarazione della guerra che combattè come ufficiale
con l'innato suo fervore patriottico.
Paesista e Ritrattista, espose a Vienna e fra altro nel 1909
a quella esposizione d' arte nel Salone Heller.
Litografie
1, Ritratto 2. Interno di S. Maria Novella
3. Piazza della Signoria
Cesare TARRINI
Questo ha intrapreso una fiera lotta contro la materia.
E la conduce con coscienza di artista e fede di apostolo
Vuol vincere. E di questa tenzone, fra il suo spirito inquieto
212
ed assetato di bellezza e 1' elemento inerte e bruto che egl
vuol soggiogare per dar forma e calore di vita alle sue con-
cezioni, si scorgono traccie evidenti : talvolta un certo sforzo
si palesa nelle sue opere, ma è desiderio di superarsi, ansia
di esprimersi compiutamente, brama di attingere sempre
nuove altezze; non vana fatica d'impotente.
Il Tarrini, che ha dato all'arte caricaturale numerose
statuette in legno di sorprendente evidenza rappresentativa,
tenta ora per la prima volta il marmo. Appartiene al « Grup-
po Labronico ». Guido Vivarelli
1. Testa in marmo.
AscANio TEALDI
E' nato a Casanello (Pisa) e studiò a Firenze e a Parigi
Un suo quadro fu acquistato dallo Stato irancese. Fu coni-,
battente in Macedonia quale ufficiale di Artiglieria per
quattro anni.
(Dipinti a olio)
ì. Canale Grande 2. Marano
GiovAN Battista TEDESCHI
É nato a Mergozzo di Novara nel 1883. Studiò da sé
stesso. E' socio onorario della R. Accademia di Brera. Un'o-
pera sua fu acquistata per la galleria Nazionale di Roma
ed un'altra per il Museo di Verona. Espose all'ultima Bien-
nale Internazionale di Venezia.
1. Le ombre della sera
Armando TITTA
È fiorentino e studiò all'Accademis di Belle A rti di Firenze.
(Progetti Architettonici)
7, 2, 3. Cappella Funeraria A. Museo
5. Palazzo per Esposizioni 6. Scuola d'Arte
213
Sirio TOFAXARI
Nato a Firenze nell'Aprile del 1886. Autodidatta. Trovan-
dosi in Inghitterra si pose, per istinto, a studiare con amore
gli animali del giardino zoologico di Londra e del Museo
di storia Naturale di South Kesington; e quando, nel 1908,
espose per la prima volta a Faenza apparve una vera rive-
lazione, e l'opera esposta venne acquistata dal Re, e un'altra
fu acquistala nel 1^09 a Venezia per la Galleria d'Arte Mo-
derna di Firenze, nel 1911 il Tofanari si ebbe la medaglia
d'oro all'Esposizione Internazionale di Barcellona e il gruppo
premiato venne acquistato per quel Museo.
A S. Francisco, a Eoma a Firenze, Torino consegui nuove
onorificenze, ultimamente la Galleria d'arte Italiana di Lima
(Perù) volle due gruppi di questo scultore modesto e ope-
roso che ha compreso in modo così intimo la ditricile psi-
cologia delle bestie. La sua modellazione è nervosa e sicura,
sopra tutto dinamica, raggiunge i maggiori effetti colla più
grande semplicità di linee e colla sintesi più essenziale di
piani. Modesto, laboriosissimo, lavora e vende molto.
E' appassionato lettore del Kipling e di tutti gli scrittori
divita libera e selvaaaia.
(Bronzo)
1.
Idillio
5. Leopardo
2.
MaraboLi
6. Lotta di montoni
3.
Macaco
7. Gufo gridatore
5.
Cicogna
8. Gufo '
9. Gufo
(tradii:
zio ne (argento)
Renato TOMASSI
E' nato a Subiaco (prov. di Roma) nel 188 k A 18 anni
ha incominciato a dipingere da sé nel suo paese, senza
Accademia, senza maestri, direttamente dalla natura. A
19 anni fece un autoritratto che gli fu acquistato per la
214
Galleria d'Arte Moderna in Roma. Conobbe in questo tempo
Otto Greiner'e da lui ebbe consigli ed appoggio. Fece in
seguito un viaggio in Germania e si trattenne a studiare a
Monaco e a Berlino. Nella Esposizione di Roma del 1920 S. M.
il Re gli acquistò un quadro : il Suonatore d'organetto; nella
Prima Biennale Napoletana del 1921 fu premiato. Un suo
quadro è stato acquistato di recente per la Galleria d'Arte
Moderna di Napoli.
(Tempura)
1, Adamo ed Eva 3. Ritratto di signorina
2. Stadio di nudo ^. Gattina nera
{Disegno e tempera)
5. Mia madre 6. Studio di testa
Adolfo TOMMASI
Questo è un veterano. Ma un veterano che combatte
ancora e sul cui spirito sembra che gli anni, abbiano sci-
volato... Certo è che egli conserva inlatta quella freschezza
di visione e quella vivacità di tocco per le quali riuscì fin
da giovane a imporsi all'attenzione del pubblico e della
critica. Mosse i primi passi sotto la guida di Marko figlio,
ma, come tutti i veri artisti, Adolfo Tommasi studiò soprat-
tutto alla scuola del suo temperamento e trovò in se stesso
la capacità di affermarsi e di affinarsi. Oggi rimane come
uno degli ultimi e autentici rappresentanti di quel « mac-
chiaiolismo ?> toscano che ebbe i suoi primi assertori in
Signorini, Fattori, Lega, Abbati e che alla placidità composta
dei professori e degli accademici si annunziò ed apparve
come una tempesta di istinti e di propositi rivoluzioiiari.
Egli si schierò subito audacemente coi ribelli ed i « mac-
chiaioli» lo ebbero sempre al loro fianco in quelle impe-
tuose battaglie fiorentine che avevano avuto, all' inizio, nello
storico caff*è ^< Michelangiolo » il quartier generale del proprio
sbrigliato, ardente, spregiudicato esercito rivolusioiiario. Col
215
celebre l)ozzetto << I cavoli dopo la brinata >^ e poi col quadro
che porta lo stesso titolo, suscitò discussioni ardenti, cri-
tiche aspre e consensi entusiastici.
E autore di opere conosciutissime e pregiate. Or.i in-
segna agli allievi della R. Accademia Navale; ma è rimasto
un « giovane * malgrado gli anni e la qualifica di profes-
sore. E preferisce stare coi giovani, dei quali segue con in-
teresse e con simpatia ogni sincero tentativo di rinnovamento*
Adolfo Tommasi è un colorito descrittore di Livorno e
di quelle campagne toscane nelle quali si reca, quando viene
l'estate, a villeggiare e sopratutto a dipingere. Molto inte-
ressante una sua recente collana di pitture che illustrano
parchi di ville lucchesi e fiorentine del XVII e XVIII se-
colo. Appartiene al « Gruppo Labronico ».
Guido Vivarelli
Dipinti a Olio
i. Sole autunnale 2. Baggiano alto
3. Vele adriatiche
Angiolo TOMMASI
E' nato a Livorno nel 1858.
Studiò pittura dapprima per solo diletto, a Livorno, col
Lemmi prima e poi col Betti. In seguito, venuto con la fa-
miglia a Firenze, entrò all'Accademia sotto il Ciaranfi. Ma
concludeva poco, allora.
Un giorno Giovanni Fattori gli disse chiaro e tondo che
a quel modo perdeva il suo tempo.
— Vuoi fare il pittore ? - gli disse - Be' prendi la cas-
setta, oppure un lapis e un album e vai in campagna. Di-
segna, amico mio, disegna! Non c'è scampo, tutto è buono.
Alberi, nionti, strade, uomini, animali, ma sopratutto stai
attento al carattere e ai rapporti.
Angiolino — come fin da allora lo chiamavano tutK per
la sua ar^a affabile e sincera — segui il consiglio.
216
E nella sua villa di Bellariva, che ospitava cordialmente
gli artisti, con l'esempio e la guida di Silvestro Lega, fece
il suo vero e più importante tirocinio: - studi, disegni e
bozzetti a centinaia. Nelle sue prime opere l'influenza del
Lega è evidente, ma poco a poco andò acquistando un
suo proprio accento. Le prime opere importanti che egli
d ipinse furono un ritratto della sorella nella sua villa di
Bellariva e un ritratto di vecchia intitolato «Cenci vecchi »,
quadri che piacquero anche al Lega.
Si dedicò in seguito ai soggetti campestri e alla «ma-
rina ». Alla Promotrice fiorentina esordì con un grande
quadro «La Benedizione ». Le sue Bagnanti, delle figure di
donne contro il mare di Antignano presso Livorno, furono
premiate a Parigi e all'Esposizione Colombiana di Genova.
Anche a Venezia espose per la prima volta un grande quadro
nel quale ad un sobrio e libero naturalismo si accoppia il
gusto decorativo del «taglio».
Poi per un periodo di tempo si dedicò particolarmente
al ritratto. E' di quell'epoca il Ritratto di Pietro Mascagni:
un'opera che è molto rappresentativa di un trapasso della
pittura italiana, e che ora trovasi nella Pinacoteca di Livorno.
Nel 1899 disgustato e infastidito delle beghe e delle ca-
morre della vita artistica ufficiale, prese il largo, recandosi
in America insieme a Pietro Gori, l'anarchico colto e idea-
lista; e colà, facilitato dal Presidente Roca, viaggiò attra-
verso la Patagonia e la Terra del Fuoco, dipingendo una
quantità di « macchie » e di studi, che poi espose sotto
gli auspici del Governo a Buenos-Aires, riportando uno
schietto successo.
E' caratteristico dell'arte di Angelo Tommasi il quadro
« Gli emigranti» che si trova nella Galleria Moderna di Roma.
Angiolino Tommasi, temperamento d'artista mite e sin-
cero, è fra coloro che han svolto l'arte dei « Macchiatoli »
nel senso di una visione più indugiata del vero fisico, in
vista di effetti narrativi e poetico.
1. Cenci vecchi (olio)
217 28
SlXIBALDO TORDI
È nato a Roma nel 1876. Studiò . on Salvaclore Barbudo.
1. Ritratto del Signor Merlini
Vieri TORELLI
È nato a Firenze nel 1873. .^tudiò da se stesso.
1. Tetti folio!
Ro^.iEO Attilio TORRESIM
Nato a Venezia nel 1874, studiò con Antonio Dal Zotto.
1. Arianna dormiente / gesso J
Felice TOSALLI
Nato a Torino, nel 1883. Si è specializzato nella scultura
in legno policromata.
{Legni colorati)
1. Il nunzio di Maratona 4. // ramarro e la vanessa
2. Barbagianni <'. Ermellino
3. Centauro in amore 6. Paride
7. Centauretta (legno)
Arturo TOSI
Arturo Tosi nato a Busto Arsizio nel 1871. Frequentò la
scuola di nudo dell'Accademia di Brera, e per 2 anni lo
studio del pittore Ferragutti-Visconti. Segui poi con affetto
l'opera e i consigli di Vittore Grubicy. Dal 1909 ha sempre
preso parte alle Biennali Veneziane, invitatovi. Espose a Mo-
naco di Baviera due volte, all'Internazionale di Roma del
1911, molte volte a Brera e in molte altre mostre Nazionali.
Un'opera di lui — '< Malinconia» — è conservata nella Gal-
leria d'Arte ^loderna di Milano.
218
Nato 50 anni fa, — dopo essersi fatto assai presto notare
per alcuni saggi di paese di grande vivezza cromatica, ma
di una impetuosità ancora piuttosto di mano che di anima,
andò, attraverso le analisi del divisionismo, affinando sempre
più l'occhio e purgando la tavolozza, non solo, ma castigan-
dosi altresì nell'uso dei mezzi materiali d'espressione, cosic-
ché, quasi senz'avvedersene, venne a poco a poco interio-
rizzando quel suo ìmpeto nativo, che nei primi saggi lo
aveva travolto alle truc utenze della pasta colorante, e a una
cotale trascuranza della solidità delle strutture.
Atteso per qualche anno allo studio della lìgura umana,
lo abbandonò dopo avervi realizzato qualche buon ritratto
(in particolare, la bella testa di fanciulla oggi alla Galleria
Civica di Milano^ per darsi tutto ormai alla pittura di paese :
predilesse le tenere effusioni della luce aurorale o vesper-
tina sulle piane avvolte di vapori o sui dossi montani gem-
mati di fiori, e i grigiori autunnali sulle terre scassate di
fresco, chiuse in azzurre lontananze. Vi ottenne, in rapida
pittura, armonie di toccante delicatezza, di impeccabile signo-
rilità. Signorilità di colorazioni e di taglio, immediatezza
d'espressione con nervosità di segno, una finezza quasi mor-
bosa di rapporti, un dolce sentimento elegiaco della cam-
pagna, e un'assoluta sincerità nel mantenersi nei limiti della
propria emozione ~ sono le caratteristiche di questo suo
fertile periodo.
Ma giunto nella pienezza degli anni, e affinato nei sensi
e nell'anima dal diuturno esercizio dell'arte — quando i
dilettosi risultati ottenuti potevan più facilmente indurlo al-
l'adozione di una maniera alla ripetizione di sé medesimo,
seppe dischiudersi nuovo cammino, riprendendo robusta-
mente contatto con la eterna primitività della natura. Gli
avvenne cosi di ritrovare la primitività sua propria; — ed
ecco riscaturirgli quell' impeto de' suoi giovani anni, ma or-
mai tutto interiorizzato, divenuto contenutezza carica di
forze.
Lo spettacolo e Io studio del mare, con la sua complessa
219
semplicità, gli valse assai a compiere questo passaggio deci-
sivo.
Il colore, che di squisito in squisito minacciava di dis-
solversi in vaporosità inconsistenti, si è rifatto d'improv-
viso intenso e deciso come nei saggi giovanili, ma di più
grave senso, evolvendosi dai colori elementari dello spettro-
scopio alle colorazioni più torbide e succose dell'urao e
dell'onda. Dà cosi immagine di una maschiezza satura e si-
cura. La natura cessa di essere per il pittore una lucida
aiuola e ridiventa una calda fucina di cose.
Codesta riconquistata verginità delle colorazioni si av-
vantaggia e si completa in una progredita visione della
forma, concepita con più vasto riassunto e più posata solidità-
A ciò gli valse una pratica assidua del disegno — rara
oggimai in ogni sorta di pittori, rarissima ne' paesisti — non
intesa tanto a impadronirsi mnemonicamente di singoli
particolari delle cose, ma proprio a ritrovare i valori espres-
sivi di chiaroscuro.
Per tante belle qualità di temperamento e di studio, per
la sua rara passione all'arte e alla natura, per la nob iltà
degli intenti e l'incorrotta sincerità dell'animo, — è debito
di tutti gli intelligenti seguire con amorosa pittura l'opera
di questo pittore, attenderlo con fondata speranza alle sue
più alte prove.
U. B.
Dipinti a olio
1. Mezza figura 3. Poesia di verde
2. Autunno Sei studi di paese
Guido TRENTINI
Guido Trentini è nato a Verona 32 anni or sono da fa-
miglia di pittori. Fin da ragazzo ha amato la consuetudine
e l'esempio dell'arte nella sua meravigliosa città e nell'am-
biente familiare.
Per questo è difficile determinare quali sieno stati isuoi
220
maestri: Il suo istinto pittorico che escludeva in lui ogni
preoccupazione tecnica gli dava modo di assimilare rapi-
damente le qualità degli artisti che gli accadeva d'avvici-
nare; — cosi, dopo aver tratto da essi quanto potevano of-
frirgli di utili esperienze per la formazione della sua per-
sonalità pittorica, egli era in grado di spogliarsene per attin-
gere ad altre forme più consone alle nuove sensibilità che
in lui si venivan formando. Però anche attraverso tutte que-
ste esperienze si affermava quella sua particolare gentilezza
di spirito, quel suo raffinato senso di composizione colo-
ristica che costituiscono, si può dire, la fisonomia della sua
arte. — Più tardi, divenuto cosciente delle sue possibilità
il Trentini si è liberato finalmente da ogni influenza, e non
più negli altri, ma in se stesso ha cercato i motivi della
sua ispirazione.
Il problema centrale che oggi preoccupa il Trentini non
è più né quello puramente coloristico, né quello, di moda
più recente, della solidità spaziale ma la necessità di un'in-
tima fusione dei due elementi forma-colore nel tono come
continuazione e rinnovamento della interrotta tradizione
pittorica veronese.
I quadri che fin'ora egli ha creato non sono che tappe
verso l'opera conclusiva a cui va preparandosi, e che ormai
per vari sintomi egli si sente pronto a realizzare.
Per la cronaca : il Trentini ha cominciato a dipingere
ancor bambino; ha frequentato per qualche tempo l'Acca-
demia Lignaroli di Verona ed a Verona si è fatto presto
notare nelle Mostre della Società di Belle Arti. A soli 19
anni ha esposto airinternazionale di Venezia del 1909. A Ve-
nezia ha esposto poi in tutte le mostre successive e que-
st'anno é stato chiamato a far parte della giuria d'accetta-
zione per la circoscrizione che fa capo a Verona. 11 Tren-
tini ha esposto ancora con successo nelle altre principali
mostre dell'Italia e dell'estero dell'ultimo decennio.
Pino Tedeschi
221
Dipinti a olio.
1. Case 2. Ruderi
Domenico TRENTACOSTE
Dell' illustre maestro che ha voluto onorare con le sue
opere la «Fiorentina Primaverile» non è possibile parlare
nell'ambito di una nota, cosi diffusamente come questo par-
ticolare momento dell'Arte imporrebbe.
Il Trentacoste fu un precoce, dacché fin da bambino,
all'età di cinque o sei aimi. a Palermo, sua patria, die a
conoscere la sua inclinazione e attitudine per l'arte: — ciò
che non è soltanto un banale dato biografico, ma la prova
di quella istintiva attitudine plastica, per cui la scultura era
per lui il necessario e più efficace mezzo d'espressione.
Per dieci anni, 1870-80, stette in Palermo, con lo scul-
tore C )stantino, che con savio criterio lasciò alla persona-
lità del giovane la piena libertà e l'agio di svilupparsi.
A Napoli capitò nell' epoca della rivoluzione realistica
del Morelli - verso il 1877 - ; si giovò e si avvantaggiò di
quel salutare lavoro di dissodamento dell'intristito terreno
dell'arte, ma comprese che doveva essere cotesto il modo
per rinnovare i mezzi di espressione, ma non il fine del-
l'arte. Le sue aspirazioni erano più complesse e più alte: esse
avevano come un richiamo nella città che era stata il faro
del Rinascimento: Firenze.
A Firenze aveva fatto Tanno dopo, un breve soggiorno.
Era stato per lui come un'iirimersione in un bagno favoloso
dal quale quando usci l'indirizzo della sua arte era deter-
minata per sempre. Ritorna a Palermo per poco tempo; poi
il bisogno di sentire attorno a sé una vita fervida d' intel-
lettualità che secondi i moti del proprio spirito, lo conduce,
nel 1880, a Parigi. Qualche anno dopo aveva conquistato il
raffinato e diffiicile pubblico parigino: esponeva a tutti i
Salons; era accolto nella società più intellettuale ed illustre;
222
modellava ritratti degli uomini eminenti e delle dame più
elette.
Nel 1891 il pittore inglese Edwin Ling\ che aveva acqui-
stata la sua Pia dei Tolomei — esposta con pieno successo
di pubblico e di critica nel Salon del 1887 — lo invitò a
Londra. Qrd il t^uo basto del Long e la CeczVza ebbero l'onore
di essere accolte nell' allora chiusissirao giardino della
« Roj^al Academy ».
Ma uno dei periodi più fattivi e più pieni della sua arte
va posto fra l'anno del suo ritorno a Parigi — 1891 — e la
sua partenza per riialia — 1895 — dove il suo spirito era
richiamato di continuo, e dove pose la sua definitiva resi-
denza a Firenze.
Sono di quel periodo numerosi ritratti e medaglioni —
tutti improntati a quella espressione naturale e schietta e
al tempo stesso nobile e contenuta che si affermava ormai
costantemente, come il riflesso della sua matura personalità;
i busti di Amédée Roux e quello di Madame Herbillon note-
voli fra gli altri, la cui umanità profonda e palpitante è pari
all'ampiezza dello stile: come pure la Derelitta e l'Ofelia, in
cui l'artista ricercava quello che doveva essere in seguito
l'espressione poetica della propria arte Espressione che si
realizzerà più decisamente con la Figlia di Niobe. scolpita
a Firenze circa il 1898, e che segna il punto di partenza di
quello che dovrà essere la fisionomia più tipica del maestro
palermitano.
In Italia il riconoscimento del suo talento sarà pieno:
gli spiriti più eletti e più colti — Gabriele D' Annunzio,
Enrico Gorradini, i maggiori critici italiani — scriveranno
della sua arte e in tutte le esposizioni più importanti le
opere del Trentacoste saranno collocate al posto d'onore.
Oggi che si parla tanto insistentemente di classicismo,
gioverebbe rivedere e discutere con chiaro e libero giudizio
223
l'opera del Trentacoste, per collocarla al giusto posto che
le compete nella storia dell'arte italiana.
Nel 1878, durante il suo breve soggiorno a Firenze, di cui
s'è già fatto cenno, scrivendo ad un amico, dopo avergli
espresso l'impressione profonda che avevano fatto in lui i
maestri del Quattrocento, concludeva : « Mi è sembrato di
vederli lavorare col soffio e in ginocchio. »
In questa espressione è tutto il « credo » artistico del
Trentacoste.
Lavorare in ginocchio, sotto l'ascendente spirituale (non
didascalico) delle nostre grandi tradizioni, fu ciò che serbò
all'arte del Trentacoste — anche in periodi di barbarie ma-
terialistica e di dedizione alle estetiche straniere — il suo
carattere di italianità e di nobiltà. Che egli non si sia mosso
da quel sentiero — nonostante il gracidare di tanti rospi
rivoluzionari — è sopratutto importante e meritevole.
Lavorare col soffio, — più che con la ragione ragio-
nante — col soffio contenuto e sapientemente modulato,
dell'anima, e ciò che ha conservato alla sua arte — nono-
stante le apparenze di uno scusso naturalismo — un conte-
nuto di vera spiritualità.
Idealizzare il reale e render concreto, tangibile l'ideale,
sono i due poli, le due tendenze che dominano e si alter-
nano nell'arte del iNiaestro e che, quando arrivano a con-
giungersi e ad armonizzarsi, dan luogo ad opere che si chia-
mano // ciccaiolo, Il vasaio. La testa di vecchio, La faiinetta,
nelle quali la personalità dell'artista è totalmente assimilata,
e direi quasi dissimulata, nella evidenza e limpidezza della
bellezza formale; opere che non hanno tempo — classiche
nel senso vero della parola.
Di questo superlativo obbiettivismo le targhette espo-
ste alla « Primaverile» sono come i fiori scempi, ma, perciò
appunto, più puri e odorosi. Mario Tinti.
Espone opere di pittura
224
Gianni VAGNETTI
È Horentino; ha 24 anni. Nel 1918 vinse il Concorso
« Stibbert » col quadro Dopo il bagno che fu poi acquistato
per la Galleria d'Arte Moderna di Lima (Perù).
1. Ritratto
Domenico VALINOTTI
Nato a Torino nel 1889, ha cominciato a dipingere a 23
anni, senza aver avuto maestri, né aver frequentato accade-
mie. Dopo qualche anno, sotto la guida di Leonardo Bistolfi
ha avuto la gioia di vedere apprezzate le sue fatiche. Ago-
stino Bosia lo aiutò fraternamente.
Vinse il 1° premio alla Mostra Regionale d'arte piemon-
tese nei 921, Ha esposto alla Quadriennale Torinese del 1919
e (invitato) alla Biennale Napoletana del 1921^ a quella Ro-
mana del '920. Opere sue si trovano al Museo di Asti; Cosi
parlò di lui Emilio Zanzi in una nota sul Momento di Torino:
« Domenico Valinotti, uno dei più valenti e studiosi giovani,
l'interprete secondo noi più profondo dei fumosi sobborghi
delia Torino moderna, l'estetizzatore acutissimo della brut-
tezza formidabile dei quartieri e delle fabbriche di Dora,
espone due quadri di paese, in gran luce, un po' violenti
nei verdi e nell'azzurro, ma saldi esatti, sapientissimi di
prospettiva »•
Dipìnti a olio.
1. Estate 5, Prelo
2. Gli orti d'inverno 6. La barca
3. Il mare 7. Vallo
k II pagliaio 8. Il fiume
Paolo VETRI
Nato in Gastrogiovanni prov. di ( altanisetta,il 2 febbraio
1855, fu l'allievo prediletto di Domenico Morelli, del quale
doveva poi divenire il genero affettuoso.
225 29
È un pittore di rara delicatezza. La sua colorazione è
sempre lieve e sobria e fine, schiva dalle violenze e da
grossolanità cromatiche.
Ama i soggetti sacri e storici, al pari del suo illustre
maestro, alla memoria del quale serba uno specialissimo
culto, fatto di venerazione e di ammirazione.
Dedica la sua attività quasi completamente alla deco-
razione, e preferisce la pittura a fresco nella quale ha rag-
gimita una compiuta maestria.
La figurina che espone alla mostra Primaverile è una
deliziosa aftermazione del suo gusto, della sua signorilità
e della sua probità : essa basta da sola a rivelarci in lui un
vero maestro.
Federico Petkiccione
i. Ritratto
Lorenzo VIANI
È nato a Viareggio nel 1883. La prima volta espose con
successo nella Mostra dell'Arte Toscana del 1902 indetta a
Firenze dalla società di Belle Arti. Nel 1906 espose nella
Internazionale di Milano, eppoi nel 1607 e nel 1914 a Venezia.
Poi andò a Parigi dove espose alla « Gomédie Humaine » di
Giorgio Petit, che era allora— 1906— la mostra più eccen-
trica di Parigi; e in seguito fu accettato al «Salond'Automne»,
dove, per una serie di opere di carattere parigino, gli furono
conferito il titolo e i privilegi di « sociétaire ».
La Galleria moderna del Castello Sforzesco a Milano,
la Galleria Moderna di Bologna, la Raccolta dei disegni dei
Moderni alla Galleria degli Uff'izi posseggono opere di lui.
Ed ha collaborato e collabora tuttora coi propri disegni a
vari giornali e riviste in Francia, nel Belgio, in Germania,
in Russia, in Inghilterra.
Ma studiato un po' dappertutto perchè ha molto viag-
giato, molto anche a piedi. Il mare e i marinai sono stati
226
i suoi studi preferiti. Non ha perso mai tempo, neppure alla
guerra, dove fece disegni di prigionieri e di scene e loca-
lità caratteristiche su tutto il fronte. Abita a Viareggio,
dove studia ed interpreta l' umanità degli umili, dei poveri,
dei caduti e dei fanciulli.
Leonardo BìstoUì, l'esimio lirico della scultura, cosi
scrisse del Viani in occasione di una mostra individuale
delle sue opere, che ebbe luogo in Lucca nel Ì921 : «... E
fu il dolore e fu la miseria che gli aprirono le alte fonti
preziose della bellezza.
Quando lo conobbi io gli vidi nel volto le stigmate di
queste forze che lo avevano conquistato, che soro i segni
della più alta nobiltà umana. E quando vidi le prime opere
sue, io sentii che la bellezza era sulla soglia della grande
stamberga che a lui serviva di studio. Ora la sua anima è
qui dinnanzi a voi, degna dell'ascesa e della grazia; ma
forse a molti di voi, un poco oscura ancora, ma certo, a nes-
suno di voi, indifferente.
Perchè in ognuno di quei rettangoli di cartone invasi
d'ombra e di quei lembi di tela corruschi di vampe remote di
colore, è appeso un brandello della sua anima. Molti dei
suoi fantasmi tragicamente, eroicamente grotteschi vi tur-
bano forse ancora e vi respingono, mentre qualche intima
voce in fondo al cuore vi dice: Guarda! Pensate! — Molte
delle creature con cui egli ha diviso F inerzia estatica della
fame, avevano già nei loro aspetti umani varcati i contorni
in cui l'essere umano si rappresenta ai vostri occhi e al
vostro pensiero , esse erano già gli spettri della loro fìsica
realtà, deformata dallo sforzo incosciente di non abbattersi
su se stessa. E 1 egli non poteva rappresentarle se non nei
segni irreali della loro deformazione.
E a proposito del quadro i « Lebbrosi », che figura anche
in questa mostra, il Bistolfi esprimeva in questi termini la
227
sua profonda aderenza spirituale e artistica alla visione del
Viani :
Esso, «z Lebbrosi», evoca una tenebrosa leggenda me-
dioevale in cui narrasi che i colpiti dalla lebbra nella Città
chiusa nell'orribile sgomento, erano portati fuori delle mura
e abbandonali alla liberatrice pietà della morte
Spaventosa tragedia in cui sentiamj fino a quali abissi
d'ombra l'umana famiglia possa precipitare. '•] l'anima del-
l'artis'a ne raccolse veramente la leggendaria grandezza
colla pietà delle vittime, nel poema di miseria quasi inenar-
rabile, ma che egli descrive con qualche figura, che basta
a sollevarlo a questa grandezza. Guardate le due donne di
cui una già irrigidita nella stretta della morte consola di un
bacio materno, ultimo, 1' altra, che prostrata col cadavere del
bimbo sulle ginocchia, non vuole, essa pure, che stringersi
alla morte. Guardate la midre che ha tra le braccia il bimbo
e che guarda in alto, sulle mura, le genti che le mandano
il disperato saluto.
Pur nelle scabre asciutte linee della figura esposta inte-
ramente di schiena, voi sentirete il suo supremo pianto
d'angoscia.
Il segno animatore dell' immagine è cosi rigidamente e
risolutamente efficace che la pittura scompare. E io vedo
queste figure sotlrarsi alla loro materia e sconfinare dal-
l'opera d'arte per isolarsi nell'idea e dell'idea animarsi,
pur nella viva fissità monumentale.
Leonardo Bistolfi
1. I Lebbrosi {dipinto agni- Ventano disegni
sa di cartone da arazzo) Sei quadri di montagna
Arturo VILIGIARDI
Nato a Siena nel Luglio del 1869, è allievo di Mussini
e di Maccari. Può dirsi l'ultimo rappresentante di quella
gloriosa scuola senese che, oltre ai menzionati, ebbe sulle
228
sue file l'Aldi, il Gassioli, il Franchi... Pittori tutti che si vol-
sero, più che ai lavori di cavalletto, alle vaste composizioni,
all'arte sacra, all' affresco : continuavano ancora la grande
tradizione italiana! Viligiardi è oggi uno dei pochi affre-
schisti che rimangano in Italia. Ha dipinto nella cattedrale
di Chiusi, nella Basilica romana di S. Paolo, in S. Maria del
Fiore ed ha disegnato cartoni per la Cupola del Battistero
fiorentino di S. Giovanni. Attualmente conduce a termine
le decorazioni del palazzo Chigi Saracini a Siena^ ove ha
dipinto a buon fresco, nel soffitto del salone dei concerti,
un quadro grandioso: «Il ritorno di Montaperti ». E, in-
tanto^ insegna al R. Istituto di Belle Arti della sua città, di
cui è Direttore.
Disegnatore ottimo e sicuro, come deve essere chi col-
tiva l'affresco, espone dei tocchi in penna, eseguiti per il
volume commemorativo del centenario dantesco '< Dante a
Siena ».
N. 10 Disegni a penna
(Vedute di Siena e dell'antico stato senese)
Gennaro VILLANI
Nato in Napoli il 4 ottobre 1885. È un paesista schietto e
pregevole, un fervido studioso del vero, che riproduce con
foga appassionata.
Ha al suo attivo una assidua partecipazione a grandi
mostre italiane e straniere, ove ha riportato sempre vivo
successo di pubblico e di critica.
F. P.
1, Terrazzo a Posillipo (pastello)
(Dipinti a olio)
2. Il mare a Santa Lucia 3. Vecchio mercato di Napoli
229
Giuseppe \'INER
E' nato nella Versilia ed ha studiato a Firenze. Ha sempre
amato schiettamente l'arte ed ha lavorato con fervore, senza
mai preoccuparsi di guadagni, né di onori ufficiali. Andato,
per forze di cose, a vivere nella campagna di Siena, fu at-
tratto dilla poesia dei lavori campestri, di cui La Sementa^
il quadro esposto alla Primaverile, sintetizza un aspetto si-
gnificativo. È di recente ritornato alla sua Versilia^ a cui fu
volto sempre il suo ricordo nostalgico, innamorato com'egli
è della grandiosa bellezza di quel paesaggio e degli aspetti
solenni e rudi delle opere nelle cave del inarmo. Sono cjuesti
aspetti che il Viner si propone di celeb are con le sue pit-
ture, in un ci^'lo d'opere, la prima delle quali «L'oro delle
Almane » fu accolto in varie esposizioni ed ebbe un premio
alla Internazionale di Bruxelles.
L La Sementa folio)
(Disegni a carbone)
2. Orfeo cieco S. Donne deliri Versilia
4. Vecchio cavalcatore.
Giulio Cesare VINZIO
Xato a Livorno nel 1881. Allievo di Giovanni Fattori e
poi di sé stesso, si rivelò a Firenze nel 1900 col quadro
<i Riposo, i' Xel 1901 già" veniva accettato airinternazionale di
Monaco (Baviera i. Di qui l'ascenzione del Vinzio fu rapida.
Espose a Firenze più volte, a Livorno dove S. M. il Re ac-
quistò il suo bellissimo quadro < Sole Morente», e pure a
Livorno fu, nel seguente anno, premiato con medaglia dal
Ministro dell'I. P. Xel 1903 fece il suo primo ingresso alla
Internazionale «li Venezia, e in seguito si fece apprezzare
nelle Biennali di .Milano e Roma. Cesare Vinzio è un poeta
della campagna e della luce; egli adora i crepuscoli violetti,
i vesperi dorali, e i meriggi abbaglianti di sole. Giovanni
230
Fattori si vantava d'avere «scoperto» quel giovane òo/zemzen
che già dimostrava tante atlitiidini. Oggi egli è nella piena
maturità della sua arte.
[Dipinti a olio).
1. Bovi al ritorno 2. Giornata autunnale
3. Tacchini
Dario VITERBO
È nato a Firenze il 25 gennaio 1890. Compiuti nella sua
città natale gli studi classici, a vent'anni entrò nell'Accade-
mia di Belle Arti e in due anni prese il diploma della scuola
di figura. All'Accademia aveva studiato pittura, ma uscito-
ne si die a fare della scultura, che sentiva maggiormente
rispondente al suo temperamento ed espressiva della sua
interiorità. La guerra libica dapprima, eppoi quella euro-
pea, lo costrinsero a stare lontano dall'arte più di sei anni.
Ma non fu tempo del tutto perduto, giacché sempre fu do-
minato dall'amore dell' arte e dal desiderio di ritornarvi.
Ciò che avvenne nel 1919. La Fiorentina Primaverile è la
seconda esposizione che accoglie opere di Viterbo, avendo
egli esposto una prima volta alla Secessione romana del 1914.
Il Viterbo è uno spiritualista. Dispregia nella scultura
gli sfoggi della sapienza anatomica e la «bella forma»,
quando non sia l'espressione di un'emozione. L'arte per lui
è una composizione veramente estetica e arbitraria, ossia la
rivelazione di un'armonia interiore. L'anima è la verità es-
senziale che accomuna gli artisti di tutte le epoche. Ciò che
solo può esprimere la spiritualità dell'artista scultore è se-
condo il Viterbo, il volume, la sua armonia. Tutta l'aspira-
zione dell'arte del Viterbo è di ricercare la forma e l'ar-
monia dei volumi più proprie ad esprimere il suo mondo
interiore.
1, Finale di danza greca (legno)
231
(Marmo)
2. Riposo tragico 3. L'anima fra le dita
[Cera)
A. Sorriso 5. Ritratto di Signora
Dal 6 al 13: Gioielli. Sei disegni in cornice
Eugenio VITI
Eugenio Viti — nato in Napoli, il 28 giugno 1881 — è
concordemente ritenuto, fra i pittori napoletani di non ancor
grige chiome, uno fra i più interessanti.
La sua arte si fa notare per la nobile serietà di intenti
e per la fervida ricerca di originalità che la informa.
Licenziatosi nel '907 dall'Istituto napoletano di Belle Arti.
Viti, dopo qualche anno di prove e di tentativi e dopo avere
organizzato con pochi altri colleRhi una notevolissima Mostra
Nazionale Giovanile, si affermò sicuramente alla Esposizione
Internazionale di Bruxelles, ove un suo dipinto venne acqui-
stato dal Gomitato Centrale.
Da allora ha partecipato alacremente a ogni movimento
di sano rinnovamento artistico. La sua produzione pittorica
più recente, dal gusto simpaticamente decorativo, è stata
molto apprezzata alla Prima Biennale Napolitana.
Infatti a un quadro di Eugenio Viti è stato conferito in
cotesta mostra il primo premio in danaro.
Federico Petriccione
Dipinti a olio.
1. V aurora 3. Zingarella
2. Lontano 4^. Roccia delle Sirene
Geppino volpe
È napoletano, figlio del pittore illustre Vincenzo Volpe,
che gli fu anche maestro. Giovanissimo, essendo nato nel
1903, è una delle più alte promesse della Scuola napoletana.
Tre disegni
232
Vincenzo VOLPE
Vincenzo Volpe, nato in Grottaminarda, prov. di Avellino,
il 14 dicembre 1855, è stato allievo di Domenico Morelli. Ne
occupa oggi il posto all'Istituto di Belle Arti partenopeo,
del quale è presidente e professore di pittura.
Artista accurato e coscienzioso, di una probità e di una
serietà davvero rare, ha una solida fama come pittore « di
genere », per la singolare grazia e spigliatezza delle sue
opere, gaie e piacevoli, di una colorazione sobria e indo-
vinata.
Ama gli accordi di tinte chiare. Nella sua produzione
pittorica è notevolissima l'armonia dei bianchi, raggiunta
con una notevole sapienza e sicurezza di tecnica.
È giustamente molto quotato come ritrattista, per la
bella forza d'espressione che sa dare alle figure e per la
sobria signorilità della sua armoniosa arte di colorista.
Federico Petriccione.
Dipinti a olio
1. Arabo in tono bianco 4. La vecchia
2. Donna con il ventaglio 5. Vescovo
3. La casa bianca 6. Donna in bianco
Finn WANDAHL
E' naia a Copenhagen (Danimarca). Studiò con Anders
Bundgaard. Vive a Settignano presso Firenze. .
1. Statuetta in bronzo.
Adolfo WILDT
Nacque a Milano nel 1868 da una famiglia povera in seno
alla quale trovò esempi di lavoro e di forza di carattere.
La sua vita è tutta nella sua arte, nel progresso di essa,
233 30
nel tormento e nella lotta per conciuistare forme sempre più
pure e più espressive.
Adolfo Vv'ildt è un mistico, anzi, un asceta della statuaria.
Esiste a Milano a poclii passi da c{uella specie d'immenso
acquario di ansietà, di febbri, di piaceri e di travagli che è la
(lalleria, un altro immenso vaso architettonico colmo d'ombra
e di silenzio, oasi di sogno e di meditazione — il Duomo. Nella
(Galleria abita l'anima della moderna città tumultuosa: nel
Duomo aleggia l'anima antica, l'anima mistica, perenne, di
quella Milano alla quale nel Medio-Evo dalle valli dell'Adige
la gente germanica, costruttrice delle cattedrali estollenti
nei cieli nebbiosi l'inno corale dei cento pinnacoli, adduceva
i sogni tristi della fantasia nordica.
L'arte di Wildt è come uno strano fiore nato nella pe-
nombra fuor d'ogni tempo, antica e insie»ne moderna, della
cattedrale milanese. Il suo misticismo piuttosto che alla
concretezza latina della fede cattolica sembra rispondere
alla intransigenza idealistica di quello spirito negatore
strenuo di ogni compromesso con la realtà cor})orea, che
mise capo al Luteranismo.
La scultura del Wildt è contro la forma fine a sé stessa,
contro la forma schiava della materia — per la forma astratta.
L'originalità di questo artista singolarissimo non ha le sue
radici in ricerche esteriori o una raffinata cultura estetica,
ma in una formazione spirituale. Le sue strenue semplifi-
cazioni di piani e di volumi in forme sempre più assolute
ed espressive, la sua ricerca di armonie aventi un riferi-
mento sempre più traslato, sebbene aderentissimo, con la
natura sensibile, non sono atteggiamenti intellettualmente da
lui voluti e ricercati per crearsi ciò che più comunemente si
chiama uno stile, ma rispondono esattemente alle necessità
di uno spirito fondamentalmente idealista e mistico, ane-
lante verso una liberazione dalle apparenze materiali.
Questo tormento del Wildt per conquistare una forma
sempre più spiritualizzata, è lo stesso che lo induce a creare
234
dalla materia del marmo un che di più raro e di più no-
bile, completamente trasfigurato e spiritualizzato, anch'esso,
dalla volontà tenace e affettuosa dell'uomo, dalla sua carezza
assidua che lo leviga, lo affina, lo rende lucido e polito come
un'onice, come un'avorio, tenue e compatto come il tessuto
di un frutto.
AìVArte del marmo Adolfo Y^ildt ha dedicato, infatti, un
piccolo trattato, in cui egli parla di tutti i segreti e i minimi
atti del lavorare quella materia, con la sapienza e l'umiltà
di chi sia profondamente convinto dell'antico adagio: «Per
aspera ad astra».
È da cotesta lotta sempiterna fra l'uomo corporeo e l'uomo
divino, fra l'essenza spirituale e il mezzo materiale dell'arte
che scaturisce l'espressione tormentosa dell'arte Wildtiana.
È l'ascesi della plastica, la quale, pur vivendo delle forme
e nelle forme, vorrebbe liberarsi di esse, fino a divenire
puro spirito.
E il cammino di questo processo estetico-spirituale si
svolge con una coerenza inflessibile. Wildt, partitosi da
semplificazioni decorative di forme, in opere che egli adesso
ripudia, è giunto ad espressioni di un'astrattezza quasi
assoluta, in cui la forma si riduce alla semplicità di un ge-
roglifico, in cui la plastica, nelfestremo affinarsi, quasi si
annienta per divenire non altro che una specie di em-
blematica e di simbologia del trascendente.
Sul percorso di questa ardua parabola s'incontrano opere
di una bellezza saldamente plastica, nelle quali il misticismo
completamente dominato dal senso estetico s'incarna in
forme umane emaciate e scarne^ potentemente espressive,
che fan pensare alla maniera più matura di Cosmé Turi —
un*artista italianissimo, eppure anch'egli nutrito «perii ramii>
di spìriti nordici, con la cui arte tormentata e spasmodica
quella del Wildt presenta qualche analogia stilistica.
Adolfo Wildt è insomma, nel nostro tempo afi'etto di ma-
terialismo estetico, uno dei pochissimi eletti artisti che
235
abbiano inteso la scultura, oltre che nelle sue possibilità
decorative ed edonistiche, come un linguaggio capace al
pari della grande musica e della vera poesia, di esprimere il
nostro mondo interiore.
Mario Tinti.
/. // prigione 4, L'Idiota
2. Un rosario MCMXV 5. Cave canem
3. Uomo antico 6. Maria
Dieci disegni su pergamena.
Teodoro WOLFF-FEREARI
Ha passato di poco la quarantina ; figlio di un pittore
tedesco venezianizzato e di madre veneziana; iratello di
Ermanno Wolf -Ferrari musicista e di altri due virtuosi della
musica; nato a Venezia, studiò pittura, a lungo, in Germania;
senti da giovane l'influenza romantica di Boecklin ; si buttò
poi dietro ai secessionisti prussiani e più tardi a quelli ba-
varesi; quando tornò in Italia, a Venezia si ricordava ancora
di tutto questo e non nascondeva neppure una infarinatura
secessionistica viennese. Ma il contatto con la natura italiana,
la consuetudine veneziana di vita e l'aspirazione a uscire con
tutta sincerità dalla parentesi di imitazioni in cui si era
ficcato, l'hanno redento. E' lavoratore facile; pittore fresco
e piacevole di paesaggi pieni d'aria, di luci e di festosi toni
verdi; decoratore abilissimo e ricco di risorse. Capitanò un
gruppo di giovani artisti, con i quali fece le mostre collettive
dell' «Aratro» alla Cà Pesaro di Venezia e alla prima «Se-
cessione Romana »; ha esposto abbondanti collezioni d'opere
sue in Italia e all'estero, segnatamente in Germania; a Cà
Pesaro fu ripetutamente uno dei commissari più attivi. Oltre
che paesaggi dal vero, dipinge paesaggi schiettamente deco-
rativi e «nature morte».
G. D.
236
Dipinto a olio
1. Verso il Mantello 3, Verso il Pasabio
2. Mattina a S. Zenone del 4-. Il Monte Tomba
Grappa 5. // Monte Grappa
Ferrante ZAMBINI
E' nato a Reggio Emilia nel 1878. Studiò col prof. Ciro
Zironi, nella Scuola di disegno per gli operai, dove la strut-
tura dell'insieme e il senso decorativo della figura eran te-
nuti in gran conto. Ottenuta una pensione di studio dal Co-
mune della sua città venne a stabilirsi a Firenze. «Da allora
— scrive egli di sé stesso — in cospetto dei poemi della
bellezza e del genio decorativo dell'arte toscana^ rinvenni
la mia vera vocazione. Frequentando con assiduità la Scuola
libera del Nudo, mi dedicai ai motivi di genere religioso e
biblico. A mia insaputa alcuni miei lavori furono accolti in
gallerie di Germania e di Parigi : soltanto qualche anno
dopo con mia grande sorpresa fui informato del fatto. Fu
allora (1918) che a cotesto proposito il pittore Giovanni Co-
stelli scrisse un articolo sulla rivista « Fiorentìa Nova »
illustrando la mia arte.
1. L'Asceta (terracotta)
Angelo ZAMBONI
Nato a Verona nel difficile periodo che si potrebbe chia-
mare, pei tentativi svoltisi, di transizione e di trasforma-
zione tra la porta chiusa dell'ultimo ottocento pittorico e la
presente rinascita, verso non antiche forme anacronistiche
dei tempi, ma verso qualche cosa che si può definire un
nuovo amore verso gli uomini e le cose loro. Angelo Zam-
boni, attraverso una prima semplicità idillica di paesaggio
de' suoi primi lavori esposti nel '14 a Eoma e a Milano,
dove viva preoccupazione era la ricerca d'una intonazione
237
sua particolare e 'li quella cara aria che è la prerogativa
del cielo Veronese cosi schietto anche ne' suoi grandi e in
parte dimenticati pittori del quattrocento; attraverso un
altro periodo pseudo-luturista che se ha rappresentato una
battaglia era anche un ingorgo una crisi della sua cosci-mza
di artista, (vedi esposizioni di Torino e di Ga' Pesaro di Ve-
rona) ora, ritornato ai cari colli selvatici e aperti che aprono
da Verona verso la piana, raggiunge un convinto e riposato
equilibrio tra il colore e la forma, che innamora delle de-
scritte cose. . .
Quella sua asciutta personalità di pittore lo individua e
lo distingue tra gli altri ])ieno di quella felice fede che lo
riconduce oggi dove infine aveva, con tanta soddisfazione
per noi incominciato.
Artista robusto anche ne! ritratto (ne espose alcuni nel-
l'ultima Biennale Veneziana, 192;»), in cui si è rivelato sa-
piente disegnatore e costruttore della maschera umana, può,
senza dubbio — ventiseienne — considerarsi uno tra i mi-
gliori ed i più rappresentativi di queslo ultimo interessante
e curioso decennio.
Ugo Zampieri.
Dipinti a olio
1. Paese d'inverno 2. Mattino di primavera
3. Controluce
Giuseppe ZANCOLLI
Giuseppe Zancolli ha trtntaqnattro anni ed è nato a
Verona. Artista squisitamente veneto, ha espresso attraverso
alla sua arte, con noie di una sana e sagace giocondità, la
chiassosa bonarietà dei nostri popolani. Egli esponeva nella
sua città, ancora quattordicenne e tuttora allievo di quella
Accademia di Belle Arti. Ha continuato di poi, umile e infa-
ticato, a camminare nell'arte, non di rado conciliandola, per
necessità, con il lavoro. Più tardi esponeva ancora a Verona
238
ed a Genova. Dal 1912 la Biennale Internazionale di Venezia
à ininterrottamente accolto le opere dello Zancolli, il pittore
de La Triade e de La Modella, soavemente intima e pic-
cante, della caustica Signora Maldicenza, della gioviale dolce
e fanciuUona Bonis e nella «Bohème». Dotato di quella
particolare sensibilità satirica, di quello spirito mordace
senza acidità che si direbbe avesse assunto per propria
impresa il motto liidere non laedere, figurò nel dopo guerra
a Venezia, con Le Zitelle, robusta composidone animata di
un sottilissimo spirito, ma la sua anima irrefrenabilmente
motteggiatrice, talora lievemente pervasa da un' ombra di
commossa sentimentalità, fa dello Zancolli un particolaris-
simo ed assai delicato sceneggiatore del Settecento. Trine,
parrucche nei giardini, tro\ano, in una infinità dei suoi
acquerelli intimità armoniche, malinconiche e trasparenti. E
pare quasi strano che dalla stessa anima esplodano quei
guizzi di ciarliero e bonario umorismo che dello Zancolli
fanno l'autore vivacissimo il Papà del gnocco, la tela che ha
recentemente vinto il premio Veronese, per un quadro sto-
rico, irrequieta e chiassosa espressione della più caratteri-
stica festa Veronese dei carnevali del secolo XVIII.
M. V. De Luca.
(Dipinti a olio)
1. Baute 3. Ines
2. Piccole mammine 4. Giorni tristi di Pierrot
5. Estate
Giovanni ZANNACCHINI
Anche questo è un autodidatta ed un innamorato del-
l'arte.
Dedicatosi quasi completamente al disegno (è raro che
egli abbandoni l' incisione per la pittura) è riuscito, attra-
verso una carriera che non ha conosciuto soste, a farsi
239
rapidamente un nome fra i cultori più esperti e più appas-
sionati dell'aristocratico « bianco e nero ».
Le sue xilografle — come del resto le litografìe e le ac-
queforti — rivelano, nel tratto singolarmente espressivo, un
fervido ingegno e appaiono come la sicura manifestazion e
di un temperamento di primissimo ordine che non ha dato
però, ancora l'esatta misura del suo valore. Attualmente,
Zannacchini lavora attorno ad una serie di interessan
acqueforti che illustrano Livorno vecchia.
Appartiene al « gruppo labronico ».
GumO VlVARELLI
(Acqueforti)
1. Vìa Buontalenti 3. Sai Giovanni Nepomoceno
2. Scali del Pesce 4. Interno
5. // leccio al Savolano
(Litografie)
6. // Mandraccio 7. Al Caffè
(Xilografìe)
8. Serenità 9. Bagnanti
10. Lungo mare
Vittorio ZECCHIN
E' nato a Murano ; ha poco^più di quarant'anni. A ve-
derlo con la sua zazzera folta, con il suo barbone biondo
sembra un fauno tedesco impazzato. E' invece timido, inge-
nuo come una fanciulla. Ha una sensibilità quasi modesta
di artista multiforme: vetraio, pittore, tessitore, decoratore,
è cresciuto di fama lentamente per la tenace fiducia dei
pochi amici che lo incoraggiarono. Cominciò a mandare a
Ca' Pesaro, a Venezia, certi quadrettini simbolici di Vergini
esangui e di Cristi e di Madonne ossute e allampanate che
suscitarono l'ilarità della gente. Aveva vista quella roba nel
240
Suo Vivarini, ma l'aveva dipinta con i colori con i quali si
facevano, nelle vetrerie, le miscele per le murrine, gli smalti
pei mosaici. In quei lontani quadrettini è l'embiione della
sua successiva produzione. Quando dipinse tele immense,
con fantasie^ di principesse assire, schiave etiopi, guerrieri
neri^ su fondi d'oro, tra rivoli di argento e costellazioni di
pietre preziose, chi non sapeva che Klimt era andato a im-
parare a Murano molte cose, lo accusò di imitare Klimt.
Egli distendeva, invece, sulle sue tele in tondini, qua-
drati, triangoli, in occhieggiamenti le superfici pavone-
sche delle, murrine, disponendole entro figurazioni fanta-
stiche e piatte che richiamavano alla memoria i cartoni per
invetriate. Ma la pittura lo stancava; e i colori, e gli ori e gli
argenti, che pur costavano molto non scintillavano come il
vetro. Allora un poco l'abbandonò. Si dette a dipinger vetri;
poi immaginò quei suoi arazzi trapunti a lana, con colori
vivi e a grandi chiazze, che egli improvvisava indicando le
m atasse alle operaie e disegnando, sulle canovacce, con le ma-
ni delle sue operaie fedeli. Poi ideò mobili, che per comple-
tare l'arredamento di stanze suggestive, si intonassero con i
suoi vetri e le sue pitture e i suoi arazzi; oggi dà anima, in
Mu rano, a una vetreria e a una bottega d'arte decorativa varia
e incantevole, donde il suo nome si fa strada nel mondo.
Ma a chi ritiene di scoprirlo con visite frettolose, parla dei
suoi amici che gli credettero e lo incoraggiarono quando a
Ca' Pesaro espose le Vergini e i Cristi e le Madonne di cui
la gente rideva!
Gino Damerini
1. Lavoro d'arte
Oreste ZUCCOLI
di Firenze.
1, Paese {Vernice mollej
241
Edita Waltekowna ZUR-MUEHLEN
{Gruppo « Valori Plastici »)
E' nata nelle province baltiche della Russia, nel... non
insistiamo: è una signora e la furia bolscevica ha disperso
i registri dello Stato Civile. Vinte le inevitabili malevolenze
della famiglia, la signora Zur-Muehlen, all'età di ventun'anno,
potè finalmente darsi allo studio della pittura e, per seguire
la non meno inevitabile corrente migratoria degli artisti
di oggi, si rerò a Parigi. Nella capitale di Francia, ella non
frequentò accademie o scuole di sorta, ma fu paga dell'inti-
mità che trovò nellaugusto deposito dell'arte universale:
il Louvre. Quindi, la signora Wallarowna, desiderosa forse
di climi più metafisici, si condusse nella patria di Kant,
dove per alcun tempo fu assidua allieva di quell'Accademia.
Ma, si sa, la critica della ragion[pura non è tale da soddi-
sfare pienamente uno spirito che sospira alla completezza
plastica, però la nostra pittrice, dalla lontana Kònigsberg,
trasvolò, come una rondine in autunno, a Roma, dov'essa
vive tuttavia^e lavora. Nel primo periodo italiano, cotesta
giovine artista bàltica, si senti come abbacinata dalla dorata
sontuosità dell'ambiente, onde le opere di quel periodo
appaiono come i frutti di uno slato di ebrietà quasi son-
nambulica. La tragica fase della guerra la tenne in un greve
sopore, dal quale risorta. assieme al rifiorire della pace, la
signora Zur-Muehlen, con forze rinnovate ritornò alla pit-
tura, e, .nulla perdendo del suo forte istinto e delle sue
violenti qualità native, seppe indirizzarsi per una via di
consolidamento della forma e degli aspetti. Frutto di que-
sto trapasso e di questo lavoro tenacissimo, sono le opere
qui esposte, nelle quali sono da rilevare le notevolissime
qualità di stile, un tal sentimento castissimo e dolce della
natura e un amore umile o assieme fiero ai gesti, ai movi-
menti, alle attitudini degli uomini, degli animali. delFi terra
e del cielo. L' es^ mpio della signora Edita Walterowna
242
Zur-Muehlen ci dà sicuri affidamenti che l'arte plastica,
trattata dalle donne,iSÌ avvia verso sicuri destini. Maschi,
inchinatevi !
Alberto Savinio
(Lipinli a olio)
1. Ascensione {1913J 4. Tramontana (i920)
2. Prospettiva spaziale (1913) 5. Costa Sole (1920)
3. U origine della cupola 6. Montagne (1920)
{1913) 7. Montagne (1920)
(Disegni. 1920)
Lo spazzino comunale^ Il suo paese nativo, Il soli-
tario, Dolce frutto. Ricchezza meridionale.
NOTA
Nomi fuori dell' Indice Alfabetico
Opere di DOMENICO BURATTI Noie Canavese (Torino).
1. Il babbo stipettaio 3. Un monte
2. Studio del quadro « // fi- A. Paesaggio d'Alpe
glìo morto » 5. Veli di calura
6. Il salcio
243
SILVESTRO LEGA
.La Ciociara
OTTAVIO STEr^FENlNI
òogni
WP^"-'
LIBERO ANDREOTTI
Signora con veniai^lio
ANGIOLO TOMMASI
Vecchi cenci
EMILIO GOLA
ARRIGO MINEREI
// Martire
CORNELIO PALMERINI
"Più lontano..
(Scultura in legno)
CARLO CORSI
A tavola
UMBERTO PRENCIPE
Tristezza Maremmana
ELISABETTA GHAPLIN
Le Sorelle
FIORENTINO GIANNETTI
Super naium naturalis amor
ALFREDO PROTTI
La prima posa
GARZIA FIORESI
// soldato
ANTONIO MANCINI
.// Modello
PRIMO CONTI
Gii. colteti.
LIBERO ANDREOTTI
"// Pettine spagnolo „
EDMONDO GORDIGIAN!
Chiesetta in Monlai^n^
CARLO SIVIERO
Figura
(giallo e rosa)
BACCIO MARIA BAGCl
U Uragano
i%^^'%^
'.^.^ » cij/i^ iu — ,^ .
GAETANO BOCCHETTI
Vuomo della questua
FELICE TOSALLI
// nunzio di Maratona
Ai_n.obA
ì.-iur\\y r^jfiL
San Marco
• ' ' •"•
. " \i
ÌM
KF ■•"Ifc- ■
T ~#fs
ì^i
^-.e*»^-'
,1''^ -
f
' ' - ì^' ■'
1 i"
#
i %^^
V^»u
i^
'"' /
R^^-aH
1
• /
ALFREDO PROTTI
Allo specchio
ANTONIO D; SCOVOLO
Ritratto della Sig. Argia Sarti
VINCENZO IROLLI
Dopo il bagno
GIOVANNI ROMAGNOLI
Bimbo convalescente
GUGLIELMO PlZZIRANl
Ritratto del piccolo Notilo
CAFIERO FlLIPPELLl
Babbo ritarda!
EMMA BONAZZl
Giovinezza
BRUNO BURATTINI
Lo specchio
f.f^.
^y^
MAR[0 REVIQLIONE
Pastorale
DOMENICO CANDÌ A
L'uomo dal fiasco
w'v't^^l
IPV
0^ ^K
vf
^H
^KBwlKS^^J^^^^K
^1
^^Hii^^'^-'''
^f
^1
^^^V^^^^^HÉ^^^
bH
GAETANO SPINELLI
Sul prato
tww
FERRUCCIO PIZZANSLLl
Vecchia Toscana
ilJiilWlillili ili IJiililllil
,,lj||piniiF"ir iiiiiwwwiyiiiijAiiii iiiiiap iiipiiliiffilP
<t^-^
f
r:
VITTORIO ZEGCHlNr
Vaso "Salomè,,
GUIDO FERRONl
''Vita umile,,
(Pannello centrale del trittice:
CARLO ALBERTO PETFUCCI
aUrciio deli'avv. D'Angelantonìo
NICOLA CILETTI
"/ padroni.
É
NT
e
^
mS^,:-^
■M
u
>
5i*|it'i. 3B
M
5- .
PIO SEMEGHINl
P£€V2 di Cadore
GIANNINO LAMBERTINI
Putto per lampada
GIOVANNI COSTETTI
// Pizzicagnolo preoccupato
DARIO VITERBO
L'anima fra le dita
e; JIEPPE DE SANCTIS
Il garofano rosso
NICOLAS DE CORSI
Amalfi
e .5
•5^
5 5
^B^^fl
■
ì^m ^^
^^^1
r-^.
^H
F
^X-"*
^^^^^H
i
"■"T
i^-^^^^^^H
V
^^^^K'''
M
i^^^^^H
^^^^^^^^^^^^^^Bl^^
i.-%:Ji
mm
AGOSTINO BOSIA
Ritratto di Leona-dc BtstoUi
ALFREDO MULLER
La fuga
RUGGERO FOCARDI
Dopo la pioggia
RENATO TOMASSl
Adamo ed Eva
ARTURO CHECCHI
Giovinetto
NICOLA D'ANTINO
Fanciulla al Mare
CARLO CAINELLI
Ritratto di un nordico
ALFREDO BIAGINI
Leda
EVARISTO BONCINELLI
L'Idiota
EMILIO GOLA
// vecchio
ANTONSLLO MORONl
;/ Mantello rosro
y^ .^CV'^sé^;
Kt«
r*.
'-1
ARRIGO MINEREI
La vittoria
GIORGIO DE CHIRICO
Ritratto del pittore colla madre
GIORGIO MORANDI
Natura morta
ARTURO ;.:ARTINI
Testa di Giovane
EDITA WALTEROWNA ZUR - MUEHLEN
Tramontana
RICCARDO FRANCALANGlA
Lo specchio
ARMANDO SPADINI
Ritratto
UGO GIANNATTASIO
// bricco
ARTURO DAZZI
Monumento al Ferroviere
ARTURO DAZZl
Monumento al Ferroviere
(dettaplio)
GIUSEPPE AMISANI
Fanciulla
NOTIZIE UTILE
AL VISITATORE
della ''Fiorentina Primaverile,,
Nei locali dell'Esposizione
e nel Parco annesso, servizio di
RISTORATORE
BUFFET
BAR
SALA DA THÈ
SALA DI SCRITTURA E DI LETTURA
UFFICIO POSTALE
TELEFONO
CARTOLINE-RICORDO
Vendita di Fotografie delle opere esposte
Per acquisti rivolgersi alla Segreteria
I trams che dal centro condu-
cono al Palazzo della "Prima-
verile,, portano i numeri
1 - 2 - 3 19
Durante il periodo dell' Espo-
sizione nel Parco di S. Gallo
saranno tenute
Conferenze
Feste serali
Concerti corali e strufnentali
Alla Stazione Centrale funziona
per conto della Mostra un Uffi-
cio di alloggi e di informazioni.
BERNARDO MANCO -Firenze
Fabbricante di Guanti
Via Tosinghi, 2 {presso Via Calzaioli)
GUANTI
MANCD
Glovemaker for a
quarter of century
Gantier
Handschuhinacher
<c
ff
La prima Macchina del Mondo
Preventivi, Cataloghi, Referenze :
A. & G. Fratelli Breselii
Concessionari Esclusivi
per la Toscana
FIRENZE
Piazza Vittorio, 6 - Telef. 18-10
"ALFREDO", il Restaurant
più rinomato della Città, e. anche il più fjrossimo al
Palazzo deir Esposizione " Fiorentina Primaverile "
LOCALE MODERNO SALETTE DA PRANZO
SQULSITA CUCINA VINI DEL CHIANTI
FIRENZE
Piazza Cavour (Anqolo Viale Regina Vittoria Ij
Telefono '20-82
Hotel Royal Grande Bretdfjne S: Arno
FIRENZE - Lun(iarno Acciaioli
Grande Hotel S: Vallomhrosa
SALTISO - [Vallomhrosa)
lOOO sul mare
Vittorio Chiostri propr.
Farmacia Armando Codecà
fSuccessoTC a B. FrancesconiJ
Telef. 2-99 F I R E N Z K Via Ginori, 32
APERTA ANCHE LA NOTTE
NOX HA SUCCURSALI
Giorgio & Piero Ali nari - Editori
Via Strozzi, 1 - FIRENZE
FOTDGRAFIE ARTISTICHE - EDIZIONI D'ARTE
Di prossima pubblicazione:
" FIRENZE „
Acquaforti originali
di
Antonio Carbonati
con prefazione di
Vittorio Pica
Albo originale, su car-
ta giapponese, in 100 e-
semplari numerati e fir-
mati, racchiuso in ele-
gante cartella di cuoio.
Le incisioni saranno e-
sposte alla XIII Esposi-
zione d'Arte di Venezia
(Aprile 1922).
PALAZZO VECCHIO
(cm. 16 X 32)
1/ . • - .
i
!
P^^^^^I^^^^HHHiH^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^I
■■1
LUIGI BELLINI
ANTICHITÀ
FIRENZE - Lungarno Soderini, 3 ■ Tele/. 311Ò
T/"\
U
Hotel
Ristoratore
Pasticceria
FIRENZE
G. PALLOTTI
ANTICHITÀ
3-5, Via Rondinelli
FIRENZE
T. DE-MARINIS
F I R E N Z E - 5, Piazza Strozzi
MANOSCRITTI MINIATI
LIBRI ANTICHI
RILEGATURE ARTISTICHE
GALLERIA D'ARTE
Palazzo Strozzi
FIRENZE
Arte pura e decorativa
antica e moderna
Marmi - Bronzi - Molliti
Stoffe - Quadri etc.
Giugni Ubaldo
ARTE ANTICA E MODERNA
Firenze 5-7, via dei banchi
Telefono 88-55 30, via DEL MORO
DITTA GIOVANNI BEKARDI - FIRENZE
MOBILI D' ARTE
stabilimento: VIA PORTE SUOVE
Negozio Esposizione: VIA DE' BANCHI
Direzione e Amministrazione: VIA DELLE CARRA, 11
ALFREDO GITE RN ESI
5 ■ Étoffes et Denl
^g^^^^^^^^g^»vC»5if»ta>5a^^-Qjjl^
Primaria Casa di Vendite
propr: Cay. Attilio Mateeazzi
FIRENZE - Via MorielU, 6 ■ Via Ricasoli, 5
Telef. 12-78
ESPOSIZIONE E VENDITA PERMANENTE
d'Arte Antica e Moderna
QUADRI - BRONZI - SCULTURE - STOFFE
Trine antiche - Argenterie, etc.
VENDITE ALL'ASTA PEii CONTO DI TERZI
Leopoldo Settbpassi
Gioielliere
Specialità
IN Perle
FIRENZE - Ponte Vecchio
Ditta GIUSEPPE GIANNINI
Via Tornabuoni,l3 ■ FIRENZE - Succurl Piazza Pitti
ASSORTIMENTO
PEB PITTURA E DISEGNO
CARTOLERIA ARTISTICA
LAVORI IN FÉ LUE E PERGAMENA
IN STILE FIORENTINO
G. S. Tedeschi
Via Bufalini, 13 - Telef. 2-83
Firenze
Antichità - Oggetti d'Arte
Pitture - Mobili, ecc.
C. LEON AIOLI- Firenze
Gioie - Orologi - Oreficerie
OGGETTI PER REGALI
AI MIGLIORI PREZZI
GIUSEPPE SALV ADORI
A N T r 0 H IT À
Via dei Fossi, 9 FIRENZE
DOXEY & NTPOTF FIRENZE
Casa fondala nel 188^2
Con F^]TTUREEIA - PASTICCERIA
RISTORATORE
FRATELLI MORANDI
FIRESZE - Via de Pescioni • (Loggia Teatina)
Stabilimento: Viale in Curva, 11
ARREDAMENTI COMPLETI
SpeciaUlàin MOBILI CURVATI
COMPENSA TI {brevetto MORANDI)
A. OLIVOTTI & C.
OGGETTI D'ARTE
FIRENZE
14, Via Tornabuoni — 3, Piazza degli Ottaviani
NEW- YORK VENEZIA
867, Madison Ave Canal Grande
AP^GELO PEYRON
FIRENZE - ROMA - LIVORNO
LaDificio Val BiscDzio - Mercatale di Vernio
SPECIALITÀ:
Tappeti "MERCATAL,,
tipo Smirne annodati a mano
ULDERIGO MARTELLI
Via Vecchietti, 3
FIRENZE
Cod. A. B. C. Telef. 13-M
Trasporti Internazionali Marittimi e Terrestri — Imballaggi Assi-
curazioni etc. — Servizio speciale per spedizioni di Oggetti d'Arte
ed Antichità per la Francia, Inglnlterra e Stati Uniti d'America.
General Forwarding and Commission Agent — Packing Storage
and Insurance Effected — Special seruice for Fine Arts, Antique
Goods and ali class of merchandise for Frane , England and
United States of America.
Transports Internationaux — Emballages Assurances etc. — Service
special pour expéditions d' Objets de Beaux Arts et Antiqnité pour
la France, V Angleterre et Etats Units d'Amérique.
TOURIST DEPARTMENT
Passenger ticket for United States, Mexico, Cuba and
South American ports issued.
Merletti e Ricami
Touaglie - Coperte -
Tende
Stores et'%
F. NAVONE
FIRENZE
Via \M g n a N ii o ^'
a, 2
PALAZZO PROPIUO
di fronte alla Via Stroz:
:/
Broccati - Stoffe - Trine
antiche
Ldce — Embroideries
anliques S: modernes
Old Brocade
RICHARD-GIN OKI
tei
Casa Fondata nel 1735
P 0 R C E L L A N ?: CAPO DI MONTE
MAIOLICHE A R T I S TI C H E
xMUSEI E SALE D'ESPOSIZIONE
a DOCCIA fPirenzeì
SOCIETÀ AN. EDITRICE " LA VOCE ,,
FIRENZI-: - Via de' Servi, 51 - FIRENZE
ARMANDO SPADINI — Album con sedici riprodu-
zioni di quadri e disegni. Prefazione di Ugo Ojetti
L. 20 —
"MAESTRI M 0 1) E R NI,,
Collezione di albnniH con sole illustrazioni senza testo. Ogni
album contiene la riproduzione accuratissima delie opere migliori
di un artista moderno. Sono stati pubblicati :
1. CÉZANNE, Sedici opere. L. 5.
2. ROUSSEAU, Dodici opere. L. 3.
3. PICASSO, Dodici opere. L. 3.
4 DECiAS, Sedici opere. L. 5.
COLORIFICIO
RÒMER
Via Mannelli, 111 FIRENZE Telefono 16-12
Colori a Olio in Tubetti
FINISSIMI
preparati solamente con Olio di Noce
MACINAZIONE PERFETTA
In vendita presso :
COLORIFICIO RÒMER - Via Mannelli. Ut - FIRENZE
MANIFATTURA DI SIGNA - Via Vecchietti k - FIRENZE
SOCIETÀ PEGNA - Via dello Studio - FIRENZE
MANIFATTURA DI SIGNA - Via del Babuino - ROMA
COLORI - SMALTI - VERNICI
per le Industrie ceramiche:
per Vetrate artistiche:
per Smaltatori su metalli:
per Fotoceramica.
Venendo a FIRENZE scendete al
PAIACE HOTEL
GRANDIOSO ALBERGO DI LUSSO
TRA I PIÙ- BELLI 1)' ITALIA
CASA GIÀ COSA
9-11, Via rornabiioni - FIRENZE
Tea Room
BONBONS and CHOCO LATE
Hi. Gustavo Volterra
ANTICHITÀ
12, Via Tornabuoni
FIRENZE
7, Ponte Vecchio
ADOLFO LAPIN!
(DITTA)
Casella 127 - FIRENZE - Via del Giglio, 9
Emporio Bandistico
Musica - Strumenti d^ogni genere
Uniformi - Accessori - JAZZ BAND
Leopoldo Rosati
(DITTA)
Casella 77 - FIRENZE - Via di Rifredi, 3-'
PREMIATA FABBRICA DI STRUMENTI
PIATTI — TAMTAMS — CAMPA NU
TUBOLARI E A TAM-TAM8 UTC
Lungarno FIRENZE Lungarno
HOTEL FIRENZE - WASHINGTON
& BRISTOL
Casa di L Ordine - Ottima Posizione
e. GOBBO Propr
SOCIETÀ ITALIANA
Pirelli
Capitale L. 120.000.000
IMPERMIABILI
CAMERE L'ARIA PER FOOT BALL
GOMME LA CANCELLARE
PNEUMATICI
TACCHI LI GOMMA MARCA STELLA
CINGHIE GOMMA E TELA
ARTICOLI TECNICI LI GOMMA
ARTICOLI SANITARI LI GOMMA
GOMME PIENE PER AUTOCARRI
FILI E CAVI ELETTRICI ISOLATI
Filiale di FIRENZE - Via Cavour, 21
Telef. 36-29
VETri50FFìaTiMVRANE5I \/ SEDE IN MVRAMO *--*
CAPPELUM. VEMIMI E C y\ FOhDA^f pTa VETrAI.N.A7
Fornace in Murano
Fondamenta Vetrai hi
Ogni tipo di vaso d'ornamento
Servizio da tavola sa commissione
Lampadarii
Negozio di vendita in
Venezia - Piazzetta dei Leoncini
Milano - Monte Napoleone, 25
Alberto d^^mmì già Kerchielli
Lungarno Acciaioli
FIRENZE
: : Posizione centrale : : Prezzi speciali per
in pieno mezzogiorno famiglie r pei- lungo
con ogni conforto ma- soggiormj . :
derno : : : : : Aperto tutto V anno
Omnibus alla Stazione
(lARAGE ANNESSO ALL'ALBERGO
CEVENINI-BONETT! prop.
CARTOLERIA PISTOJ
FABBRICA DI REGISTRI
E FORNITURE COMPLETE
PER AMMINISTRAZIONI
LAVORI TIPO-LITOGRAFICI
FIRENZE VIA DELLA CONDOTTA - TELKF. :ì3-(>',
I MIGLIORI LIQUORI E SIROPPI
SODO quelli fabbricati con gli 1 stralti
dolla Premiata Ditta CKSARE PARISSI
PIAZZA DELLA SlfiNORIA. 5 - FIRENZE - TELEF S-43
Casa fondata nel 1874, premiata con c>-J Medaglia 'l'oro, 26 Croci al m^n-ito.
Coppe d'oro, Gran Frix e diplomi d'onore alle varie Esposizioni Estere e
Nazionali. 2 medaglie d'argento all'Esposizione Mondiale di Saint-Louis 1904
Me'laglia d'oro all'Esposizione Mondiale di Milano
2 Medaglie d'oro alle Esposizioni internazionali di Firenze e Tari-
no, 1911 3 Medeqlie d'oro del Ministero di Agricoltnrti, Indnslria e
Commercio.
GLI ESTRATTI PARISSI SONO DI FAMA MONDIALE
[ERA
INTERNAZIO-
NALE DEL
LIBRO
.S0//0 VAlto Patronato di S. M. il Re d'Italia
FIEENZE-1922
ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE
DI LIBRI ANT[CHI E MODERNI
TLLVSTRATORI E DECORATORI
DEL LIBRO - MOSTRE SPECIALI
FOTOGRAFICHE - STORIA DELLA
LEGATVRA - CARTELLONISTI : :
CVLTVRA POPOLARE -ARTI GRA-
FICHE - ALTRE MOSTRE E CON-
VEGNI DI ARTE E DI CVLTVRA
VIA CAVOUR. 20 FIRENZE
UN PRODOTTO CHE FA
ONORE ALL'ITALIA e
OHE TRIONFERÀ' SULLE MIPtLIORT
MARCHE ESTERE
LA MATITA
FILA „
Produzione giornaliera 100.000 lapis
neri, copiativi e colorati.
Fabbrica Italiana Lapis e Affini
Società Anonima con Sede a FIRENZE (Varlungo)
Capitale Sociale L. 2.000.000.
CREDITO ITALIANO
CAPITALE VERSATO L. 300.000.000 RISERVE L. 90.000.000
SEDE di FIRENZE
Tutte le operazioni di Banca
Locazione Cassette di Sicurezza
Servizio Forestieri
TELEFONI - 6-44: 9-34: 11-83: 23-27: 45-99: 46-10:
Borsa 7-85: Cambi 40-23
MATCHIESS
Telaio elastico
Ruote smontabili
ALBERTI
ila -Pucci, fi
FIRENZE
Agenzia di Viaggi
Spedizioni e Turismo
F. HENRY HUMBERT
Bi()Iietti ferroviari ordinari, a riduzione, cir-
colari e di abbonamento - Agenzia Marittima
per TUTTE le Linee di Navigazione - Servizio
speciale di imballaggi e spedizioni per tutti i
Paesi, di oggetti d'arte, Antichità, Pitture, eie.
Traslochi anche con furgoni di proprietà del-
la Ditta - Vasti magazzini di deposito per mo-
bilia, merci e valori - Assicurazioni bagagli.
Sede Sociale: FIRENZE - Via Vecchietti. 5 - Tele-
foni fi '4-79 e 6-99 - Agenzia Ferrovie N\ 1 - Via
Roma - Telefono 6-^8 - Magazzini di Deposito -
Via Jacopo Da Diacceto, 10 (stabile proprio).
Filiali : GENOVA - LIVORNO - NAPOLI • LUCCA - PRATO -
CARPI - SIGNA.
(7. C. postale
Anno I. N. i
BOLLETTINO
DI
VALORI PLASTICI
ROMA (h-9)
10. VIA CIRO MENOTTI
VALORI PLASTICI
RASSEGNA BIMESTRALE D'ARTE
DlRETTxV DA MARIO BROGLIO
VALORI PLASTICI esce ogni due mesi in fascicoli
di 32-U8 pagine in grande formato stampate su carta
a mano con copertina a due colori. Ogni numero con-
tiene vari saggi di estetica intorno ai jroblemi più
vitali che agitano l'attività artistica contemporanea,
corroborati da una serie di scritti critici relativi ai
fatti, alle opere e agli artisti di maggior rilievo.. Ma
specialmente preziosa ed utile è questa rassegna per
la sua ricca documentazione grafica consistente in
grandi riprodu7Àoni in fototipia delle opere dei w.ag-
glori artisti italiani e stranieri. Esponente delle più
profonde aspirazioni artistiche del nostro tempo e rac-
colta degli artisti e scrittori più rappresentativi, Va-
lori Plastici è infine, fra tutte le riviste d'arte in Eu-
ropa; la sola che risponda alla necessità di un'idea,
la sola che propugni con una chiara coscienza della
sua funzione la ricostruzione artistica del nostro
tempo. È quindi indispensabile a tutti gli artisti, agli
studiosi e cultori d'arte, mentre è anche per i biblio-
fUi un documento degno di figurare fra le migliori
pubblicazioni del genere.
l'n ninnerò lAre 6
Un anno Uve 25
INVIARE VAGLIA ALL'AMMINISTRAZIONE
DI " VALORI PLASTICI ,,
ROMA - VIA CIRO MESOTTJ, io - ROMA (^.9)
E USCITO
IL JV.« 5 ANiVO ///. DI
VALORI PLASTICI
SOMMARIO:
TESTO:
ALBERTO SAVINIO: Primi saggi di filosofia delle arti
MAURICE RAYNAL: Il Purismo e la Logica.
CARLO CARRA: Il Purismo: risposta a Ragnal
OPINIONI E FATTI:
GIORGIO DE CHIRICO: La mania del Seicento.
CARLO CARRA: André Derain.
MAURICE RAYNAL: Ossip Zadkine.
CARLO CARRA: Ancora della monumentomania italiana
RIPRODUZIONI :
ARTURO MARTINI: La pulzella d'Orleans (profilo).
» » » » » (di fronte).
» » » » » (prof, destro),
» » Fecondità,
» » Il pastore.
» » Donna con colomba.
» » Testa di giovane {di fronte).
» » » » (profilo).
OSSIP ZADKINE: Il bacio.
» » Madre e figlio.
» » Venere.
» » Testa di Budda.
GIORGIO MORANDL Disegno in copertina.
^ l Un numero L. 5,00
PREZZI:
I Un anno L. 25,00
INDIRIZZARE VAGLIA ALL'AMMINISTRAZIONE
DI " VALORI PLASTICI,,
ROMA - W, Via Ciro Menotti - ROMA (W)
COLLEZIONE
u
Con questa collezione, divisa in serie di 10 volumi ciascuna,
ci proponiamo di presentare ai nostri lettori un qiiadro esseri-
ziale dell'arte contemporanea attraverso l'opera di tutti gli
artisti italiani e stranieri la cui importanza è lecito conside-
rare fondamentale al di fuori di ogni pregiudizio estetico o di
scuola.
Riprendiamo in esame, su rinnovate basi estetiche e cri-
tiche, artisti già consacrati dalla fama: ma la nostra atten-
zione si rivolge principalmente ad identificare ed a valoriz-
zare l'opera di quelli che, ancora ignoti, offrono nondimeno
un contributo indispensabile alla conoscenza integrale delle
reali attività e tendenze artistiche dei giorni nostri.
Ogni volume presenta uno o più artisti sull'opera dei quali
diamo un largo ed esauriente saggio critico a cura dei migliori
scrittori scelti fra i nostri collaboratori, e non inferiore alle
24 pagine di testo.
Ma la caratteristica ed il pregio di questa collezione, sui
quali richiamiamo l'intelligente attenzione dei nostri lettori,
vogliono concentrarsi sulla sua documentazione grafica; poiché
ogni volume offre, attraverso 3^ riproduzioni scelte fra
l'opera totale dell'artista presentato, non solo largo materiale
di studio ma costituisce per la finezza e la originalità del prò-
cesso fototipico che o.bbiamo prescelto, un modello insuperabile
nel^ suo genere, nonché documento prezioso per i bibliofili.
' Ogni monografia è stampata su carta amano espressamente
fabbricata dalle Cartiere Miliani di Fabbriano e rilegata in
brochure con solida copertina illustrata a due colori.
OGNI VOLUME E* MJESSO IN VENDITA
AL PREZZO DI L. 7,50
1/ ABBONAMENTO ALLA SERIE COMPLETA
DI 10 VOLUMI L. 60 PAGAMENTO ANTICIPATO
INVIARE CARTOLINA VAGLIA ALL' AMMISTRAZIONE
DI " VALORI PLASTICI,,
Si spedisce tavola di Saggio, Catalogo e Prospetti
a chiunque ne farà richiesta alla nostra amministrazione
TISTI MODERNI,,
PRIMA SERTE:
GEORGES BRAQUE
ossip ZADKIKE
ANDRÉ DERAIX
MARO CHAOALL
HENRI ROUSSEAU
CARLO C ARRA'
ARBEKGO SOFFICI
ALEX. ARCHIPENKO'
MEDARDO ROSSO
GEORGES SEURAT
testo di Maurice Raynal
Carlo Corrà
Theodor Ddubler
Rock Grey
Mario B^'oglio
Carlo Carrà
Maurice Raynal
Ardengo Soffici
Mario Broglio
PREZZI
ZZI: ì
\ 1
volume L, 7^50
La serie completa X. 60,00
INVIARE CARTOLINA VAGLIA, DIRETTA ALL'AMMI-
NISTRAZIONE DI " VALORI PLASTICI,,
ROMA - 10, VIA CIBO MENOTTI - ROMA
Si spedisce tavola dì Saggio, Catalogo e Prospetti
a chiunque ne farà richiesta alla nostra Ammini'
strazione.
COLLEZLONE ''IL
La nuova collezione ''Il quadro moderio „ di cui
editiamo la prima serie di 10 tavole, costituisce non
solo una novità inattesa per l'Italia ma una conquista
insuperabile nel campo delle arti fotomeccaniche. Lo
studioso e il cultore d'arte, che tanto sacrificano
alla conoscenza integrale dell'opera affilandosi al
parziale ausilio delle riproduzioni monocrome, po-
tranno trovare nella nostra collezione un documento
capace di sostituire con fedeltà impeccabile una se-
rie di originali preziosi dei quali, superando vitto-
riosamente le più aspre difficoltà del cr >nì itism>, ch'è
parte essenziale della pittura moderna, viene ripro-
dotto il valore coloristico.
L intera collezione s irà consacrata alla riprodu-
zione delle opere dei maggiori artisti moier ni di tutti
i paesi. Pertanto dedichiamo la prima serie ai pri-
mitivi della modernità cominciando dai paesisti fran-
cesi del 1830. Nelle serie seguenti presenteremo gli ar-
tisti successivi offrendo un quadro completo dello
sviluppo dell'arte moderna.
L artista, il collezionista, l'amatore e lo studioso
d'arte troveranno nella nostra collezione lo strumento
più potenteper formarsi unaconoscenza fedele delle opere
originali, nonché il mezzo più economico per procurarsi
una piccola collezione di quadri moderni in facsimile.
Il formato di ogni tavola è di cm. 55x10.
ÌUADRO MODERNO,,
Prima Serie:
Paesaggio
Temporale
Paesaggio
Ballerina
TI pomeriggio dei fanciulli
: Lo Zuavo Millet
L'ufficio daziario
Il porto di La Rochelle
Velieri
Paesaggio
rjREZZI:
LA PRIMA SERIE DI IO TAVOLE FORMATO 70X55,
RACCOLTA IN SOLIDA CARTELLA, È MESSA IN
VENDITA AL PREZZO DI LIRE 500, OGNI TAVO-
LA SEPARATA AL PREZZO DI LIRE 60.
COBOT:
TROYON:
DAUBIGNY:
DFMAS:
RENOIR:
YAN-GOGH
ROUSSEAU:
SIGNAC:
CPOSS:
BERAIN:
Il pregio artistico della Collezione « IL QUADRO
MODERNO » non consente la vendita presso le libre-
rie. Il pubblico è quindi pregato di rivolgersi diret-
tamente aH'Ammiidstrazione di " VALORI PLASTICI „
ROMA - VIA CIRO MENOTTL 10 - ROMA
ÉDITION POUR UÉTR ANGER DE
VALORI PLASTICI
Le Huccès obtenu par notte revue, dèi l'apparition de son
premiere numero, dans tous les centres artistiques et littéraires
de l'Étranger, et le désir de donner à nos idées une plus large
diffusion, nous ont amenés à faire paraitre, \en méme temps
que l'édition italienne, perfectionnée et agrandie, une édition
spécialement dentinée à l'Étranger et rédigée en langue fran^aise.
Cette édition ne sera mise en venie en Italie chez attcun li-
braire, les personnes qui désirent s' y abonner ou acheter des
numéros séparés soni priées d'adresser un mandai à l'admi-
nistraiion de la revue: 10, Via Ciro Menotti à. Rome.
ABBONNEMENT ANNUEL LIRE 40
UN NUMERO SEPARÉ LIRE
EDIZIONI QUASI ESAURITE:
GIOVANNI FATTORI, grande album di 24 riprodu-
duzioni in fototipia di opere inedite, stampato su
carta a mano finissima e riccamente legato, prefa-
zione di Ardengo Soffici. - Prezzo L. 20.
lA PRIMA ANNATA DI "VALORI PLASTICI,, è quasi
esaurita. Restano ancora 15 collezioni complete che,
riccamente legate, sono messe in vendita al prezzo
di L. 100 ognuna.
LA SECONDA ANNATA DI ''VALORI PLASTICI,, ric-
camente rilegata è messa in oendita; al prezzo
di L. óO ognuna.
GIORGIO DE CHIRICO: 19 tavole in fototipia con giudizi
critici di Soffici - Apollinaire - Salmon - Marx - Papini -
Bianche. L. (i.OO.
GILBERT CLAVEL: Espretsionl d'Egitto prefazione e tra-
duzione di Italo Tavolato L. lO,00
ROMANO DAZZI: Disegni 12 tavole in fototipia con prefa-
zione di Ugo OJeUi L. 10.00
SMITHSONIAN INSTITUTION LIBRARIES
Hill Hill Hill II III imi III iiiiiiiii||i|iiiii|iiii
3 ^Dflfl DDETM31D fl
nmaa N6921 F7S6X
La fiorentina primaverile;
STAMPATO A CURA DELLA CASA EDITRICE
d'arte "valori PLASTICI,, - ROMA